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A cura di Blog Collettivo

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Papa Francesco, la coscienza e il paradosso dei non credenti

I credenti ritengono che la vita sia il frutto del disegno di Dio. I non credenti pensano che la vita sia il frutto della casualità, un evento che poteva anche non accadere. Per i credenti esiste una vita ultraterrena, per i non credenti non esiste un’altra vita oltre quella che casualmente ci troviamo a vivere su questa terra.

I credenti ritengono che la vita sia il frutto del disegno di Dio. I non credenti pensano che la vita sia il frutto della casualità, un evento che poteva anche non accadere. Per i credenti esiste una vita ultraterrena, per i non credenti non esiste un’altra vita oltre quella che casualmente ci troviamo a vivere su questa terra. Ma tanto i credenti quanto i non credenti concordano sull’”unicità” della vita sulla terra, sull’unicità della vita terrena di ognuno di noi, sia che essa poi prosegua in altro modo in un altro mondo, chiamato celeste, sia che essa cessi definitivamente, senza altra vita, dopo la morte.

Difatti, tutti concordano che fra qualche miliardo di anni (tre, quattro) il sole morirà e che, molto tempo prima, sarà già scomparsa la vita sulla terra e che essa vagherà nello spazio come un grande sasso freddo e inanimato. E intanto forse la razza umana sarà stata capace di migrare in tempo in altri mondi abitabili, se esistenti. E’ per la sua unicità quindi che anche per i non credenti la vita sulla terra è “sacra”, come per i credenti.

L’unicità della vita pertanto fa considerare miracolosa la felicità e intollerabile l’infelicità della nostra vita personale, in quanto –felicità e infelicità- restano uniche e non ripetibili sulla terra, dove a nessuno è mai più data un’altra opportunità, un’altra possibilità, né a chi subisce né a chi provoca infelicità o infelicità. Ciò porta a questo paradosso: diversi non credenti vorrebbero sbagliarsi, non fosse altro che per potere avere in un’altra vita (una seconda vita) un minimo di giustizia divina dei torti terreni subiti da tanti credenti; e i credenti, quando pensano all’infelicità arrecata a loro confratelli, hanno paura della loro stessa fede in una vita ultraterrena, per il giudizio di Dio che li attende.

Riecheggia per tutti il grido di papa Woitila in Sicilia, ad Agrigento, contro i mafiosi, dopo l’incontro con i genitore del giudice Rosario Livatino. Ricordate?:”…….un giorno verrà il giudizio di Dio!”. Papa Francesco per i credenti, semplicemente Francesco per i non credenti, individua nella “fedeltà” alla propria coscienza il viatico dei non credenti al perdono di Dio.

Ma cos’è la coscienza? La sua etimologia è di derivazione latina: cum-scire (saper insieme), cioè se si è con-sapevoli del proprio agire, se agiamo con cognizione di causa nelle proprie azioni, se non tradiamo il nostro più vero modo di essere nell’”insieme del pensare, del sentire e dell’agire”: in altre parole, se rispondiamo, siamo coerenti e siamo consapevoli con quanto ci dice, ci detta, ci “produce” la coscienza.

Ma poiché la coscienza religiosa presuppone sempre significati assoluti di cosa sia il bene e di cosa sia il male, è, paradossalmente, la laicità del pensare e dell’agire dell’intrinseco relativismo del non credente a costituire la garanzia del rispetto dell’intrinseco assolutismo valoriale del credente.

Siamo al paradosso dei paradossi della nostra esistenza sulla terra: il non credente può concedere al credente la libertà di legarsi al suo Dio, ciò che il credente non può concepire per il non credente, la libertà di non legarsi a nulla dopo di sé stesso. E’ quindi sempre rapportabile ai valori della coscienza religiosa – delle varie coscienze religiose - l’assolvibilità dai peccati dei non credenti, il viatico della coscienza al perdono di Dio…

Eppure, vi sono non credenti che per propria personale coscienza non ricorrerebbero mai in nessun caso all’aborto ad esempio, tanto considerano sacra e degna di essere vissuta qualunque vita, anche la più sfortunata e disagevole. E magari ci sono tanti credenti che vi ricorrono…….Così come ripugna alla coscienza di tantissimi non credenti l’infliggere la pena di morte a un altro individuo, a differenza di tanti credenti che la invocano, come accade per i totem pagani!

Si potrebbe continuare, con l’avvertenza che è vero e valido anche il suo contrario. Perciò, quando Francesco cita la coscienza come viatico del perdono divino, piace pensare che egli si rivolga implicitamente e universalmente agli erranti, a tutti gli erranti, secondo la propria coscienza religiosa o laica.

 

 

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