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A cura di Blog Collettivo

La guerra ucraina tra autocritica e sottovalutazione dell’olocausto

Intervento del professor Mario Carolla sul conflitto

Rispetto alla riflessione del 4 ottobre udi Michele Miraglia (leggi l'articolo), mi viene subito spontaneo condividere le ragioni per le quali i “filo-Putin” siano stati giustamente trattati male dall’autore e anche nell’articolo di “La Repubblica” richiamato. Io da subito, cioè dall’inizio del conflitto ho con decisione condannato l’aggressione russa e il suo criminale pianificatore Putin, che non ha alcuna giustificazione. Senza parlare dei suoi metodi di governo interni che mettono a tacere l’opposizione, metodi che sono liberticidi e rivelatori di un sistema, senza mezzi termini, dittatoriale (anche se il suo popolo non se ne rende conto o fa finta di non rendersene conto in cambio della promessa di un diffuso benessere). 

Condanno Putin e i suoi generali per i crimini di guerra che stanno commettendo. Nello stesso tempo, però, ho anche condannato il comportamento occidentale che attraverso gli Stati Uniti e la Nato, spalleggiate dalla Ue e da altre Nazioni occidentali, sembrano voler accerchiare la Russia nei suoi confini in nome di una necessaria difesa dall’ipotetico nemico. Tanto, senza che si faccia uno sforzo convinto per creare una distensione tra i due mondi (ricordiamoci che dietro la Russia c’è il mondo orientale con simili autarchie) avviando un serio dialogo. Le mie misere condanne non hanno evitato la guerra scoppiata il 24 febbraio c.a., né le ammonizioni dell’Onu che, ancora una volta ha dimostrato la sua insufficienza, come ho scritto e pubblicato sulla mia pagina web: e su www.brindisireport.it nella rubrica “Opinioni” il 21 aprile c.a. 

Riporto qui un passo significativo di quell’intervento:
 “Insufficiente ad evitare le guerre la Società delle Nazioni, sostanzialmente pensata e portata avanti quasi soltanto dai vincitori della I guerra mondiale che avevano sconfitto i grandi imperi autoritari di Germania, Francia, Russia e ottomano; insufficiente si è rivelato e continua a rivelarsi l‘Onu a farlo, perché entrambe hanno un peccato originario che nel caso dell’Onu è apparso grave agli osservatori più attenti sin dalla sua nascita. Tale peccato originario è da attribuire principalmente al tipo di organizzazione che sul nascere si sono data. La Società delle Nazioni era composta da un Segretariato, da un Consiglio e da un’Assemblea. Il Consiglio aveva quattro membri permanenti: Impero britannico, Francia, Italia e Giappone e altri quattro membri eletti dal Consiglio con carica triennale. L’Onu è composto: dall’Assemblea generale, dal Consiglio economico e sociale, (Ecsoc), dal Consiglio di amministrazione fiduciaria, dalla Corte internazionale di giustizia, dal Segretariato e da tante agenzie specializzate in vari campi. Il Consiglio di sicurezza è composto da quindici Stati membri, di cui cinque sono i membri permanenti: Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti con diritto di veto, e i restanti dieci non permanenti vengono eletti a rotazione ogni due anni dall'Assemblea generale. I cinque membri permanenti possono così impedire ogni applicazione delle risoluzioni.                                                                                                         
Come ho osservato sopra, a mio avviso, è proprio in questo tipo di organizzazione delle due strutture sovranazionali che c’è il peccato originale. Esso consiste nel fatto che i vincitori delle due guerre in questi Organismi si sono riservati i ruoli più determinanti nell’applicazione delle decisioni, con la divisione in membri permanenti e membri temporanei e, addirittura nel caso dell’Onu, con la riserva del diritto di veto per alcune nazioni. È facile individuare in tali strutture quanto di più antidemocratico possa esserci, peraltro, ciò comporta una inefficacia della loro azione deterrente delle guerre con la palese conseguenza che lo stesso nome di Organismi sovranazionali sia del tutto inappropriato. A meglio comprendere una tale insufficienza può essere di aiuto anche il nostro articolo 11 della nostra meravigliosa Costituzione. Esso, infatti, fa sostanzialmente due affermazioni: la prima che bisogna ripudiare la guerra come strumento di aggressione, pur riconoscendone l’ammissibilità come guerra difensiva; la seconda che l’Italia può consentire “alla limitazione di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni” promuovendo e favorendo “le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Osservo che la Carta delle Nazioni Unite è del 1945 mentre la nostra Costituzione è stata approvata a dicembre del 1947, pertanto, i nostri Padri costituenti erano perfettamente consci del contenuto delle regole dell’Onu, quindi, anche del diritto di veto per i famosi cinque, ma non hanno indicato l’Onu esplicitamente nell’articolo 11 preferendo parlare di “organizzazioni internazionali” rivolte alla pace. Ovviamente, ritengo che vi siano tanti dubbi costituzionali su come questo articolo successivamente sia stato gestito, a cominciare dall’adesione dell’Italia all’Onu, avvenuta il 14 dicembre del 1955, ben dieci anni dopo la sua istituzione. Altresì, i dubbi costituzionali continuano ad esserci per come continua ad essere gestito l’articolo 11, per esempio, per gli interventi armati a fini di tipo umanitario e per operazioni di polizia internazionale negli altri paesi, oltreché per l’invio di armi a Nazioni belligeranti ritenute alleate, come sta accadendo sotto i nostri occhi in questi nostri giorni.”.
 
Rispettò alla riflessione del 10 ottobre u.s. di Michele Miraglia: “Guerra in Ucraina: "Da non sottovalutare minaccia di olocausto nucleare", devo aggiungere che non ho mai creduto alle cosiddette “pezze a colori” perché nelle condizioni in cui ci troviamo con il mondo diviso in due aree contrapposte sui valori e sui metodi di governo, ma unite solo per la condivisione del “dio danaro”, si deve costruire la pace pazientemente, per fasi lunghe, ma incisive che perseguano l’obiettivo (ne ho parlato nello scritto richiamato sopra).

Ciò può avvenire solo con l’aiuto di un’Organizzazione sovranazionale che non può essere l’Onu di oggi, ma un’Organizzazione che superi il sistema dei veti al fine, non solo di essere capace di far superare agli Stati contendenti le loro controversie, ma anche di far condividere e applicare l’articolo 28 della Dichiarazione dei diritti dell’Uomo, che L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò e proclamò il 10 dicembre del 1948, che recita: “Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possono essere pienamente realizzati.”, essendo la pace un diritto umano fondamentale della persona e dei popoli. In alternativa a ciò, oggi, anche alla luce delle dichiarazioni del Presidente ucraino, Volodymyr Zelens'kyj, che dice di non voler mai trattare con Putin, intravedo solo due strade: una escalation del conflitto che porta con sé l’uso del nucleare, da non sottovalutare come dice Michele Miraglia, e l’altra una pace a discapito della “giustizia”.

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