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Sabato, 20 Aprile 2024
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A cura di Blog Collettivo

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Quanto costano al porto e a Brindisi le scelte sbagliate dell'Authority

Gli interventi del presidente del Propeller Brindisi e del segretario generale dell’Autorità Portuale di Bari offrono interessanti spunti di riflessione, in particolare per quanto concerne le possibili evoluzioni dei traffici marittimi e delle conseguenti opportunità, e saranno particolarmente utili come supporto tecnico quando la politica indicherà le linee strategiche.

Gli interventi del presidente del Propeller Brindisi e del segretario generale dell’Autorità Portuale di Bari offrono interessanti spunti di riflessione, in particolare per quanto concerne le possibili evoluzioni dei traffici marittimi e delle conseguenti opportunità, e saranno particolarmente utili come supporto tecnico quando la politica indicherà le linee strategiche di sviluppo del porto di Brindisi, che si tradurranno nel nuovo Piano regolatore portuale.

Ritengo tuttavia opportuno evidenziare alcuni aspetti, che sono alla base di qualunque discussione si voglia avviare sul porto di Brindisi: ogni porto, per le sue caratteristiche e peculiarità (fondali, banchine, retroportualità, produzioni del territorio, etc.) è unico e necessita di un apposita strategia di sviluppo tarata solo ed esclusivamente per quel porto; il Piano regolatore del porto di Brindisi, attualmente in vigore, risale al 1973 e, peraltro, esclude categoricamente i passeggeri da Costa Morena; tale concetto viene ribadito e sottolineato nella variante approvata nel 1975.

Considerate anche le condizioni in cui versa il porto, sembrerebbe scontato che l’Autorità Portuale di Brindisi, oltre ad assicurare la gestione e la funzionalità del porto, dovrebbe dotarsi con urgenza di un nuovo Piano regolatore, che individui le infrastrutture da realizzare per accogliere i moderni traffici ed i moderni mezzi di trasporto marittimo, conferendo al porto la capacità di adattarsi tempestivamente al rapido mutare dei traffici e mezzi.

In particolare, un nuovo Piano regolatore consentirebbe, tra l’altro: il pieno utilizzo del porto interno per nautica da diporto e navi da crociera ed il corretto impiego dell’attuale stazione marittima; il transito passeggeri a Costa Morena e una nuova adeguata stazione marittima; lo spostamento dello scarico del gpl (oggi a brevissima distanza dallo sbarco passeggeri), e un molo carbonifero dedicato; l’appropriato impiego dell’isola di Sant’Andrea e della diga di punta Riso; il terminal delle autostrade del mare (che al momento prospettano enormi opportunità); il terminal container e l’area logistica.

Ne discende che i vertici dell’Autorità (il presidente, ma anche il segretario generale ed il responsabile tecnico), per poter svolgere proficuamente il loro ruolo, dovrebbero avere adeguate competenze specifiche. In particolare il presidente dovrebbe sapersi interfacciare con le istituzioni, soprattutto quelle locali, con il mondo dello shipping, ma anche conoscere le procedure previste per il nuovo Piano regolatore, per la realizzazione dei progetti, per l’impiego dei fondi (specie quelli comunitari), e comunque dovrebbe avere una profonda e radicata conoscenza del territorio, come peraltro ormai definitivamente stabilito nei lavori parlamentari di riforma della L.84/94; lo dimostra anche il caso dell’ammiraglio Ferdinando Lolli che, pur essendo uomo di grande esperienza, ha trovato non poche difficoltà nello svolgimento del suo incarico di commissario dell’Autorità Portuale.

Se quanto appena scritto appare scontato, sorge allora la domanda: perché e con quali criteri sono stati scelti i presidenti passati, in particolare gli ultimi due? Il presidente Giurgola era esperto in tema di lavoro marittimo, ma in pratica non aveva nessuno dei requisiti e competenze per svolgere le attività sopra indicate: non a caso è stato solo capace di fare grandi promesse mai realizzate (dalle banane dell’Egitto ai traffici con la Turchia, dal terminal crociere a punta Riso – che doveva essere operativo dall’estate 2012- al terminal container da 3 milioni di teu, etc.), con il risultato di aver ridotto il porto allo stato attuale.

In tanti gli hanno creduto; e per comprendere l’entità dei danni provocati basta considerare il caso del terminal crociere a Punta Riso; solo per completare l’iter progettuale (variante al Piano regolatore, progetto preliminare, definitivo, esecutivo, gare di appalto) occorrono, se tutto va bene, non meno di 8 – 10 anni; l’ex presidente Massimo Ferrarese è stato indotto a far destinare per tale opera 70 milioni di euro, riservati alla provincia di Brindisi dal programma Puglia Corsara (fondi che dovrebbero essere impiegati per progetti immediatamente cantierabili), sprecando la possibilità di spendere tali preziose risorse per altri progetti realmente realizzabili.

Il presidente Giurgola, che ha triplicato il personale dipendente, ma con quali risultati? Spese ingenti per il “maquillage” di qualche banchina o qualche edificio, che non hanno nulla a che vedere con il “core business” del porto, o per progetti del tutto inutili (ad esempio, dopo l’assegnazione della progettazione della sistemazione della diga di Punta Riso per 900.000 euro, il responsabile tecnico ha affermato in televisione di aver conferito agli stessi progettisti l’incarico della variante al Piano regolatore, dimostrando di ignorare totalmente le procedure di realizzazione di un opera portuale), o per progetti su cui indaga la magistratura (ad esempio il progetto della stazione marittima “Le Vele”, con gara di appalto per la costruzione già assegnata, che dovrebbe sorgere in un’area in cui il vigente Piano regolatore non prevede nulla, o la gara di appalto già assegnata, per la gestione di un terminal crociere - un tensostatico -, esistente solo sulla carta, da costruirsi tra le due banchine di Costa Morena dove viene scaricato il carbone.

Vi è poi un aspetto di difficile comprensione: per assicurare la funzionalità del porto (ma anche per la preparazione del nuovo Piano regolatore) servirebbe un agguerrito ufficio commerciale, con una dotazione organica di almeno una decina di persone, per la customer satisfaction, i rapporti con le istituzioni, gli studi e ricerche di mercato, l’analisi costi – benefici, le previsioni dei traffici a breve, medio e lungo termine, i rapporti e collegamenti con le altre modalità del trasporto, i contatti continui con gli armatori, gli agenti marittimi, etc. Bene, tale ufficio, che nelle altre Autorità occupa almeno un terzo di tutto il personale, a Brindisi non è mai esistito.

Tornando alla scelta del presidente, anche l’attuale, che è un grande esperto (teorico) di economia marittima, di fatto non ha nessuno dei requisiti necessari per avviare, con possibilità di successo, un programma di rilancio e sviluppo del porto di Brindisi. E tanto per restare in linea con le scelte finora attuate, dispiace constatare che, anche per quanto riguarda la scelta del nuovo segretario generale,- considerati i nomi che sono circolati e su cui si sono scontrate le forze politiche-, si stanno seguendo le stesse modalità che hanno portato alla scelta dei presidenti, o dell’ultimo segretario generale che, prima di andar via, ha affermato che i passeggeri sono una “iattura” per il porto di Brindisi.

Sorge allora spontaneo un dubbio: poiché le scelte delle posizioni apicali hanno portato alla situazione attuale del porto, e poiché sono ben note le caratteristiche che dovrebbe avere chi deve ricoprire quelle posizioni, non appare inverosimile che le scelte finora fatte siano state deliberatamente volute. Inoltre, è fuori discussione che tale situazione faccia particolarmente comodo ai porti di Bari e Taranto, (poiché si accaparrano anche le eventuali risorse finanziarie che potrebbero essere destinate a Brindisi), ma le scelte finora compiute sono state fortemente condizionate da Brindisi.

Ma allora, a chi fa comodo questa situazione? Chi ne trae vantaggio? Non credo sia difficile dare una risposta, osservando attentamente la situazione ed i personaggi che ruotano intorno all’Autorità portuale ed ai lucrosi affari che tuttora ci sono, e che hanno il potere di fare in modo che il porto venga mantenuto in queste condizioni. Certamente non ne trae vantaggio il porto, nè la comunità brindisina, né il Salento, per il quale, se il porto di Brindisi fosse funzionale e funzionante, si aprirebbero enormi possibilità di sviluppo in termini socio-economici e soprattutto occupazionali.

E, purtroppo, acclarata la latitanza della classe politica sulla questione, forse si può riporre la speranza di cambiare la situazione solo nella magistratura, considerate le numerose inchieste attualmente in corso.

 

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