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A cura di Blog Collettivo

Il congresso del Pd: è tempo di provare ad unire

Le riflessioni di Carmine Dipietrangelo, “vecchio militante di sinistra”

È tempo di unire e di riunire, credo che sia questo il mag-giore impegno di chi ha a cuore l’esistenza di una forza progressista dopo il prevedibile e disastroso risultato elet-torale. E non è una questione organizzativa o di nomi ma di strategia, di identità e di gruppi dirigenti riconosciuti e autorevoli. Come tanti che hanno una storia politica di mi-litanza a sinistra sento da tempo la mancanza di un parti-to, nuovo e moderno, dove potersi confrontare e lavorare “assieme”.  Un partito che non comunichi solo attraverso i social o le chat di whatsapp o che consideri la politica e la partecipazione solo gestione, governo su cui appiattirsi e a cui immolare dignità, valori, coerenza e serietà. Un par-tito dove poter costruire progetti condivisi per migliorare le condizioni di vita di chi soffre di più e paga le conseguen-ze di una ingiustizia diffusa. 

La cultura governista a tutti i costi, il pensiero economico liberista e la personalizzazione della politica come era di-ventata la gestione Renzi del Pd mi allontanò dal partito che avevo contribuito a livello regionale a far nascere. Cultura che pervade ancora in molti dei dirigenti nazionali e locali di questo partito. Molti di loro sono cresciuti nei e con i governi ai vari livelli e attorno a cui hanno sviluppato solo familismi e camarille e come tali lontani dalla realtà, dalla vita dei cittadini e dagli interessi generali.

La pandemia, la guerra, i risultati elettorali e la vittoria del-la destra impongono oggi a tutti un salto in avanti; molti di questi dirigenti dovrebbero liberare il campo per fare spa-zio ad una nuova generazione di donne e uomini che so-no chiamati ad agire con umiltà per poter imparare ad ascoltare e ad unire. Spetterà a loro ricreare quel senso di comunità perduto da tempo e diventare portatori di spe-ranza di un mondo migliore. Ci vogliono scelte straordinarie, coraggiose e nuove. C’è una destra da combattere e sconfiggere culturalmente e socialmente. C’è’ da organizzare l’opposizione e non solo nelle aule parlamentari o sui social. C’è un paese da unire e un rapporto con il popolo e con il mondo del lavoro da ricostruire, un rapporto indispensabile anche per recupe-rare al voto una parte di quel 50% che non vota più. 

A tutti coloro che hanno teorizzato che sinistra e destra erano concetti e collocazioni superati è stata data una le-zione di realtà.  La destra esiste e in Italia si è manifestata e si manifesta in una forma aggressiva e regressiva. Men-tre  a sinistra e da tempo si è persa la dimensione della realtà; ci si è allontanati da un popolo che chiedeva prote-zione e riferimenti certi. C’è stato e c’è ancora a sinistra un  governismo senz’anima, così come esiste anche il pa-rassitismo della testimonianza che misura la propria iden-tità sui centimetri di distanza dalla forza più grande, mo-dellando la propria funzione quasi sempre in chiave elet-toralistica. Non mi convince per questo un partito che si vorrebbe rilanciare facendo affidamento sugli amministra-tori locali e regionali che in molti casi sono il problema e non la soluzione. Questi anni ci hanno cambiato, ci hanno portato a fare i conti con tornanti della storia che nessuno aveva calcola-to.  Spetta certamente al Pd, ma non solo ad esso, dare un segnale forte in questa direzione. Da Roma e dai terri-tori dovrebbero partire iniziative tese a unire per ascoltare e confrontarsi. Insomma serve costruire un soggetto poli-tico collettivo. 

È questa la fase congressuale costituente?  In Puglia e nei territori di questa discussione non c’è traccia. Il Pd sembra un partito ancora non consapevole di aver perso le elezioni. Non possono essere gli stessi responsabili di queste sconfitte i protagonisti di un nuovo Pd. I partiti na-scono, si creano, perché rappresentano valori e bisogni. Non nascono o non hanno lunga vita se a prevalere sono ragioni di convenienze elettorali e di sopravvivenza di un ceto politico che si organizza attorno ad un capo o al po-tere da gestire. Valori e bisogni, domande di cambiamen-to, richiedono un nuovo pensiero e lungo, come si diceva una volta. Tutte le forze che si richiamano alla sinistra e al centro sinistra si sono rivelate inadeguate oltre che divise e intrise di politicismo.

Sono ormai sigle e rischiano di essere tali anche quando stanno assieme nel governo, sono solo espressione di un ceto politico chiuso in se stesso e percepito come distante e impegnato ad autoconservarsi in manovre politiche ed elettorali Quello che c’è non basta e quello di cui c’è biso-gno non c’è ancora.  Nuove e vecchie sigle sono una sommatoria di fragilità e gli appelli lasciano il tempo che trovano. La situazione richiede un salto e un impegno a lavorare da più parti alla costruzione di un partito nuovo. Un partito da rifare assieme definendo un programma fondamentale per il paese e un progetto di una nuova forma partito.
Un partito è un'associazione di persone al servizio di una causa e di una comunità.  La comunicazione è importan-te, la Tv e il web sono indispensabili, ma il valore degli in-dividui e il loro stare assieme, sentirsi comunità è insosti-tuibile, l'apertura alla società è vitale, così come è deter-minante la formazione di nuovi dirigenti educati all’impegno, al lavoro politico e allo studio.

E di un partito capace di mettere assieme sensibilità e cul-ture progressiste che si richiamino al socialismo, al solida-rismo cattolico e a quei valori sempre moderni e attuali (le grandi questioni dell’uguaglianza, del lavoro, della libertà, della difesa e del futuro del pianeta terra e dell’umanità che lo abita), c’è bisogno. Questo richiede la fatica del pensare, dell’organizzare e dell’agire con coraggio e coe-renza e che assieme a visione, passione e competenza fanno di un partito, un partito utile e attrattivo. 

Essere di sinistra per me è sempre stato impegno per svi-luppare le forze produttive, unite e da unire sempre, in un patto per il lavoro per far stare meglio chi sta peggio. In-somma essere oggi di sinistra per me significa costruire ancora anche con la lotta le condizioni che favoriscano lo sviluppo umano, civile e sociale. E questo vale sia se si sta al governo e sia se si è opposizione. La sinistra e il paese hanno bisogno di soggetti politici grandi, capaci di attraversare la crisi economica e morale del paese con un punto di vista non appiattito sul presen-te. Oggi il Pd non è questo soggetto? Non è questione di nomi o come dice Bersani di parrocchiette che si riunisco-no. Ma di una linea politica che deve ancora dispiegarsi. Eppure questo è il terreno su cui bisogna provare ad apri-re un confronto politico. E poi “ nomina consequenzia re-rum” Di un partito dalle idee e dalla forma nuove, serio, orga-nizzato e popolare, privo di rancori e diretto da dirigenti consapevoli, riconosciuti, giovani e motivati c’è bisogno. Se il congresso del Pd che si sta per aprire fosse vera-mente costituente e aperto varrebbe la pena parteciparvi, ma non si vedono segnali coerenti. Spero che non sia un’altra occasione persa.

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