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Martedì, 19 Marzo 2024
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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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Vivere e morire nel ghetto. L'altra faccia dell'emergenza giovanile

Anche quella di Giampiero Carvone va considerata come una perdita per una città con un grande problema di periferie

BRINDISI – Viveva in una casa parcheggio del quartiere Perrino, era passato dai servizi sociali senza esiti, il padre il 14 novembre dello scorso anno aveva minacciato di darsi fuoco all’interno del municipio chiedendo un posto di lavoro. In tale contesto Giampiero Carvone aveva deviato da quella che viene considerata la retta via, come tanti altri ragazzi delle periferie urbane di Brindisi, nate e strutturate in epoche diverse come dormitori e non come luoghi di convivenza e socializzazione.

Noi pensiamo che la fine di questo ragazzo vada considerata come una perdita, al pari di quella di centinaia di giovani intelligenze che lasciano la città per cercare altrove occasioni di studio e lavoro, perché nessun caso deve essere considerato “inguaribile” dal giudizio comune. Dove sono le pari opportunità che vanno riconosciute a ogni cittadino italiano sin dalla nascita? Dove sono le cure particolari per i casi in cui bisogna recuperare, risanare, risolvere? Non bisogna mai stancarsi di ripetere questa domanda.

Non bisogna dimenticare ciò quando si valutano opportunità di sviluppo e lavoro, perché i processi vanno governati sapendo anche dire no, ma nella consapevolezza che la città ha grandi bisogni che non saranno certo risolti da visioni integraliste e irragionevoli. Tra questi bisogni vi è il recupero sociale delle periferie, che deve procedere modificando anche il rapporto politica-cittadini e istituzioni-cittadini drogato da decenni di sfruttamento elettorale della povertà e dell’emarginazione, e chi è senza peccato, in questa città, scagli la prima pietra.

Ci sono le sfide della ricostruzione della speranza del riscatto personale, che passa attraverso l’integrazione e il lavoro, che non può essere solo quello “privilegiato” nelle società di servizio pubblico spesso – lo abbiamo affermato tante volte – utilizzate come ammortizzatori sociali del post-contrabbando. In condizioni di alta criticità ambientale e a volte anche familiare, si riproducono casi come quello della piccola folla fuori dalla questura, composta da giovani osannanti alle imprese criminose dei coetanei appena fermati.

Non disponiamo in questo momento dei dati che la magistratura minorile aggiorna periodicamente anche per Brindisi, ma la sensazione è che il problema si stia estendendo, amplificato anche dal fatto che si riproduce in una città piccola, dove l’impatto degli episodi non è filtrato da chilometri di distanza tra i quartieri problematici e il centro urbano (del resto, queste distanze ormai sono superate da anni anche nelle realtà metropolitane come Milano, Napoli, Roma, Bari).

Solo in parte, tuttavia, è una questione di ordine pubblico, e non è neppure una pratica burocratica da servizi sociali. È una questione di profondo cambiamento che deve partire evidentemente non dai kindergarten ma da una generale azione coerente di governo della città. Perciò bisogna riflettere attentamente su questo omicidio al quartiere Perrino, sulla tragica fine di un ragazzo socialmente difficile. Spegniamo i social, e gettiamo nella spazzatura le strumentalizzazioni. Giampiero Carvone non ha potuto prendere un treno per andare all’università o a lavorare altrove, e questo è quanto.

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