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A cura di Blog Collettivo

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Trent'anni dopo il caso Tortora, la giustizia ancora in mezzo al guado

Erano le quattro e trenta del mattino del 17 giugno di trent'anni fa quando "sentii bussare la porta. O così, almeno, mi parve perchè stavo dormendo e quel rumore potevo averlo sognato. Ma i colpi, due o tre, brevi e leggeri, si ripeterono. Allora mi alzai, andai verso l'uscio al buio e chiesi: < < Chi è?>>. Risposta: < < Carabinieri>>." E' così che ebbe inizio una delle pagine più tristi ed amare della giustizia nel nostro Paese. Fu l'inizio di una tragedia umana.

Erano le quattro e trenta del mattino del 17 giugno di trent'anni fa quando "sentii bussare la porta. O così, almeno, mi parve perchè stavo dormendo e quel rumore potevo averlo sognato. Ma i colpi, due o tre, brevi e leggeri, si ripeterono. Allora mi alzai, andai verso l'uscio al buio e chiesi: << Chi è?>>. Risposta: << Carabinieri>>." E' così che ebbe inizio una delle pagine più tristi ed amare della giustizia nel nostro Paese. Fu l'inizio di una tragedia umana, quella di Enzo Tortora, che verrà ricordata negli anni, come "il più grande esempio di macelleria giudiziaria all'ingrosso"(Giorgio Bocca).

La fama ed il successo improvvisamente, come in un incubo, lasciarono il passo alla gogna ed al pubblico ludibrio, alle offese, alle condanne senza appello ed il grido di innocenza venne soffocato da una giustizia sorda ed indifferente. Il circo mediatico aveva iniziato il suo macabro spettacolo alla ricerca di immagini che immortalassero uno sguado, una espressione del viso del divo caduto nella polvere. Sono passati trent'anni da quel giorno ma poco o nulla sembra essere cambiato. Sembra che quella vicenda giudiziaria ed umana, che balzò agli onori della cronaca perchè noto era il suo principale attore, al contrario di tante altre che sono rimaste avvolte dall'oblio, non abbia insegnato nulla ed il "sacrificio" di un uomo onesto come Enzo Tortora sia rimasto vano.

Quanti oggi come ieri, nel silenzio del loro anonimato, gridano la loro innocenza ed invocano invano giustizia ristretti in celle anguste e disumane - vergogna del nostro Paese-, vittime di indagini frettolose od omissive, di qualche pubblico ministero innamorato delle proprie tesi d'accusa o di qualche giudice stanco e distratto. Vittime di una giustizia attratta dai riflettori del palcoscenico televisivo e dai flash dei fotografi pronti ad illuminare ed a cristallizzare ogni momento, ogni istante della tragedia che si consuma innanzi ai loro occhi dove tutto diventa spettacolo, il luogo del delitto, l'aula di giustizia, il dramma umano.

L'immagine delle manette che stringono i polsi del malcapitato vengono immortalate e sollevate ben in vista quasi a voler rappresentare la vittoria dello Stato, la vittoria del bene sul male, tutti pronti a stare sul pezzo sbattendo in prima pagina il mostro etichettandolo come il colpevole, l'infame, l'assassino di turno, senza che mai una semplice domanda come quella che si pose Enzo Biagi al cospetto del massacro mediatico al quale fu sottoposto Tortora, attraversi la mente :<< e se fosse innocente!?>>.

Quanti abusi, quanti soprusi, quante ingiustizie vengono commessi nelle aule dei Tribunali penali in "nome del popolo italiano". Il processo penale assume sempre più le fattezze di un mostro kafkiano, capace di annientare la coscienza e la dignità di chi lo subisce, dove l'essere umano perde la propria identità materializzandosi in un fascicolo di carta privo di sentimenti e di anima divenendo solo una pratica da evadere ed un numero per le statistiche.

Parafrasando una frase che è rimasta scolpita nella storia, pronunciata dalla regina Maria Antonietta d'Asburgo mentre, durante la rivoluzione francese, veniva condotta al patibolo tra l'euforia della folla, verrebbe da dire: << O giustizia, quanti crimini vengono commessi nel tuo nome.>>.

Una giustizia bistrattata e malconcia, molto spesso oggetto di scontro politico piuttosto che di sereno e costruttivo confronto, abbisognevole di una riforma radicale e complessiva, non condizionata da veti incrociati dettati da interessi di parte o, peggio ancora, di casta o interventi corsari sull'onda emozionale degli accadimenti di cronaca.

Il ricordo, a distanza di tanti anni, di quella dolorosa e triste vicenda che vide coinvolto Enzo Tortora non deve trasformarsi in una sterile ed arida commemorazione ma deve indurre a riflettere e a porre in essere le riforme necessarie ed ormai improcastinabili, nella convinzione che il sonno della ragione ha generato mostri.

*avvocato, componente Giunta Nazionale Unione Camere Penali Italiane

 

 

 

 

 

 

 

 

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