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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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Ora tocca agli ex "spaghettifresser" accogliere: ma con leggi diverse

Erano appellati “spaghettifresser” cioè mangiatori di spaghetti. Era il più innocuo degli appellativi con il quale i nostri emigranti degli anni ’50 erano indicati in Germania. Italiani, turchi e slavi intanto costruivano la attuale potente Germania. A tutto oggi circa 4 milioni di italiani, così dicono gli istituti di ricerca, sono andati in Germania a trovare lavoro.

Erano appellati “spaghettifresser” cioè mangiatori di spaghetti. Era il più innocuo degli appellativi con il quale i nostri emigranti degli anni ’50 erano indicati in Germania. Italiani, turchi e slavi intanto costruivano la attuale potente Germania.

A tutto oggi circa 4 milioni di italiani, così dicono gli istituti di ricerca, sono andati in Germania a trovare lavoro; lì hanno trovato occasione di lavoro, possibilità di guadagno, hanno lasciato alle loro spalle spesso disperazione e assoluta povertà, e si sono costruita la loro casa: a casa loro!

Il punto di emigrazione, potete anche dire centri di raccolta, era a Napoli, a Verona, a Milano, Genova, Messina. A seconda la zona di provenienza si radunavano in una di queste città; qui venivano verificati i documenti, si eseguivano le visite mediche, indi si certificava il diritto ad emigrare.

Gli aneddoti sono infiniti, qualcuno lo conosco anche io per racconto diretto e vissuto personale. Ma questo appartiene alla propria storia. Quella ufficiale racconta che nel 1955, nel dicembre di quell’anno, la nazione è allo stremo, venne stipulato un accordo bilaterale tra Italia e Germania. Io ti do milioni di persone che non so come sfamare, e tu li paghi per ricostruirti dopo i disastri della II guerra mondiale; in cambio ricevo rimesse preziose e pesanti in milioni di marchi.

Lo scambio sarebbe dovuto avvenire secondo il cosiddetto “principio rotatorio” secondo il quale l’alternanza tra gli emigranti sarebbe dovuta essere ciclica. Sennonché gli imprenditori si accorsero che nel mentre stavano addestrando i lavoratori arrivati, questi dovevano ritornare in patria, e loro, i lavoratori, non avevano avuto il tempo di migliorare le loro condizioni di vita (oggi lo chiamano precariato ma questa è un’altra storia).

Invece, siamo arrivati ad oggi che, dalle baracche dei primi emigranti, sono nati i figli di seconda ed anche terza generazione che cantano l’inno per la nazionale di calcio tedesca. Partirono da casa nostra lasciandosi dietro i figli e “le vedove bianche”, così si chiamarono le giovani mogli lasciate al paese, per cercare fortuna qui negata.

Dimentichi di tanto, oggi commette reato chi giunge in Italia lasciando alle spalle la propria miseria. Qualcosa si muove (l’abolizione del reato di clandestinità è attualissima materia di discussione) ma cosa succede, soprattutto nei confronti dell’anello più debole della catena; cosa succede ad un giovane migrante figlio di immigrati nato in Italia? Quali sono i diritti che gli vengono riconosciuti?

Domande facili con risposte altrettanto facili: hanno diritto, pur non cittadini, e fino al compimento della maggiore età, di godere del diritto all’istruzione, all’assistenza sanitaria ed a tutti gli altri diritti fondamentali della persona umana che un ordinamento democratico come si sostiene essere il nostro deve assicurare.

E dopo? Raggiunti i diciotto anni che coincidono, per i nostri figli, con un giorno memorabile da festeggiare alla grande con amici speciali e parenti, cosa riserva la legge 91/92? (quella regolatrice della cittadinanza) ai giovani migranti di seconda generazione?.

Hanno diritto a richiedere la cittadinanza italiana purché sia data la dimostrazione di essere stati in Italia “legalmente e senza interruzioni” e devono sbrigarsi perché la domanda deve essere inoltrata “entro un anno dal raggiungimento della maggiore età”.

Ma come, se fino a quel momento sono andato a scuola, ho goduto della assistenza sanitaria, ho potuto liberamente circolare sul territorio nazionale, come è possibile che il giorno dopo il compimento del 18° anno di età questo processo di integrazione anche formale nel contesto della società italiana possa interrompersi o comunque trovare ostacoli per il pieno riconoscimento?

Le sabbie mobili delle leggi farraginose e della burocrazia da queste partorita inghiottono le persone in un vortice da cui si può entrare da bambini ed uscire clandestini. Intanto continuano ad arrivare uomini donne e bambini sulle coste meridionali sperando in un mondo più giusto di quello che hanno lasciato alle loro spalle trovando spesso, invece, popoli accoglienti ma uno Stato ostile.

 

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