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A cura di Blog Collettivo

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La politica italiana indisponibile ad eleggere il suo "Papa Francesco"

Sfregiata dagli scandali, la Chiesa occupa il trono vuoto con chi sa spogliarsi degli anelli d’oro, con chi parla al suo popolo con parole di servo: "Pregate voi per me". È singolare come queste parole, ben misurino, nel confronto, l’attaccamento della politica italiana ed europea alle abitudini, ai vicoli già percorsi.

Sfregiata dagli scandali, la Chiesa occupa il trono vuoto con chi sa spogliarsi degli anelli d’oro,  con chi parla al suo popolo con  parole di servo: "Pregate voi per me". È singolare come queste  parole, ben misurino, nel confronto, l’attaccamento della politica italiana ed europea alle abitudini, ai vicoli già percorsi. Incastrati nei vicoli si resta immobili, celati, silenti, allontanando da sé lo spettro delle grandi sfide, tutto pur d'evitare il cambiamento.

Anche il movimento Cinque Stelle, che ha vinto chiedendo una trasformazione, è preda della paralisi, in attesa del Messia. Non lo sfiora neppure il sospetto che il Regno è qui,  adesso e che la via non la troverà nell’attesa, ma soltanto proponendo il  nome di un “Papa Francesco”. Noi non abbiamo bisogno della prorogatio dei tecnici ma del coraggio con cui Benedetto XVI ha rinunciato, per far spazio al nuovo, per il bene della Chiesa.

E  sappiamo che quella,  non era la fine, ma uno splendido  inizio. Si accusano i mercati di far da padrone, ma sono i politici a non essere padroni di sé, a non vedere che loro sono la quaestio, la causa. E l'Unione, assente una comunità di cittadini padrona di sé, sta nel mondo soltanto con la propria moneta oscillando tra dipendenza dagli Usa e  fedeltà a guerre che gli Europei non decidono.

I gesti e le parole con i quali papa Francesco ci ha condotti in questa settimana santa, rimandano alle scelte di oggi:  «uscire», «uscire da se stessi, da un modo di vivere abitudinario, dai propri schemi che finiscono per chiudere l’orizzonte che è di Dio …. contravvenendo a questo invecchiamento dominatore…. l’anti-abitudine e per questo è l’anti-morte. È la sorgente e il germe. È lo sgorgare e la grazia».

Dalla  paralisi si esce riconoscendo che occorre pronunciare quel dimittis che prepara il nuovo. L’impasse consegnatoci dalle recenti elezioni ha portato il Presidente della Repubblica a fare affidamento sul governo dimissionario, ricorrendo a due gruppi di saggi  (solo gli uomini lo sono?). E qui tutti d’accordo: non è piaciuta la scelta, non è piaciuta la ri-legittimazione del governo Monti.

Ma cosa doveva il Presidente a fine mandato, con un Parlamento nuovo, ma inutile, dove le condizioni che avevano imposto il governo tecnico non sono cambiate? L’esperienza del governo Monti, ci insegna che l’Italia ha bisogno di una guida che si assuma le proprie responsabilità potendo i saggi, ampliare soltanto l’azione del governo Monti oltre la sua ordinaria amministrazione, stando dietro alle scadenze del semestre europeo: il Programma di Stabilità, il Programma Nazionale di Riforma.

La non decisione riflette un Paese di grandi minoranze indisponibili ad accettare leggi che consentano  di eleggere un  “papa Francesco” , indisponibili  ad uscire   da se tessi, da un modo di vivere abitudinario, dai propri schemi che finiscono per chiudere l’orizzonte. Forse  qualcuno potrebbe comprendere che  adesso siamo soltanto uno "stato" di cose. E forse i saggi,  potrebbero spiegarlo al Parlamento (noi  poveretti lo sappiamo già) lasciando partiti e movimenti  di fronte a quelle responsabilità che tanto hanno desiderato.

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