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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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A cura di Blog Collettivo

La Shoah e la sindrome del sopravvissuto: un incubo senza fine

Per milioni di persone i campi di concentramento significò la fine. Un marchio indelebile, attraverso il quale misurare tutto il resto della vita; l’omicidio di massa di 6 milioni di persone è nella memoria di tutti noi attraverso film, libri, poesie e fotografie

Per milioni di persone i campi di concentramento significò la fine. Un marchio indelebile, attraverso il quale misurare tutto il resto della vita; l’omicidio di massa di 6 milioni di persone è nella memoria di tutti noi attraverso film, libri, poesie e fotografie. Una scena tanto immorale quanto tragica. Le indescrivibili esperienze vissute da chi fu lì non possono essere umanamente comprese, né spiegate. L’impotenza assoluta e prolungata, trattamenti crudeli, trovarsi costantemente di fronte alla propria morte e a quella dei compagni, il fumo dei forni crematori, la degradazione umana subita da parte delle SS, la fame e la sete, sono fatti che vanno al di là di qualsiasi teoria traumatica.

L’esser stati spogliati della dignità umana e ridotti a un numero, a prede da inseguire, la separazione totale dal mondo esterno è stato qualcosa di più di uno shock: una vera minaccia per la salute mentale. Quando, nel 1945, vennero distrutti i recinti intorno ai lager nazisti sembrava fosse finito l’incubo: ma iniziava il dolore, il tormento dei sopravvissuti alla Shoah.

Tra le conseguenze a lungo termine si parla di sindrome post traumatico da stress, in cui l’ansia e i flashback imperano giorno e notte, rivivendo con sofferenza frazioni di scene a cui si è assistito tale da invalidare la quotidianità e i legami famigliari. La “sindrome del sopravvissuto” poi è segnato dal senso di colpa e il rimorso per ciò che si è fatto o non fatto, la necessità di mettere in atto potenti meccanismi di rimozione e negazione per non impazzire. Si associano rabbia, disturbi del sonno, ipervigilanza, depressione e incapacità a stabilire legami profondi. Inoltre tra i sopravvissuti si sono riscontrate la tendenza a fantasie irreali sulla vita dopo la liberazione, la regressione a comportamenti infantili nel tentativo di dimenticare e fuggire da pensieri atroci riguardanti l’orrore visto.

Questi comportamenti e stati di terrore, vergogna, depressione, sono stati appresi dai figli dei sopravvissuti alla shoah, che hanno provato a loro volta ansia, deficit dell’attenzione, stress, umore eccessivamente basso, scarsa autostima.

Una catena di sofferenza incommensurabile. Umanamente impossibile da comprendere; ma diceva Primo Levi necessario da conoscere. L’evento della shoah commemorato il 27 gennaio, diventa una memoria non solo dello sterminio, ma anche delle leggi razziali approvate sotto il fascismo, di tutti gli italiani, ebrei e non, che sono stati uccisi, deportati ed imprigionati, e di tutti coloro che si sono opposti alla ‘soluzione finale’ voluta dai nazisti, spesso rischiando la vita. In questa giornata, inoltre, si deve dare risalto al fatto che l’intolleranza, l’odio, l’aggressività verso persone diverse per etnia, religione, sessualità o menomazioni fisiche siano abolite.  Poiché il rispetto e la costruzione di legami affettivi devono poter andare oltre qualsiasi differenza.

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