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Le elezioni e l'idea di Latorre su Vendola: il Pd faccia come il Labour e l'Spd

La proposta di Nicola Latorre di associare Nichi Vendola al Pd è l’unica idea nuova scaturita dal dibattito politico nel maggior partito di opposizione. Dopo la prima intervista Latorre non si è tirato indietro e Nichi ha scelto negli ultimi tempi un approccio al rapporto con il Pd meno conflittuale. Alcuni esponenti del partito di Bersani considerano l’apertura a Vendola una fuga in avanti, altri una dichiarazione di crisi del partito, altri ancora un cedimento alla sinistra radicale che offuscherebbe il profilo riformista. La discussione avviene sotto traccia nel gruppo dirigente ma ha invece un buon gradimento nel corpo del partito. Per giudicare questa idea bisogna fare un ragionamento sullo spirito fondativo del partito e sullo stato attuale del Pd.

La proposta di Nicola Latorre di associare Nichi Vendola al Pd è l’unica idea nuova scaturita dal dibattito politico nel maggior partito di opposizione. Dopo la prima intervista Latorre non si è tirato indietro e Nichi ha scelto negli ultimi tempi un approccio al rapporto con il Pd meno conflittuale. Alcuni esponenti del partito di Bersani considerano l’apertura a Vendola una fuga in avanti, altri una dichiarazione di crisi del partito, altri ancora un cedimento alla sinistra radicale che offuscherebbe il profilo riformista. La discussione avviene sotto traccia nel gruppo dirigente ma ha invece un buon gradimento nel corpo del partito. Per giudicare questa idea  bisogna fare un ragionamento sullo spirito fondativo del partito e sullo  stato attuale del Pd.

Il dibattito che precedette la creazione del Pd impose all’ordine del giorno la nascita di una grande forza in cui potessero trovare cittadinanza sia la cultura di sinistra, compresa la sua ala più radicale, sia quella che si era riconosciuta nell’esperienza dei popolari e nel “cattolicesimo adulto” neo-dirigista dei prodiani. Al progetto partecipò una piccola componente socialista e un’altra di tradizione laica. L’impostazione iniziale immaginava un contenitore che, pur differenziandosi dai classici partiti socialisti europei, da questi assimilava la volontà di dare una casa comune al riformismo. Che c’entra Vendola? Vendola eredita l’esperienza finale del bertinottismo, quella fase che ambisce a creare una sinistra radicale di governo, che esalta la non violenza, che si apre al rapporto con l’Occidente superando in parte il Terzomondismo e in questo modo supera le barriere della vecchia Rifondazione comunista da cui si stacca.

Il governatore aggiunge a questa costruzione qualche cosa in più. Innanzitutto una ormai consolidata capacità di governo e in più un superamento della vecchia idea antagonista della sinistra radicale. Il nuovo Vendola diventa interlocutore dei democratici americani, fa dell’ambientalismo la sua cifra, si apre al dialogo con i moderati, stabilisce un nuovo, incredibile rapporto con il cuore pulsante della sinistra. Questo Vendola non è affine al Pd che abbiamo conosciuto ma non è neppure una creatura politico-culturale estranea alle ambizioni di un nuovo polo aggregativo della sinistra.

Cambiamo il punto di osservazione guardando al Pd.  Il partito conosce un travaglio che lo porta nel giro di due anni e mezzo a cambiare tre segretari e a mutare il proprio posizionamento. C’è l’idea di Veltroni del partito a vocazione maggioritaria, a-classista, sostanzialmente moderato e plebiscitario. C’è il partito di Franceschini,  filo-dipietrista e subalterno alle campagne del quotidiano “La Repubblica”. C’è il partito di Bersani che rimette al centro i temi del lavoro, dei programmi e delle alleanze. Anche Bersani non riesce a far decollare la sua creatura. Il dibattito interno viene bloccato dal prevalere di signorie periferiche, accade anche in Puglia, dallo scontro fra il laburismo bersaniano e il marchionnismo di Veltroni, dall’inquietudine dei seguaci di Fioroni.

Il Pd appare come un partito bloccato. Intanto il quadro politico ci consegna le ultime drammatiche scene del  berlusconismo che chiedono una nuova mobilitazione e il superamento di alcuni stereotipi. Uno di questi vede contrapposta la sinistra politica da quella ispirata da posizioni etico-morali. La necessità di creare un grande fronte impone il dialogo fra queste due componenti. Al tempo stesso si impone la necessità di aprire un cantiere con il nuovo raggruppamento di centro. A questo punto nasce l’ipotesi del nuovo rapporto, attraverso un patto fondativo, fra Vendola e il Pd.

Sia nell’ipotesi di un accordo con i centristi sia nel caso di uno schieramento più piccolo, diventa decisivo che il Pd abbia una massa critica più larga nei numeri e più accogliente nelle culture. C’è lo spazio per avviare un nuovo discorso con i socialisti rimasti a sinistra e con il governatore pugliese per restituire al Pd l’ambizione originaria di diventare la casa comune di tutti i riformisti accettando anche l’idea che al suo interno, come accade all’Spd e al Labour, si confrontino diverse opzioni politico-culturali.

La prospettiva che ci sta davanti è quella di una nuova, decisiva consultazione elettorale.  Bersani ha proposto di raccogliere dieci di milioni di firme per cacciare Berlusconi. Io penso che sia matura la situazione per chiedere invece lo scioglimento della legislatura e affidare agli elettori la decisione sul destino del paese. Non credo all’invincibilità di Berlusconi. Credo invece che un nuovo Pd che abbia al suo interno sia un’area più moderata, che si sta aggregando attorno a Veltroni, sia un’altra più legata alle nuove culture della sinistra abbia diverse possibilità di attirare nuovi, decisivi consensi.

Quelli che descrivono il rapporto con Vendola come figlio dell’antica tentazione di rimettere assieme la vecchia sinistra non guardano a come stanno andando le cose nel mondo. Sta crescendo una nuova cultura critica che non è più figlia delle culture del Novecento, che pure non disprezza, ma coglie bene le contraddizioni della globalizzazione. Solo il provincialismo della sinistra politica italiana iscrive queste posizioni al “gauchismo” mentre invece sono in campo le migliori forze del riformismo mondiale. E’ una nuova scommessa per il Pd che per vivere è condannato, si fa per dire, a rinnovarsi e ad aprirsi sempre. Questa è la sua mission.

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