La Caporetto di Renzi e il ritorno del popolo di sinistra
Ancora stordito dallo schiaffone ricevuto, pare che Renzi abbia esclamato: "Non pensavo che gli italiani mi odiassero tanto". Si sbaglia, non è odio (e perché mai?), si tratta solo di insofferenza alla sovresposizione mediatica
Ancora stordito dallo schiaffone ricevuto, pare che Renzi abbia esclamato: “Non pensavo che gli italiani mi odiassero tanto”. Si sbaglia, non è odio (e perché mai?), si tratta solo di insofferenza alla sovresposizione mediatica. Un mostro della comunicazione, quale si è dimostrato Matteo Renzi da quando è sceso in politica, avrebbe dovuto saperlo. E con lui i guru super pagati di cui si è circondato.
Di Renzi non se ne poteva più. Dalla mattina alla notte su giornali, radio, tv era presente in tutte le salse. C’erano attenzione e provvedimenti per tutti, persino il rinnovo del contratto degli statali è stato firmato. Certo c’è il rischio che poi resti solo nel registro delle annunciate, che Renzi in questi mille giorni a Palazzo Chigi ha gonfiato a dismisura, ma intanto il contratto c’è.
E con il contratto degli statali tanti altri provvedimenti di taglio elettoralistico e popolare (tanto i populisti sono gli altri…). Il desiderio della gente di avere un referendum-plebiscito all’anno che risolvesse tutte le esigenze, non era solo una felice vignetta di Giannelli! Ma non è servito neanche quello, la gente non ha l’anello al naso e sa distinguere i fatti dalle patacche.
Tante cose interessanti sono venute fuori dai risultati del referendum. La prima, e più importante, è che gli italiani hanno dimostrato con la massiccia partecipazione al voto una maturità che non si riscontrava da anni, e soprattutto penso agli anni bui del terrorismo, quando in gioco c’erano i valori fondamentali della democrazia. E la difesa della Costituzione ne è il simbolo principale.
Per carità la proposta di modifica del governo Renzi non metteva in discussione la parte dei valori, però ne disponeva, nei 47 articoli di cui se ne chiedeva la modifica, una nuova e diversa pratica. Gli italiani hanno detto a stragrande maggioranza che mai e poi mai queste garanzie possono arrivare da un governo, qualunque esso sia. Soprattutto poi se aggiunta all’effetto del ”combinato composto” del cosiddetto Italicum: una potenziale bomba eversiva a disposizione di un qualunque avventurismo.
Nessuno si attribuisca il merito esclusivo di questa vittoria. E’ la vittoria dell’Italia civile, quella che dopo settant’anni di democrazia e di repubblica vede ormai radicati e stabilizzati i suoi valori. Non a caso abbiamo giudicato inopportune ed offensive tutte le pressioni e le ingerenze esterne al nostro Paese per orientare il voto nella direzione voluta dal governo.
Così come sbagliati ed inopportuni sono stati i sostegni al governo arrivati dai “poteri forti” dell’economia e della finanza. Confindustria, Confcommercio, Coldiretti, Cna e chi più ne ha più ne metta, in cambio di chissà quale concessione corporativa hanno appoggiato spudoratamente il Sì. Possibile che i loro importanti centri studi non si siano resi conto che il Paese stava dall’altra parte, e dentro quel Paese c’erano anche loro?
Beppe Grillo e il suo movimento-partito hanno condotto una battaglia importante per la vittoria del No. Ma da qui a trovarsi già a Palazzo Chigi ce ne vuole. I sondaggi, questa volta ci hanno azzeccato (ma non era difficile), ma tante altre volte fanno cilecca.
Prima di ritenermi il destinatario di questa valanga di consensi, mi chiederei quanta parte di quella sinistra sopita e andata via dal Pd renziano oggi non sia tornata al voto, incoraggiata anche dal coraggio che ha avuto Massimo D’Alema di metterci la faccia, anche a rischio di sembrare l’ultimo dei moicani. D’Alema è stato offeso, maltrattato e vilipeso dal suo stesso partito, ma ha resistito e girato l’Italia in lungo e in largo, dimostrando che una parte notevole del suo popolo ancora sta con lui.
Un ritorno in campo di D’Alema non credo che sia oggi praticabile e forse neanche l’interessato ci pensa, ma è fuori discussione che l’attuale Pd debba finalmente capire che lo sfondamento a destra è miseramente fallito. Che anche il Partito della Nazione sperimentato in questo referendum è miseramente fallito. Ed è ancora più grave se consideriamo l’impaludamento in cui il centrodestra da qualche anno si trova.
La sinistra è in crisi quando fa un mestiere degli altri, della destra, quando si allontana dalla sua storia, dai suoi valori, dalla sua gente. Può Grillo pensare ancora di vincere le elezioni e andare al governo con una sinistra che finalmente si ricompatta, che alle elezioni vince anche nei centri storici e nei quartieri residenziali, ma soprattutto nelle periferie, tra gli emarginati?
Per carità, la sinistra ha tante minchiate da farsi perdonare, non ultima la scellerata scelta di Veltroni nel 2008 di distruggere tutto quello che si trovava alla sua sinistra, compresi i socialisti, per imbarcare Di Pietro e i suoi dilettanti allo sbaraglio, ma oggi di fronte al disastro di Renzi non può che cambiare rotta.
E’ l’unica strada che il Pd può percorrere, a meno che non voglia ancora accentuare ulteriormente il suo distacco dalla sinistra e le scelte conseguenti, ivi compresa quella di non definirsi più (anche se ormai solo a parole) un partito della sinistra. Questo sarà il tema principale del prossimo congresso del Pd.
Ecco perché la prima analisi da fare è stabilire la ragione del calo vistoso delle astensioni. Questa volta nei seggi si è vista tanta gente che non votava da anni, e che se avesse voluto votare M5S lo avrebbe già fatto prima, alle politiche, alle regionali o alle amministrative. Escludere che si tratti di vecchi elettori della sinistra che con il No hanno voluto esprimere tutto il loro dissenso verso il Pd di Renzi è un grave errore.
Sottovalutarlo potrebbe significare spianare immediatamente la strada ad un successo di Grillo che, non a caso, oggi chiede di votare anticipatamente e con l’Italicum, sia pure con quello che verrà riconsegnato al Parlamento dalla Corte Costituzionale. Eppure l’amara sorte toccata a Renzi dovrebbe far riflettere sulle sorprese che gli italiani riservano a chi sceglie i percorsi plebiscitari.
PS - Grazie a Dio è finita la parata di ministri, viceministri, sottosegretari che come le famose vecchie “Madonne Pellegrine” di geddiana memoria per settimane hanno infestato le nostre città, i nostri comuni, con il loro codazzo di parlamentari locali, e che elencavano gli esaltanti risultati del governo e riempivano le sale (semivuote e con sempre le stesse facce) di promesse. Riti vecchi e stantii, che per fortuna non convincono più nessuno.