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Venerdì, 26 Aprile 2024
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A cura di Blog Collettivo

Da Dior alle tute acetate, il passo dista solo 30 chilometri

Tutti abbiamo potuto apprezzare le immagini della magnifica sfilata organizzata da Dior in piazza Duomo a Lecce: evento spettacolare che ha esaltato il Salento e le sue maestranze in tutto il mondo

Tutti abbiamo potuto apprezzare le immagini della magnifica sfilata organizzata da Dior in piazza Duomo a Lecce: evento spettacolare che ha esaltato il Salento e le sue maestranze in tutto il mondo. Musica, sartoria, luci ed arte sono state al centro di un grosso evento post-Covid; tale circostanza suscita qualche spunto di riflessione in noi cittadini, confinati tra una zona industriale in rovina a sud e una litoranea eterna incompiuta a nord.

Sia chiaro, bisogna solo applaudire i nostri cugini leccesi per il modo in cui elogiano e promuovono il brand Salento, nato dal nulla qualche decennio addietro; non possiamo non applaudire la certosina valorizzazione della loro città e ammirare un’intera provincia che spinge per il proprio capoluogo. Ciò, purtroppo, evoca un senso di fastidio e, riprendendo lo stile colorito ma diretto di una grande e compianta penna brindisina che porta il nome di Vittorio Stamerra, una certa “usca al culo” in tutti noi. Non dev’essere invidia la nostra ma una sana osservazione su come una cittadinanza possa decretare il suo successo o, al contrario, sancire il proprio abbonamento alla mediocrità ed alle occasioni perse.

Sì, perché se il culto del bello, il riconoscimento artistico e dei mestieri artigianali hanno segnato la politica a circa 30 km a sud del capoluogo messapico, qui stiamo ancora soffrendo gli effetti di una scellerata industrializzazione post-guerra, con annesso tessuto sociale che vive una città pur disprezzandola …e coerentemente a questo disprezzo si comporta. L’incuria verso il bene comune, il rimpianto di cartoline sbiadite di un’epoca passata (senza chiudere un occhio agli annessi danni edilizi), la cecità politica ormai storica sono gli ingredienti che assaporiamo in questo piatto amaro. Non sta a me, semplice osservatore, lanciare idee messianiche sul rilancio di una città sui social definita “morta”. Certo, però, non sono morte le piazze in cui degustare la nostra ottima cucina, luoghi sempre pulsanti e pieni di clienti, o i marciapiedi su cui poter bere un amaro sino a notte fonda… ma basta solo questo?

Evidentemente no, perché i piaceri ed i bisogni elementari lasciano il tempo che trovano, soprattutto davanti ad un sistema mondiale che fa della qualità e dell’eterogeneità dei bisogni il proprio punto forte e futuro. Non possiamo quindi accontentarci di qualche piazzetta fragorosa perché persino i paesi più piccoli hanno capito che non è più questa la via per lo sviluppo.

La rinascita di questa città può passare solo attraverso scelte coraggiose, in netto contrasto con un passato decadente, e sta all’attuale classe politica, scelta con lo slogan del “cambiamento”, la forza di voltare nettamente pagina, senza più timidezze, democristiane diplomazie o rimpasti che la cittadinanza non comprende. In tempi di dissesto finanziario è difficile, quasi impossibile, agire come se ci fossero vacche grasse ma dove non può il denaro può la voglia di rinascita e di una cultura nuova. 

Promuoviamo la speranza di una città libera da un’industria clientelare ed obsoleta, riappropriamoci degli spazi, recuperiamo le antiche arti ed il desiderio di una città ribelle ad asfittiche prospettive. Diamo ai cervelli nostrani la scelta di non fuggire ma di rimanere e contribuire alla crescita del territorio, lavoriamo assieme per una comunità capace di mettere all’angolo chi la inquina e la deturpa, una collettività che riesca anche a superare le stucchevoli diatribe tra le strade chiuse o aperte al traffico: il mondo non ci apprezzerà per la macchina parcheggiata davanti un monumento o in una via turistica. Ce la faremo? Difficile dirlo ma nel frattempo buon bagno … immaginando Dior.

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Da Dior alle tute acetate, il passo dista solo 30 chilometri

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