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Sabato, 20 Aprile 2024
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A cura di Blog Collettivo

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L'emergenza Italia e i funghi di Di Pietro

La discussione sul governo Monti, prima ancora che l'economista abbia l'incarico e faccia il suo esecutivo, suscita discussioni furibonde nel mondo politico. E' del tutto evidente che il centro-destra è spiazzato. Non si aspettava la conclusione rapida e rovinosa della lunga esperienza berlusconiana, nè la sanzione fallimentare data dai mercati al governo più nordista della storia italiana. Probabilmente la destra avverte che inizia una nuova storia e non è preparata al passaggio di fase. Anche nel centro-sinistra il dibattito è altrettanto acceso. Il Pd darà il via libera a Monti convinto che l'Italia abbia bisogno di un periodo di tregua ma sui problemi che investiranno il maggior partito del centro-sinistra rifletteremo in seguito. Oggi è bene puntare i riflettori sulle altre due forze della famosa alleanza di Vasto che sono state spiazzate dalle decisioni che si accinge a prendere Giorgio Napolitano.

La discussione sul governo Monti, prima ancora che l'economista abbia l'incarico e faccia il suo esecutivo, suscita discussioni furibonde nel mondo politico. E' del tutto evidente che il centro-destra è spiazzato. Non si aspettava la conclusione rapida e rovinosa della lunga esperienza berlusconiana, nè la sanzione fallimentare data dai mercati al governo più nordista della storia italiana. Probabilmente la destra avverte che inizia una nuova storia e non è preparata al passaggio di fase. Anche nel centro-sinistra il dibattito è altrettanto acceso. Il Pd darà il via libera a Monti convinto che l'Italia abbia bisogno di un periodo di tregua ma sui problemi che investiranno il maggior partito del centro-sinistra rifletteremo in seguito. Oggi è bene puntare i riflettori sulle altre due forze della famosa alleanza di Vasto che sono state spiazzate dalle decisioni che si accinge a prendere Giorgio Napolitano.

L'antefatto è questo. Sel e IdV hanno vissuto questa fase politica nella convinzione di poter stringere il Pd in una alleanza ferrea che potesse fare a meno del centro e soprattutto di Casini. L'accelerazione della crisi con l'eventualità delle elezioni anticipate avrebbe reso evidente da un lato la voglia dei centristi di andare da soli dall'altro la necessità del Pd di vincolarsi al rapporto esclusivo con Vendola e Di Pietro. Quest'ultimo pur di strappare il consenso ad un centro-sinistra ristretto si era dichiarato disponibile a indicare Bersani come leader della coalizione. Vendola invece vedeva nel voto anticipato non solo la possibilità di giocare la carta della premiership ma anche quella di consolidare quel successo elettorale evocato dai sondaggi.

Con il governo Monti cambia lo scenario. I tempi per il voto si allungano di alcuni mesi e forse di un anno e mezzo. In questo periodo, ecco il timore soprattutto dell'IdV, si possono stringere troppo i rapporti fra Pd e Terzo polo fino a prefigurare una alleanza elettorale che escluda o renda ininfluenti altri apporti. D'altro canto il governo Monti dovrà prendere misure impopolari che i due partiti minori dell'alleanza del centro-sinistra non vorranno sottoscrivere per non incrinare la loro base di consenso elettorale. Nasce da qui la diffidenza verso la soluzione che il Parlamento si appresta a varare all'inizio della settimana. C'è però in queste ore una differenza significativa fra la posizione dell'IdV e quella di Vendola.

Di Pietro appariva infatti molto netto nel contrastare l'ipotesi Monti. Nel suo partito ci sono stati pronunciamenti diversi, ad esempio Pancho Pardi, e anche il capogruppo alla Camera, Donati, è stato più possibilista. Di Pietro sembrava invece intestardito nel sostenere il rigetto dell'ipotesi Monti salvo valutare volta a volta il voto favorevole ai provvedimenti. Questa linea lo ha messo in rotta di collisione con il Pd. Non a caso Bersani, con una delle sue celebri frasi, gli ha detto "che chi va per funghi ora, non potrà ripresentarsi in campagna elettorale per fare cose assieme".

La pressione del Pd così ha aperto una breccia. Ieri nel tardo pomeriggio Di Pietro ha in parte corretto la sua posizione. Ha detto di non essere più sfavorevole in via di principio ma di voler valutare quel che verrà proposto, cioè nomi dell'esecutivo, programma e durata. In verità a Di Pietro sta a cuore di non perdere di vista il movimento di opposizione e soprattutto è irritato per non essere stato consultato dal Quirinale. Nelle ultime ore però sta valutando il prezzo che pagherebbe al rifiuto di fare un tratto di strada d'accordo con il Pd. Quel che si può dire ora è che l'IdV non appare avere un atteggiamento chiaro e che mantiene ancora le mani libere.

Diversa è la posizione di Sel. Vendola è fuori dal parlamento, il suo no sarebbe di principio non essendo costretto a votare, con suoi deputati e senatori, alcun provvedimento. Il suo no preconcetto ferirebbe solo Bersani e una parte della base del Pd. Ecco perchè Vendola ha assunto una posizione articolata. Il governatore pugliese ha infatti immaginato un consenso all'operazione Monti a due condizioni precise, la breve durata e l'adozione di provvedimenti che segnino il passaggio dalla linea dei sacrifici per tutti a quella che chiede ai più ricchi di pagare dazio. In questo modo Nichi non si ammucchia con tutti quelli che reclamano a gran voce il voto anticipato,ma al tempo stesso non si sente impegnato a un via libera senza condizioni. Dicendo un mezzo si Vendola non rompe con il Pd e rimanda la gara nella sinistra al termine dell'esperienza Monti. Se il Pd si logorasse ne trarrebbe vantaggio senza apparire sleale.

Un dato è certo è che con il governo Monti definitivamente cambia il paesaggio politico italiano. Nessuna forza politica sa se esisterà fra qualche anno e quale sarà la sua forza. E' questa ragione che spinge molti alla prudenza, altri al rifiuto, altri invece a farsi carico della responsabilità di essere fra quelli che hanno aiutato il paese a uscire dal suo momento più buio. Sarà il tempo a dire quale di queste tre posizioni ha avuto ragione.

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