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Venerdì, 19 Aprile 2024
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A cura di Blog Collettivo

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La Consulta mette in riga i "professori": giornata dura per la politica

Il 3 luglio è stata una giornata campale: per la politica. La Corte Costituzionale, con un equilibrismo degno dei più grandi artisti circensi, con due sentenza che faranno scuola ed epoca ha bacchettato, ancora una volta, una politica di bassa qualità, meramente opportunista, e di scarsa visione complessiva.

Il 3 luglio è stata una giornata campale: per la politica. La Corte Costituzionale, con un equilibrismo degno dei più grandi artisti circensi, con due sentenza che faranno scuola ed epoca ha bacchettato, ancora una volta, una politica di bassa qualità, meramente opportunista, e di scarsa visione complessiva.

Con una ha dichiarato la incostituzionalità dell’art. 19 lett. b) dello “Statuto dei Lavoratori”. Con un’altra ha dichiarato la incostituzionalità della Riforma e riordino delle Province. Con la prima la Corte ha spiegato alla politica che a sinistra vi è ancora spazio per argomenti di sinistra.

La dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 19 lett. b) del cosiddetto “Statuto dei Lavoratori” nella parte in cui “non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale sia costituita anche nell’ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie di contratti collettivi applicati all’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell’azienda” segna un importante punto favore delle libertà sindacale.

Tradotto significa che il sindacato, nell’esercizio della sua funzione di rappresentanza dei lavoratori, nonostante non abbia sottoscritto il contratto collettivo, ha diritto alla rappresentanza aziendale e dunque all’esercizio di un diritto costituzionale insopprimibile.

Su questo argomento si è consumata una feroce disputa di diritto con, sullo sfondo, neanche molto velatamente, un confronto tra i sostenitori di una concezione del sindacato inteso come un fastidio ed un ostacolo per l’imprenditore e per il conseguimento dei suoi obiettivi economici, e quelli che, anche a costo di restare soli o anche isolati, hanno il coraggio di sostenere sino in fondo le proprie ragioni.

Sotto la guida della Costituzione la Consulta ha sancito un principio di diritto che riaprirà il dialogo all’interno del mondo produttivo e delle relazioni industriali e che, sicuramente, contribuirà alla ricostituzione di nuovi rapporti, si spera, più distesi e più rispondenti alla esigenze dei soggetti interessati.

Non meno interessante è la sentenza con la quale si è dichiarata la incostituzionalità della Riforma e del riordino delle Province. Solo che in questo caso la Consulta ha severamente sanzionato la politica ribadendo un principio di diritto, noto finanche agli studenti di primo anno di Giurisprudenza, secondo il quale “il decreto – legge atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza, è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio”.

Risulta così confermata la nozione di esperienza secondo cui le scorciatoie , spesso, allungano il percorso. Ora il Governo auspica “che il Parlamento approvi il più rapidamente possibile il ddl costituzionale”, che era la giusta via da percorrere per mettere mano ad una riforma di sistema così importante come la soppressione delle Province invece di quella percorsa del decreto - legge.

Con il bel risultato conseguito che l’auspicato taglio ai costi della politica che si voleva conseguire con la soppressione delle Province, al momento viene rimandato. E sempre che la soppressione delle Province, da sola, costituisca per davvero un significativo taglio dei costi della politica. La bocciatura, peraltro, acquista particolare significato, poiché, questa volta ad essere stata bocciata è stata la “politica dei professori”. Quelli che furono chiamati dalla politica ortodossa, dilaniata e persa tra le polemiche interne, che aveva chiesto aiuto ai “sapienti”.

Infine ma non per ultimo, come si dice, la questione così risolta dalla Consulta costituisce particolare motivo di orgoglio di chi, sentendosi impegnati in una operazione culturale, sebbene di “provincia” e con gli scarsi mezzi a disposizione, aveva organizzato un dibattito culturale proprio sul tema della soppressione delle Province.

Era stata infatti “Left” che aveva promosso tale dibattito anticipando lo stesso giudizio che oggi la Consulta ha dato sul tema. E qui credo, sul punto, sollecitando e solleticando il presidente di “Left” ci vuole una sua parola. Mentre scrivo, mi raggiunge in diretta la comunicazione che il Tar Lazio ha sospeso la soppressione della sezione distaccata del Tribunale di Mesagne: e questa è tutta un’altra storia.

 

 

 

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