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Venerdì, 19 Aprile 2024
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A cura di Blog Collettivo

"La bellezza è un principio che deve animare la nostra vita"

Renata Fonte la bellezza l’aveva coltivata negli anni, intensa, giusta e ritmata

Eravamo ricchi e non lo sapevamo. Nascere e vivere in Italia è la fortuna più grande che un essere umano possa avere. E questo perché il mondo, ha tante bellezze ma sono spesso, lontane tra loro. Noi, la bellezza la possiamo raggiungere a piedi. Non ci sono solo i borghi più belli d’Italia da bandiera arancione, ma anche quelli dalla bandiera gialla, rosa e a pois. Mai stati a Pesche o a Santo Stefano di Sessanio, a Gravina di Puglia, a Monopoli?

Luoghi dove puoi emozionarti, per una donna che ha un cerchio di sangue intorno agli occhi, per un vecchio che ti benedice quando lo saluti, per una sottoveste sgualcita, per il dono di un bicchiere di vino, per le mani screpolate da troppo lavoro, per una vecchia stazione ferroviaria a ridosso di un agrumeto.

E cosi gli ulivi secolari di Serranova ti racconteranno, del sole che arde d’estate, della fatica dei coltivatori, della gioia di un’annata agricola e della rabbia di un’altra; Alberobello della magia dei suoi trulli, l’Aspromonte, di una terra ruvida, mai tiepida, mai frivola.

Aggiornare la mappa della Bellezza significa chiedersi come mai, la Toscana di Siena è medievale e la Maremma ti dia il piacere di una campagna rustica o nelle Marche di Urbino si respiri poesia e a Porto Sant’Elpidio l’aria del mare abbia il profumo dei trucioli di legno.

Non andare in Antartide se nella tua vita, non sei andato al Teatro sannita di Pietrabbondante, non conosci la N’docciata di Agnone, non hai provato una struggente solitudine nelle Gravine di Laterza o se non conosci nemmeno i Riti della settimana santa di Puglia, quelli di casa tua.

Il viaggio più affasciante che può capitarci è, in questa prossimità alla bellezza, nello sfregare la sabbia di Torre dell’Orso tra le dita o nell’abbracciare un albero, nel conoscere l’armonia del Tutto perché, la terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra.

La prima rivoluzione è metterci in ascolto della Natura, opporsi al processo di globalizzazione, che ha fatto arricchire chi era già ricco, in favore di un modello che metta al centro la “differenza” nella Natura come nelle società umane. L’intenzione del Creatore non era di rendere vivibile la terra solamente agli uomini. Siamo stati generati con i nostri fratelli e sorelle a quattro zampe, con le ali, con le pinne e con le foglie ed insieme formiano una grande famiglia.

La bellezza è un principio che deve animare la nostra vita. Questo non significa comprare gli oggetti che la società dei consumi fabbrica, per annebbiare ogni capacità di riutilizzo della mole di rifiuti che produciamo. Vedete gente, là fuori c’è un impero economico all’opera, per mantenerci brutti, drogati, anestetizzati.

L’umanità è inconscia dell’importanza che la bellezza riveste nella vita, né è consapevole delle intime connessioni tra lei come specie e le diverse forme di vita. Un’ecologia che recuperi l’anima non ha sede solo a Torre Guaceto, nelle Gravine di Laterza o nel Parco delle Dune costiere: possiamo recuperare quest’anima con il coraggio di piccole e grandi azioni come quelle di Renata Fonte che la bellezza, l’aveva coltivata negli anni, intensa, giusta e ritmata, come...dev’essere.

Renata nasce a Nardò e da bambina si trasferisce a Chieti, per seguire il padre, funzionario del Ministero della Difesa. Frequenta il liceo classico ma non consegue il diploma, poiché, a diciassette anni, incontra Attilio Matrangola che diventerà suo marito qualche mese dopo (agosto 1968). L’anno successivo Renata dà alla luce Sabrina ed in Sardegna nel 1973, nasce Viviana.

Nel 1980, il marito viene trasferito all’Aeroporto di Brindisi e finalmente Renata torna a casa. Insegna alle scuole elementari di Nardò, studia Lingue e Letterature straniere all’Ateneo leccese, comincia ad impegnarsi nella vita del locale Partito Repubblicano Italiano, diventandone Segretario cittadino e, nelle battaglie civili e sociali di quegli anni per la Tutela di Porto Selvaggio, decide di candidarsi alle successive elezioni.

Dopo anni di assenza di repubblicani, è la prima consigliera ed assessora che il partito vanti a Nardò. Insegna alle scuole elementari, studia Lingue e Letterature straniere, si occupa della crescita delle figlie. Renata scopre che qualcosa non va, che oscuri interessi edilizi si affacciano su Porto Selvaggio e comprende che nel Salento, hanno attecchito cultura e metodi mafiosi nella connivenza politica.

Renata decide di difendere quella Bellezza e chissà quante volte nel farlo avrà pensato alle sue bambine e forse proprio questo pensiero, avrà dato forza ai suoi propositi. La notte del 31 marzo 1984 a trentatré anni, Renata viene ammazzata, nel primo omicidio di mafia del Salento.

Ebbene, quella bellezza di Porto Selvaggio, come quella di ogni angolo del mondo, non apparteneva solo a Renata ma a tutti, cittadini di Nardò, Roma, Vienna, Parigi, Pechino, Oslo, Londra. Ogni giorno decidiamo di proteggere o meno la Bellezza che ci è stata regalata, con le nostre azioni, omissioni, paure e silenzi.

Renata era sì madre, moglie, insegnante ma era prima di tutto, una cittadina che sapeva riconoscere il puzzo della bruttezza, del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità. Pochi come Renata, hanno amato la propria terra, ancora meno quelli che hanno avuto il coraggio di proteggerla ma l’uomo coraggioso, muore una sola volta, il vile, molte, molte volte.

Sembrerebbe che la storia del mercimonio delle nostre bellezze e di questo disinteresse, siano figli di uomini e parole di un altro mondo, arcaico e violento, oscuro e silenzioso ma quella storia, siamo Noi.

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