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A cura di Blog Collettivo

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Aggressioni in città: "Prassi consolidata per mostrare forza e coraggio nel proprio gruppo"

Le riflessioni dello psicologo e psicoterapeuta Vito Brugnola sulle aggressioni sempre più frequenti da parte di bande di ragazzini, nel centro e nelle periferie di Brindisi

Se non è emergenza educativa poco ci manca. Le aggressioni, fenomeni violenti o di piccola delinquenza non sono più casi isolati all'interno della nostra città, ma stanno diventando una prassi consolidata per mostrare la forza e coraggio all’interno del proprio gruppo, riempire serate con un gesto eclatante, colmare l'onor perduto o assaporare una vendetta. Molti casi simili a quello occorso sabato scorso a piazza Vittoria, ai danni di un quindicenne, rimangono nel silenzio delle periferie, nelle piazze nascoste dei quartieri che cercano una distorta identità e rispetto ma, quando ormai la violenza arriva costantemente davanti agli occhi di tutti, a due passi dal "salotto buono della città" e ad opera di giovanissimi, la notizia non può più esser compagna dello scalpore ma deve indurre a profonde riflessioni e cambiamenti. (Nella foto in basso, Vito Brugnola)

Vito Mauro Brugnola-3

Raramente gli atti di violenza sono riconducibili ad un’unica causa: molte volte vi sono interazioni complesse all'interno dei contesti sociali. Durante i periodi di quiete e crescita collettiva vigono fattori protettivi; con la recrudescenza di brutalità e degrado, tali fattori vengono ben presto sostituiti da comportamenti estremi, che rasentano la barbarie. Le pulsioni aggressive fanno parte delle mente umana, ma da quando l'uomo ha deciso di abbandonare la clava e la caverna per l'innato bisogno di aggregazione, certi istinti violenti hanno trovato nella maggior parte degli individui delle funzioni cerebrali di controllo e inibizione. Il substrato culturale, le esperienze precoci a cui si è sempre più esposti, ed il collante sociale possono scatenare determinati pattern comportamentali in ogni individuo, soprattutto negli adolescenti.

Molteplici ricerche dimostrano che laddove ci sono adulti con forti difficoltà nel tollerare le frustrazioni in ambito relazionale si innesca precarietà affettiva all'interno delle famiglie, con una maggiore esposizione ad acting out. I più recenti studi affermano che episodi di violenza rappresentano, da oltre dieci anni, la principale causa di morte per la popolazione giovanile di più basso status sociale. Sebbene la violenza giovanile sia trasversale, essendo presente anche nei tessuti sociali agiati e in chi ha ricevuto una buona educazione, le maggiori situazioni a rischio riguardano adolescenti che vengono avvicinati alla violenza sin dalla tenerissima età. Certamente tra i fattori che predispongono all'aggressività vi è spesso l'abbandono della scuola, la mancanza delle cure primarie, assistere a fenomeni di affiliazioni in cui vigono linguaggi tendenti alla forza, al predominio e al branco. 

Ad esasperare le difficoltà di una corretta crescita psicologica è sopraggiunto lo sdoganamento di contenuti violenti raggiungibili tramite la rete: serie televisive ammiccano alla tracotanza di certi antieroi, video e messaggi esplicitamente brutali vengono scambiati in chat, determinati stili e testi musicali sono imitati dai ragazzi sui propri social, nella speranza di finire in tendenza.
Un intervento che vada in contrasto a queste derive non può che essere multisistemico: è fondamentale il potenziamento delle capacità genitoriali delle giovani coppie, passando da un patto con gli istituti scolastici sempre più in difficoltà ad arginare la “controcultura” del mondo della strada e dei social.

Infine è necessaria la maggior presenza di uno Stato capace di garantire sicurezza, controllo e tutela della collettività, unita da un senso comune di accettazione e identificazione con valori positivi. E’ bene ricordare che dietro un pugno sferrato per attacco c’è sempre la sconfitta non solo dell’autocontrollo dell’offensore, ma anche di buona parte della collettività che non è riuscita ad osservare, intervenire ed educare un aggressore che, non trovando accettabile il vivere collettivo, cerca strade alternative di gratificazione, cadendo in quegli impulsi che devono esser sempre più relegati a qualcosa di disumano.  

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