Afghanistan: due parole su come si è arrivati a questo tragico punto
Com’è ovvio che sia, sui Media mainstream e sui Social si continuano ad accavallare freneticamente notizie sull’attuale situazione dell’Afghanistan, ma come spesso accade per le notizie di cronaca, ci si limita all’attualità, trascurando i motivi per cui certi avvenimenti si verificano
Com’è ovvio che sia, sui Media mainstream e sui Social si continuano ad accavallare freneticamente notizie sull’attuale situazione dell’Afghanistan, ma come spesso accade per le notizie di cronaca, ci si limita all’attualità, trascurando i motivi per cui certi avvenimenti si verificano.
Pertanto, se avete cinque minuti da dedicarmi, vi spiego perché, a mio parere, siamo arrivati a questo tragico punto. Iniziamo col dire che la collocazione geografica dell’Afghanistan non ha mai aiutato il Paese, né per il suo sviluppo “interno”, né per le relazioni internazionali che lo hanno afflitto. L’Afghanistan, infatti, si trova al crocevia tra il Medioriente, l’Asia Meridionale e Centrale, cosa che ha fatto sì che, nei secoli, migliaia di popoli migratori lo abbiano attraversato generando un mosaico di differenti gruppi etnici e linguistici; inoltre, per la sua vicinanza al Medioriente, nel 642 fu invaso e conquistato dagli Arabi che vi introdussero la religione Islamica, una religione che prevede la centralità di Allah, ma non dello Stato.
Ciò ha fatto sì che, fino alle soglie del XIX Secolo, l’Afghanistan fosse diviso tra gli Uzbeki – nel nord del Paese – i Persiani all’Ovest e, ad est, l’Impero Moghul ed i Pashtun. Nel corso del XIX Secolo, l’Afghanistan fu vittima di quello che era chiamato “il grande gioco”, lo scontro tra gli imperi Britannico e Russo, entrambi in espansione. I confini dell’attuale Afghanistan, infatti, come è accaduto per quasi tutto il Medioriente, furono decisi da Russia e Regno Unito. Negli anni ’20 del XX Secolo l’Afghanistan riuscì a rompere l’isolamento e stabilì relazioni diplomatiche con gran parte delle principali Nazioni del tempo e la sua politica interna venne fortemente influenzata dalle riforme adottate da Kemal Ataturk in Turchia. Vennero, infatti, introdotte diverse riforme tese a modernizzare l’Afghanistan, sebbene, alcune di queste, come l’abolizione del velo islamico per le donne e l’apertura di un certo numero di scuole “miste”, crearono malcontento in molti capi Tribù e capi religiosi. Malcontento che portò ad una serie di colpi di stato che vanificarono le riforme sociali adottate.
Ciò fino al 1964, quando venne promulgata una nuova Costituzione “liberale” che dava vita ad un Parlamento bicamerale dove, una parte dei membri, veniva eletto dal Popolo. Nacquero così anche i partiti politici, uno in particolare il Partito Democratico Popolare dell’Afghanistan (Pdpa), di ispirazione socialista e filo-sovietico, che, nell’Aprile del 1978, in seguito ad un sanguinoso colpo di stato che lo portò al potere, creò la nuova “Repubblica Democratica dell’Afghanistan”.
Il Pdpa mise in atto una serie di riforme sociali, come la riforma agraria che ridistribuiva le terre al Popolo ed eliminava le “decime” che i braccianti versavano ai latifondisti. I servizi sociali furono garantiti a tutti i cittadini; vennero legalizzati i sindacati e riconosciuto il diritto di voto alle donne. Le leggi religiose furono sostituite con leggi “laiche”, alle donne fu vietato il burka, mentre le bambine poterono ritornare a scuola e non essere più oggetto di matrimoni combinati. Venne anche avviata una campagna di alfabetizzazione e scolarizzazione in tutto il Paese, oltre alla costruzione di cliniche mediche nelle aree rurali.
Questa svolta “a sinistra” del Paese, però, non poteva non preoccupare gli Usa, fortemente impegnati nella “Guerra Fredda” contro i Sovietici. Il Presidente Carter, infatti, per almeno tre motivi: 1 – in funzione “anticomunista”, per dimostrare ai Paesi del Terzo Mondo, che il comunismo non era una scelta vincente; 2 – per cercare un nuovo alleato, in chiave anti-iraniana; 3 – cancellare il ricordo della disfatta vietnamita del 1975; decide di intervenire, attraverso la Cia, fornendo aiuti economici e militari agli oppositori del Pdpa, i mujaheddin islamici.
Nel dicembre del 1979 l’esercito sovietico, su richiesta del capo del Governo afghano, invade il Paese. Questo esacerbò le posizioni Usa che, nel frattempo, erano passati sotto la presidenza del repubblicano Ronald Reagan. Gli Usa – con i loro alleati Sauditi - crearono campi di addestramento in Pakistan per formare ed addestrare i guerriglieri anti regime (che, spudoratamente venivano chiamati “Combattenti per la libertà”, nonostante utilizzassero pratiche violente e disumane, come il taglio delle dita, orecchi, naso e genitali). Come guerriglieri, vennero scelti i “Talebani”, gli studenti delle Scuole Islamiche ai quali si aggiunsero schiere di volontari provenienti da tutto il mondo islamico. Ed è in questo contesto che, per la prima volta viene alla ribalta un giovane ingegnere saudita, Usama Bin Laden che, dopo essere stato addestrato al combattimento ed alla guerriglia, venne inviato in Afghanistan. Usama Bin Laden che, qualche anno più tardi, creerà il gruppo terroristico integralista di al Quaida.
L’Unione Sovietica ritirerà le sue truppe dall’Afghanistan nel 1989, due anni prima del crollo dell’Urss. Nel 1992 i ribelli prendono il controllo della capitale Kabul e proclamano la Repubblica Islamica dell’Afghanistan, anche se, perché arrivino a controllare la quasi totalità del Paese, bisognerà attendere il 1998. Com’è noto, i Talebani instaurano un regime teocratico basato sull’interpretazione fondamentalista delle Shari’a, abrogano ogni forma di rappresentatività democratica (come il Parlamento ed i Partiti) e vietano ogni diritto e ruolo sociale alle donne. Negli stessi anni novanta, nel frattempo, prospezioni geologiche nell’area del Caspio, del Turkmenistan in particolare, rivelano una consistente presenza di petrolio e di gas; cosa che scatena la lotta al coltello tra le compagnie petrolifere internazionali per assicurarsene il controllo.
Ma la zona del Caspio era un area tutt’altro che stabile dal punti di vista geopolitico, quindi, comincia a farsi strada l’idea che l’ideale sarebbe stato costruire una pipeline di circa 1500 chilometri, per portare il petrolio ed il gas caucasici nell’Indiano.
Ma, per raggiungere le coste del Pakistan, si sarebbe dovuto attraversare – da nord a sud – l’Afghanistan. Poiché i maggiori interessati erano gli americani della Unocal (UNion Oil Company of CALifornia), nel 1997, delegazioni di Talebani furono invitate in Texas per negoziare la costruzione della pipeline (Texas dove, Governatore, era quel George W. Bush, che dopo pochi anni sarebbe diventato il Presidente Usa). Un altro aspetto degno di nota è che l’esclusiva per le trivellazioni dei pozzi caucasici era stata aggiudicata alla Società Halliburton, il cui Presidente era Dick Cheney, che sarebbe diventato il Vicepresidente di G.W. Bush (quando si dice il caso….). Le trattative con i Talebani, integralisti e modernofobi, si rivelarono più complesse ed improduttive del previsto e la realizzazione della pipeline stagnava. Arriviamo così al 2001 quando, l’11 settembre, a New York crollano le Torri Gemelle. La colpa dell’attentato viene attribuita ai militanti di al Quaida ed al suo capo, Usama Bin Laden; Bin Laden che aveva la sua base in Afghanistan.
Il Governo G.W. Bush, immediatamente accusa il Governo afghano di voler proteggere Bin Laden e, con questa scusa, solo dopo quattro settimane dai tragici eventi dell’11 settembre, invade l’Afghanistan. Lasciatemi dire che come giustificazione appare un po’ puerile per i tempi veloci in cui la decisione di invadere l’Afghanistan è maturata (se riflettiamo un attimo, concorderete con me che, in quattro settimane, ciascuno di noi non riesce nemmeno ad organizzare le vacanze della famiglia, figuriamoci l’invasione di un Paese straniero distante oltre 1.000 kilometri. Cosa questa che mette in evidenza come i piani di invasione fossero pronti molto tempo prima dell’11 settembre. Va, inoltre, sottolineato che le ricerche di Usama Bin Laden, non iniziarono prima di due mesi dopo l’invasione; quindi? l’urgenza di catturarlo era venuta meno?).
Comunque, gli Usa assumono il controllo dell’area della capitale Kabul ed insediano un nuovo Presidente dell’Afghanistan, Hamid Kharzai che, si noti la combinazione, era un ex consulente della Unocal. Comunque sia, Kharzai in poco tempo riesce a firmare gli accordi con gli Stati limitrofi per la realizzazione della pipeline. Una pipeline che, tuttavia, a causa delle instabilità politiche e della frammentazione tribale del Paese, non verrà mai realizzata. Kharzai rimane al potere fino al 2014, ma nel Paese, nonostante una massiccia presenza di truppe della Nato, la situazione non si stabilizza e continuano focolai di resistenza Talebani. Focolai che, con il ritiro del contingente militare Usa (e, di conseguenza, di quello della Nato), hanno dato forza agli integralisti islamici che, in pochi giorni, stanno riconquistando il Paese mettendolo a ferro e fuoco ed aggiungendo migliaia di morti ai milioni di vite cancellate nel Paese dalla sua formazione.
Qui mi si consenta una breve riflessione sulla politica estera Usa. Il ritiro delle truppe Usa dall’Afghanistan fu voluto da Trump e realizzato da Biden, a dimostrazione che negli Usa non esiste una “destra” ed una “sinistra” ma, piuttosto, un’estrema destra (i Repubblicani) ed una “un po’ meno destra” (i Dem). Tutto ciò mettendo in luce il fallimento dell’occidente nel ricostruire e stabilizzare paesi come l’Afghanistan e confermando come l’interventismo Usa, a dispetto della millantata esportazione delle democrazia, sia sempre stato animato dagli interessi economici.