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A cura di Blog Collettivo

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Pantheon di Puglia: un meridionalista poco ricordato, Tommaso Fiore

Davvero molto interessanti e stimolanti le proposizioni critiche registrate in merito all'individuazione delle grandi figure di intellettuali pugliesi da collocare in un ideale Pantheon territoriale. Quasi a bilanciare le poco felici scelte dei personaggi di riferimento operate da Bersani e da Vendola in occasione del famoso confronto a cinque ( Papa Giovanni XXIII per il primo, il Cardinal Martini per il secondo ) Peppino Caldarola prima, e Antonio Caputo in seguito, hanno indicato una rosa di nominativi che va da Di Vittorio a Gaetano Salvemini, entrambe figure di alto profilo da ricordare con stima e riconoscenza.

Davvero molto interessanti e stimolanti le proposizioni critiche registrate in merito all'individuazione delle grandi figure di intellettuali pugliesi da collocare in un ideale Pantheon territoriale. Quasi a bilanciare le poco felici scelte dei personaggi di riferimento operate da Bersani e da Vendola in occasione del famoso confronto a cinque ( Papa Giovanni XXIII per il primo, il Cardinal Martini per il secondo )  Peppino Caldarola prima,  e Antonio Caputo in seguito, hanno indicato una rosa di nominativi che va da Di Vittorio a Gaetano Salvemini, entrambe figure di alto profilo da ricordare con stima e riconoscenza.

Concordo e...rilancio proponendo la riscoperta di un dei più brillanti seguaci di Salvemini, di cui si parla obiettivamente poco. Mi riferisco a Tommaso Fiore, grande umanista e meridionalista. Nato ad Altamura nel 1884 da famiglia operaia, studiò al liceo e poi, grazie ad una borsa di studio, all'università di Pisa, dove fu allievo di Giovanni Pascoli e dove si laureò, in lettere e filosofia, discutendo una tesi su Platone. Insegnò in vari licei, nel dopoguerra fu docente di letteratura latina presso l'Ateneo barese e, infine, ricoprì anche la carica di Provveditore agli studi.

Socialista doc, profuse il suo impegno politico sin da studente, diventando anche sindaco di Altamura nel 1920. Negli anni 1942 e 1943, fu ospite delle patrie galere a causa della sua militanza antifascista. I suoi maestri furono Fortunato, Salvemini, Dorso. Ho avuto l'onore di conoscere don Tommaso ( ma a lui questo titolo non piaceva affatto ) in occasione di una sua conferenza tenuta a Bari presso la libreria Laterza  a metà degli anni  '60. Alla fine, tra le altre, gli fu posta questa semplice domanda: " Professore, per Lei cos'è la liberta? " Non rispose subito, si alzò lentamente, si sfilò la giacca posandola sul tavolo, aprì quindi le braccia dicendo " Ecco, questa è per me la libertà".

In questo atto, in un semplice gesto, è racchiusa tutta la visione di vita dell'uomo che con coerenza, per tutta la vita, ha condotto le sue battaglie contro il conformismo, la retorica, i compromessi, senza indulgere in qualsiasi forma di endorsement, come si direbbe oggi. Eccelso uomo di lettere, insegnò per anni presso il liceo classico di Molfetta ove, tra gli altri, ebbe come allievo Beniamino Finocchiaro. Oltre ad aver pubblicato vari studi su Virgilio, Ovidio, Tolstoj, Saint Beuve, Tommaso Moro, Erasmo da Rotterdam, scrisse centinaia di articoli per vari quotidiani e per riviste culturali tra le quali " Quarto stato " di Nenni, " La rivoluzione liberale " di Gobetti, " La critica " di Croce.

I suoi libri più famosi restano " Un popolo di formiche ", " Il cafone all'inferno " e " I formiconi di Puglia ", tre capisaldi del suo opus meridionalistico. Pagine che svelano un pensiero lucido, acuto, appassionato, vero esempio di letteratura civile scritto con parole che sembrano tagliate e squadrate come pietre vive, con la stessa maestria con cui aveva operato il padre muratore. Uno stile asciutto, senza fronzoli, tutto impegnato a suonare le trombe del " risveglio del mezzogiorno " , teso al riscatto dei contadini " umiliati dalla più ripugnante miseria "  e alla giustizia sociale negata.

Un combattente sempre a fianco del maestro Salvemini nella lotta per l'affermazione di una " democrazia rurale ".  Il critico Walter Binni, non senza una punta di sarcasmo, lo definì " giacobino agrario ". Il professor Tommaso Fiore era piccolo di taglia, ma la sua statura morale era gigantesca. Teniamo sempre a mente, trasferendone  ai giovani la memoria, la lezione di umanità e di civiltà di questo illustre uomo del Sud degno di entrare nel nostro Pantheon ideale riservato ai grandi pugliesi che hanno amato, arricchito e onorato questa terra.

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