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"Inside out", emozioni e pensieri: alla scoperta di noi stessi

Rossa la rabbia, verde il disgusto, blu la tristezza, viola la paura. Colorata e luminosa la felicità. Sono questi i protagonisti di "Inside out" il nuovo film della Pixar che regala a piccoli e grandi un viaggio avventuroso alla scoperta delle nostre emozioni e pensieri

Rossa la rabbia, verde il disgusto, blu la tristezza, viola la paura. Colorata e luminosa la felicità. Sono questi i protagonisti di “Inside out” il nuovo film della Pixar che regala a piccoli e grandi un viaggio avventuroso alla scoperta delle nostre emozioni e pensieri. Il tutto avviene nella mente di una ragazzina di 11 anni che deve conciliare le sue difficoltà legate alla crescita con il mondo adulto. Il cambiamento, sebbene spesso doloroso, è inevitabile, specie in adolescenza ma non solo, anche quando nasconde l’opportunità di evolverci. Ci ricorda che le emozioni, come rabbia, disgusto, tristezza, paura non necessariamente sono negative, da evitare o sopprimere.

Chi l’ha detto che se ci lascia il fidanzato, ci tradisce un’amica, se prendiamo un brutto voto, se siamo costretti a fare qualcosa controvoglia non dobbiamo arrabbiarci o intristirci? E come mai non possiamo sentire la paura che ci divora prima di un compito o nell’attesa di una notizia importante? Forse un po’ la tradizione, un po’ la cultura, fin da piccoli ci dicono, ci educano ad avere rispetto per noi, a trattenere per non risultare capricciosi, ad essere “forti” e non “deboli” col cui termine si intende appunto piangere, irritarsi, mostrare timore e terrore per qualcosa.

“Forti” “deboli”  sono risposte opposte, apparentemente, che nascondono però significati personali, soggettivi e rivestono un senso diverso relativamente alle situazioni.  Pur di fingere con gli altri, alla fine tradiamo noi stessi e sopprimiamo quello che abbiamo dentro, trasformandolo il più delle volte in freddezza, indifferenza.  Sono forte se riconosco e accetto che quando ricevo una cattiva notizia posso piangere o arrabbiarmi e sentirmi per questo nella norma, come tante altre persone che si troverebbero in una situazione analoga.

Mostrare o esprimere rabbia, tristezza, provare paura non sono sentimenti negativi. Nascono con noi, e sono dentro di noi, come la gioia, lo stupore, il sentirsi amati. Studi dimostrano anzi che sono fonte di risorsa fin da piccoli, sono un punto di forza che ci indicano il nostro essere complessi. Sembra che, bambini piccoli di due anni, se messi in una situazione sperimentale (Strange situation) in cui prima sono con lo sperimentatore e la mamma e poi quest’ultima si allontana, piangono e si disperano facendosi consolare e tornando a sorridere quando la figura di attaccamento (mamma) riappare.

Questo indica, secondo la teoria dell’attaccamento, che il bambino, avendo una reazione tipica per la sua età, sa che la figura di riferimento è una roccia sicura, a cui approdare per cercare aiuto, conforto, calore. Così come se un neonato piange ci fa capire che è triste ed ha bisogno di coccole, affetto, protezione, cibo. Ogni comportamento verbale rispecchia uno stato emotivo interno ed un pensiero che non sempre esplicitiamo apertamente poiché difficile da affrontare; ma è lì pronto per essere accolto come parte di noi stessi.

Anche quelle di cui abbiamo una percezione negativa e non comprendiamo, sono emozioni e pensieri evolutivamente funzionali che ci indicano un pericolo e una difesa, un metterci in gioco, un sentire che siamo vivi e che possiamo e sappiamo reagire. Scavando troveremo le strategie e gli strumenti più adatti per fronteggiare quella situazione. Questi stati emotivi che meno ci piacciono possono essere addirittura la chiave di volta del processo di consapevolezza, soprattutto in adolescenza, ma anche in qualsiasi momento importante di cambiamento della nostra vita poiché ci rendono capaci di sintonizzarci con la nostra parte più nascosta e dimenticata. Può renderci in grado di accendere l’empatia tra noi e chi è nella nostra stessa difficoltà o di lanciare una richiesta d’aiuto.

La competenza emotiva di un adolescente o adulto, ossia la capacità di riconoscere e gestire le proprie emozioni e di riconoscere e rispondere in maniera appropriata a quelle altrui, varia a seconda dell’età e del contesto sociale in cui vive: ad esempio, è stato dimostrato che parlare delle emozioni proprie e altrui (Dunn, Brown, 1994) permette ai più piccoli di affrontare e comprendere meglio il mondo interiore, di condividere le esperienze emotive con gli altri e di relazionarsi in maniera funzionale con il mondo esterno.

Il paesaggio interiore è estremamente sensibile alle sfide e ai mutamenti esterni; tuttavia, sembra che le reazioni emotive non siano direttamente influenzate dagli eventi che ci accadono, ma derivino dal significato che noi attribuiamo agli stessi eventi (Di Giuseppe et al., 2014). C’è sempre un tratto di strada difficile o buia da percorrere per arrivare in cima e vedere il panorama che è più bello di quello a valle percorso più facilmente. Pertanto, sembra che, per quante salite e discese vorticose interiori ci aspettano, il viaggio alla scoperta di noi è davvero avventuroso, speciale e sorprendente tanto da ritrovare risorse e pregi che non conoscevamo. (rita.verardi@libero.it)

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