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Venerdì, 29 Marzo 2024
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A cura di Blog Collettivo

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Una dose quotidiana di violenza per sterilizzare la nostra intelligenza

Questo non è un articolo che vi aggiornerà sulla posizione che avevano assunto i bambini nel sonno. Non vi dirà neanche quanti colpi sono stati inferti, quanto hanno sofferto o altre stronzate del genere. No, perché questo è un articolo che porta rispetto

Questo non è un articolo che vi aggiornerà sulla posizione che avevano assunto i bambini nel sonno. Non vi dirà neanche quanti colpi sono stati inferti, quanto hanno sofferto o altre stronzate del genere. No, perché questo è un articolo che porta rispetto. Rispetto per una donna (un’altra) e due creature (anche loro) che non ci sono più, a cui, mentre voi leggete queste poche righe, è stata tolta anche solo la possibilità di poter aprire gli occhi.

Ma non vi è solo rispetto qui. Sapete come si fa a diventare giornalisti? Lunga gavetta, oramai anche solo impossibile da intraprendere, un esame di Stato e corsi di aggiornamento (uno degli ultimi verteva sulla deontologia). È dura, talvolta passano anche gli scarsi (non indaghiamo troppo), ma è dura. Ma poi, ecco che arriva la realtà, la legge del mercato. Lex mea lux, potrebbero recitare alcune testate.

Eh già, perché un omicidio diventa una sirena e i corpi ancora caldi sono, in fondo, solo carogne in cui infilzare gli artigli. Ed ecco che la deontologia, il tesserino, l’iscrizione all’Albo, il rispetto, l’etica e la pietà si sparpagliano per il luogo del delitto, a brandelli come la mente dell’omicida, come i sogni delle vittime. Gli articolisti (non me ne vogliate, ma il termine “giornalisti” mi risulta una nota stonata) diventano quei bambini che urlano agli angoli delle strade di molti film, per vendere il giornale con la notizia fresca di stampa, sporchi, con una coppoletta rotta e lercia in testa, assieme a quell’aria da Oliver Twist un po’ italo americanizzata.

Vendono i loro titoli pomposi, i loro dettagli macabri, le loro foto di “quando erano felici” e in cambio, più che il nichelino, chiedono di tenersi il posto o di ottenerne uno, e allora sì che avrebbero fatto il colpaccio. Ma la domanda che dobbiamo porci è: perché il direttore, l’editore o chi per lui, compra quella merda, la piazza al centro della pagina, strizzando le altre notizie al lato? Perché, a noi, piace sguazzarci dentro. Siamo maiali che rotolano nel fango di sangue che ogni assassino fornisce alle penne italiane.

Perché ci piace? Perché diavolo vogliamo sapere tutto sulle ultime parole esalate, sulla loro intimità, sulle loro abitudini? Vi fornisco la mia personalissima ipotesi: siamo drogati. Un po’ più su rispetto alle nostre coscienze hanno compreso l’utilità del fornirci la nostra quotidiana dose di violenza. “Una pillola alle dieci e una alle dodici, sig. Bianchi”, “Una anche a lei, sig. Rossi”. In questo modo sfoghiamo molto blandamente le frustrazioni dovute a una vita frustrante: una sega su YouPorn e un bel servizio di cronaca nera della nostra cara Barbara D’Urso, ma anche di Repubblica, Libero, il Corriere della Sera, Porta a Porta, Quarto Grado, Quinta Colonna.

Ci impediscono di pensare, di riflettere sulla condizione dell’uomo nella società odierna, sulla sua miseria, sul deserto che ormai costituisce la sua mente. Intelligenze rese sterili, omologate, impotenti, sedute attorno a una tavola rotonda di peccati umani, in cui l’unica regola per parlare è non pensare, non riflettere. Io mi sono svegliata. Non lascio che mi forniscano più la mia medicina di sesso e sangue.

Preferisco la mia anima e avere la sicurezza che, se mi fossi trovata in quella casa, avrei chiuso gli occhi per non vedere troppo, avrei pianto e, dopo, avrei preso la penna in mano per scrivere nel modo più dolce possibile la scomparsa di una mamma e di due fratelli. Finito l’articolo, avrei desiderato ardentemente di avere una fede, per poterli credere felici, lontani e ignari di questi maiali che sguazzano nel fango.

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