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A cura di Blog Collettivo

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Trasparenza amministrativa: quando la partecipazione non basta

Chiunque svolga una funzione pubblica, ancor più elettiva, che dovrebbe essere anche selettiva, dovrebbe attenersi, nel suo agire funzionale, al principio costituzionale del conseguimento dell’interesse pubblico

Chiunque svolga una funzione pubblica, ancor più elettiva, che dovrebbe essere anche selettiva, dovrebbe attenersi, nel suo agire funzionale, al principio costituzionale del conseguimento dell’interesse pubblico. Se, poniamo, un sindaco, che sicuramente svolge una funzione pubblica, di natura sicuramente elettiva, ed invero, anche selettiva, dichiara che le stabilizzazioni dei lavoratori precari sono servite più ai diretti interessati che non alla città, sorgono seri dubbi che si sia rispettato il principio costituzionale secondo il quale le funzioni pubbliche si siano svolte, in questo caso, nell’interesse pubblico.

Se l’Autorità di Vigilanza sugli Appalti Pubblici, oggi inglobata in Anac – l’autorità anticorruzione che fa capo a Cantone – con Deliberazione n. 6 Adunanza del 20 febbraio 2013, pronunciandosi su un caso riguardante il Comune di Mesagne, ritiene “che il successivo affidamento diretto  all’Ati Axa Srl - Gialplast Srl sia in contrasto con l’art. 57 comma 5 del  Codice dei contratti, in quanto non ricorrono i presupposti previsti dalla  legge per il ricorso alla procedura negoziata”, può ragionevolmente sostenersi che sia stato tutelato l’interesse pubblico avendo preferito l’affidamento diretto alla gara pubblica?

Il tema della trasparenza amministrativa risulta, quindi, elemento altamente qualificante se non proprio costitutivo della buona politica e della buona amministrazione. Se, poi, dalla cattiva politica si possa, indi, transitare in ambiti dalle connotazioni illecite, è altro discorso; per quanto, comunque, l’assenza della trasparenza è il classico “brodo primordiale” proprio delle condotte costitutive dei reati contro la Pubblica Amministrazione.

All’inizio, siamo nel 1990 con la legge 241, la   trasparenza era intesa solo come strumento attraverso cui il cittadino interessato (“chiunque abbia interesse”) poteva avere accesso ai documenti prodotti dalla PA. Oggi è fatto obbligo alla PA di dare pubblicità ad ogni aspetto della sua azione prodotta con i propri atti. Con l’istituto della “accessibilità totale” si è invertita la piramide: non è solo il cittadino interessato che può chiedere conto, peraltro con “l’accesso civico” i poteri di accesso sono molto più estesi, ma è la PA che deve dare piena cognizione del suo operato.

Se prima l’accesso agli atti conferiva al cittadino il potere materiale alla partecipazione della azione amministrativa, oggi con l’ accessibilità totale si vuole favorire il controllo esteso al rispetto dei principi del buon andamento e dell’imparzialità.  Così il principio costituzionale del “buon andamento e dell’imparzialità” (97 Cost.) entra a far parte della legge ordinaria divenendo dunque un vero e proprio principio giuridico precettivo dando corpo e concreta visibilità a quello della trasparenza.

Perché l’agire della PA possa rispondere al requisito del buon andamento, deve essere a sua volta improntato alla efficienza, efficacia ed economicità; mentre l’imparzialità riguarda la materializzazione della integrità della PA trasferita direttamente sul funzionario pubblico. Al netto dei vincoli propri della tutela della privacy il cittadino, attraverso la trasparenza, oggi fatta materia viva ed operativa attraverso i principi costituzionali richiamati, non è solo partecipazione del cittadino ma criterio ispiratore dell’agire della PA.

Sicché, arrivando al dunque di questo ragionamento, se la corruzione costituisce la punta dell’icerberg della mala politica e della cattiva amministrazione, la trasparenza costituisce invece un essenziale mezzo di prevenzione. Se c’è un posto in cui possa annidarsi il germe della corruzione, quello va ricercato dove sia assente l’agire trasparente.

Nel senso che, volendo prevenire il fenomeno corruttivo, la macchina amministrativa dovrà funzionare nel rispetto dei principi del buon andamento e dell’imparzialità, con annesso esercizio dei cittadini al diritto di conoscere come si spendono i propri soldi e le risorse disponibili, ed anche se e quanti obiettivi sono stati raggiunti.

La divisione della responsabilità politica di indirizzo da quella di gestione non può risolversi in uno scarica barile come a volte avviene a discapito dell’interesse pubblico. Così avviene che un sindaco denunci l’inutilità delle stabilizzazioni e che l’Anac dichiari illegittimo l’aver fatto ricorso ad un affidamento diretto avendo invece dovuto procedere ad un gara pubblica.  Garantire la trasparenza potrebbe sembrare difficile: in realtà, semplicemente, basterebbe essere onesti.

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