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Giovedì, 18 Aprile 2024
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A cura di Blog Collettivo

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Opportunismo e trasformismo, malattie che minacciano il congresso del Pd

Se qualcuno, interessato al Pd, alla sua evoluzione riformista e ad una sinistra ampia e non vuole far parte di nessuna tribù, corrente o comitato elettorale (articolazione organizzativa con cui questo partito si presenta oggi), può avere un luogo dove discutere di questioni (uguaglianza,solidarietà, lavoro e lavori, giustizia sociale, globalizzazione ed Europa, ecc.) per le cui soluzioni e visioni ha ancora un senso far parte di un partito e di essere di sinistra?

Se qualcuno, interessato al Pd, alla sua evoluzione riformista e ad una sinistra ampia e non vuole far parte di nessuna tribù, corrente o comitato elettorale (articolazione organizzativa con cui questo partito si presenta oggi), può avere un luogo dove discutere di questioni (uguaglianza,solidarietà, lavoro e lavori, giustizia sociale, globalizzazione ed Europa, ecc.) per le cui soluzioni e visioni ha ancora un senso far parte di un partito e di essere di sinistra? Il Pd rimane ancora l'unico partito dove questo è ancora possibile ma a condizione che si abbia il coraggio e la forza di dirsi la verità e di organizzare una discussione seria sulla società italiana e sul ruolo che deve avere una forza di cambiamento.

Il congresso del Pd deve essere l'occasione, l'appuntamento per rigenerare e costruire la sua identità, per ritrovare la sua funzione nazionale di cambiamento. Certamente esso non sarà risolutivo delle difficoltà, e delle contraddizioni in cui il Pd si dibatte dalla sua nascita. Ma deve essere l'avvio per fare chiarezza sulla sua stessa coerenza, struttura, funzione e visione. Tutto questo a prescindere da date, regole e da chi sarà il segretario. Che partito deve essere e per quale società si impegna a realizzare con i suoi programmi? Non si può rinviare più questa discussione. Non ho mai creduto ad una mistica congressuale, nè a congressi risolutori di tutti i problemi, ma sono convinto di una discussione vera, libera, autonoma che in questa fase è quanto mai indispensabile non solo per il futuro del Pd, ma per la democrazia e per l'Italia.

Il Pd aveva suscitato speranze, entusiasmi, illusioni; aveva l'ambizione di unire i riformisti italiani,le varie sinistre, amalgamandoli in un processo virtuoso in cui visioni, programmi, proposte di cambiamento radicale, sarebbero stati il collante unificante e solidificante di questo partito. Il Pd non è stato all'altezza delle ambizioni e delle attese suscitate. I passaggi decisivi, gli obiettivi, sono stati mancati. E' apparso più che un luogo e uno strumento di coesione e di condivisione, un luogo di litigiosità, di correntismo senza idee, di sfrenato carrierismo, di esasperati personalismi che ha fatto emergere gruppi dirigenti senza preparazione, mediocri, cinici.

Si sono consolidate strutture formate da eletti e nominati impegnati prevalentemente a sostituire o cooptare altri eletti e nominati. E' stata così condizionata la sua stessa immagine, il suo profilo di cambiamento, la sua credibilità e affidabilità. L'amalgama non c'è stato, il partito è stato ridotto ad una federazione, questa si leggera, una specie di patto di sindacato, di correnti rigide. La democrazia interna si è piegata alle piccole logiche di spartizione degli incarichi, con la solidarietà verticale di corrente come via prevalente di partecipazione e di affermazione nella vita di partito. Le correnti, le affiliazioni sono diventati pesanti, veri e propri partitini personali dentro un partito leggero, un non partito. E' questo, tra l'altro, il giudizio dello stesso Veltroni, primo segretario del Pd, su ciò che è diventato il partito che aveva presentato al Lingotto!

Nel Pd e in molti dei suoi gruppi dirigenti ha prevalso l'idea del partito proiettato sulla scalata delle istituzioni piuttosto che sul servizio delle istituzioni e come tale ridotto sempre più a strumento elettorale, a semplice contenitore da utilizzare per soddisfare esagerate ambizioni personali o per esercitare potere politico e di governo, in alcuni dei casi in puro conflitto di interesse. I segnali di questa degenerazione sono molto evidenti nel Mezzogiorno e in Puglia in particolare dove il confine tra innovatori e conservatori (rottamatori e rottamati o rottamandi) è stato già annullato dal trasformismo e dall'opportunismo di un ceto politico che è cresciuto attorno al potente di turno.

Ed è proprio sull'idea di partito che dovrà scavare e decidere il prossimo congresso. Per quanto mi riguarda il partito del XXI secolo non può non essere una comunità, un luogo in cui si promuovono e si discutono le idee, si elaborano proposte politiche, si ascoltano le istanze dei cittadini, si accoglie e si valorizza la voglia di partecipazione, si fanno crescere capacità, responsabilità, passione al servizio del bene comune. In questi anni in cui bisognava costruire il Pd, dovevano essere formati nuovi gruppi dirigenti, nessuno ha pensato al partito. Anzi, si è assecondata la logica del "con chi stai?", "se vieni con me ti garantisco.....".

Nel Pd ognuno dice e fa quello che vuole. In Puglia poi questo è ormai diventata prassi quotidiana. Non c'è spazio per chi pensa e vuole essere intellettualmente autonomo e libero. Chi volete allora che si avvicini ad un partito così se non solo coloro che sanno manovrare meccanismi perversi di affiliazione e di cordata? Se non ceti politici alla ricerca di carriera?

Oggi tutti dicono di volere un partito forte, aperto, rinnovato, ma per fare cosa? Il fine non può essere quello di spianare la carriera a qualcuno o continuare a garantire posizioni a chi farebbe bene a mettersi da parte da funzioni dirigenti in questa fase. Un partito forte, aperto, rinnovato che sa guardare al mondo, che sappia mettere la persona e non l'individuo al centro delle proprie idee e proposte, che sappia coniugare in termini attuali i valori dell'uguaglianza, della fraternità, della libertà consapevole e responsabile, della giustizia sociale,della partecipazione. Per questo al Pd sono necessari un segretario e dei gruppi dirigenti che si curino innanzitutto del partito e del suo radicamento sociale e culturale come condizione per avere la forza e per essere all'altezza di quel cambiamento e trasformazione di cui l'Italia ha bisogno. Per lo stato in cui ci si trova, di tutto si ha bisogno tranne che di un segretario con "la testa altrove" e di gruppi dirigenti emuli del peggior gattopardismo italiano.

Alfredo Reichlin, un dirigente di oltre 80 anni che, come Giorgio Napolitano, proviene dalle fila del Pci, in un recente articolo ha affermato che il nodo più importante per il Pd resta quello della "rappresentanza e della funzione nazionale", della qualità e del senso del rapporto del Pd con i processi sociali, la sua vocazione a rappresentare le forze vive della società e del cambiamento. Il compito allora del congresso dovrebbe essere innanzitutto questo: ridare credibilità al Pd, capacità di rappresentanza, passione per le idee, voglia di stare vicino alla gente e alla parte più debole della società, curiosità intellettuale e culturale verso il nuovo e il progresso della società.

Per questo il congresso deve essere l'occasione per dotare il Pd e i gruppi dirigenti che lo vogliono rappresentare di una nuova cultura politica senza la quale a mala pena si è in grado di fare la ordinaria amministrazione per conservare l'esistente,ma non si è certamente in grado di affrontare le sfide del futuro. Senza una cultura politica non si riescono neppure a comprendere le proprie insufficienze e i propri errori. Il congresso quindi non può essere vissuto, oggi sulle regole e sulle date, domani su chi deve fare il segretario, affidandosi a tifoserie pelose e interessate più che appassionate ad idee e a visioni condivise. Deve essere invece l'occasione per un confronto sulle scelte da fare riconoscendosi in un progetto condiviso. Il congresso va fatto subito senza ulteriori indugi e alibi ma non per contarsi, ma per discutere e definire un progetto condiviso oltreché il segretario e il gruppo dirigente che coerentemente deve portarlo avanti.

Il futuro dell'Italia ha bisogno, a destra come a sinistra, di partiti solidi, autonomi, dotati di visioni chiare e alternative, di posizioni programmatiche tanto radicali quanto comprensibili. L'Italia non ha bisogno di partiti unici fondati sulla forza della tecnica ma sulla politica, sulla consapevolezza di rappresentare parti che si fanno carico dell'intera società. L'Italia non ha bisogno di partiti onnicomprensivi e indistinti in cui convivono posizioni di destra, di centro, di sinistra, accomunate dalle tecniche ineluttabili e dalle compatibilità di governo e che in questi anni sono state le uniche risposte al berlusconismo e all'antiberlusconismo.

Il Pd è chiamato a dare il suo contributo a questo necessario processo di chiarificazione politica e culturale e alla ridefinizione di un sistema politico basato su partiti che, al di là delle persone che li dirigono, siano chiaramente alternativi dal punto di vista programmatico e di visione ma che si rispettano e si riconoscano in principi fondamentali e fondanti di una democrazia moderna,basata sulla rappresentanza,sulla partecipazione e ben lontana da scorciatoie populistiche o da interessate tecniche mediatiche ed elettorali di consenso.

Rispetto alla dimensione delle questioni da affrontare si capisce meglio la dimensione dell'impegno per costruire un partito nuovo, radicato, rinnovato nelle idee e negli uomini, un partito, come ha affermato uno dei candidati alla segreteria, Gianni Cuperlo,".... non solo di sinistra, ma che senza la sinistra il Pd non è". Un partito capace di ricollocare i valori di una sinistra, ben più ampia di quella conosciuta e affermatasi nel secolo scorso, nella società di oggi, mutata per orientamenti e aspettative.

Per questo mi sembrano fuori tema e francamente mi fanno un po' pena le posizioni, lette in questi giorni sui giornali locali, di quanti, vecchi navigatori delle forze del centrosinistra pugliese, si stanno delineando in Puglia in prossimità del congresso. Ancora una volta si definiscono a prescindere. Non c'è un minimo di analisi sul passato, sul presente,s ul futuro sociale e politico della Puglia. Né un minimo di sforzo comune di proposta. Politicismo e opportunismo la fanno da padroni. Ceti politici di provenienza Ds o Margherita si stanno ricollocando per continuare ad esistere e sopravvivere. Altri aspettano per vedere come tirerà il vento congressuale.

Ma di idee e di pensieri politici non si vede neanche l'ombra. Costoro non sono e non diventeranno mai autonome classi dirigenti pugliesi, ma solo ascari o amici di qualcuno. Vengo da una formazione che mi insegna che ad un partito si aderisce per convinzione e non per convenienza. Se nel prossimo congresso le mie convinzioni si potranno confrontare con altre convinzioni mi sentirò arricchito e partecipe di una comunità dentro cui ci sono anche i miei valori e le mie idee. Se invece la convenienza individuale e di gruppo e il conseguente posizionamento opportunistico costruito con tesseramenti dell'ultima ora o con primarie di indistinti, avranno il sopravvento sulle idee e sulle risposte democratiche da dare all'Italia al di là delle emergenze, non sarà difficile diventare anche per un vecchio militante come me, mio malgrado, protagonista di quella che viene chiamata la "scissione silenziosa" dal Pd. Molti hanno lo hanno già fatto. Io però non intendo rassegnarmi e non abbandonerò il campo della sinistra.

 

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