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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

“Processo Oggiano: mai ricevuto denaro dai Brandi, nessuna pressione per Multiservizi”

Arringa dell'avvocato Fabio Di Bello in Appello: l'ex consigliere comunale imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, chiesta la condanna a sei anni e sei mesi, dopo l'assoluzione del Tribunale. Il penalista ricorda il caso dell'ex Ministro Mannino della Dc e le dichiarazioni del sindaco Mennitti e del pentito Passaseo

BRINDISI – “Vero che l’ex consigliere comunale di Brindisi Massimiliano Oggiano conosceva i fratelli Brandi  e che ha chiesto anche il loro voto in campagna elettorale, ma non è assolutamente corrispondente alla realtà che abbia ricevuto denaro, che fosse a conoscenza dell’esistenza di un gruppo di stampo mafioso e che abbia fatto pressioni sul presidente della Multiservizi”.

L'avvocato Fabio Di Bello-2L’avvocato Fabio Di Bello, difensore dell’imputato, allora eletto in Assise per An , questo pomeriggio ha chiesto ai giudici della Corte d’Appello di Lecce di confermare l’assoluzione dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, affermata dal Tribunale di Brindisi e impugnata dalla Procura. Il pg ha invocato la condanna a sei anni e sei mesi di reclusione per Oggiano, finito sotto processo nel troncone che si riferisce ai rapporti con i fratelli Giovanni e Raffaele Brandi e con Giuseppe Gerardi. Sono tutti a piede libero.

In un’ora, il penalista ha motivato le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado, partendo dalla questione tecnico-giuridica e dal ricordo del caso dell’ex ministro della Dc Calogero Mannino arrestato il 13 febbraio 1995 con accusa identica a quella che il sostituto procuratore Milto Stefano De Nozza ha mosso nei confronti di Massimiliano Oggiano. L’accusa per Mannino venne cancellata dalla Corte di Cassazione: quella è e resta, secondo l’avvocato Di Bello, la chiave di lettura da seguire di fronte alla contestazione di concorso esterno in associazione mafiosa.

In primis, l’elemento psicologico: non c’è stata prova, per Oggiano, né della piena conoscenza dell’esistenza di un sodalizio criminale, quello che la Procura definisce come gruppo Brandi, né tanto meno la volontà di contribuire al programma del gruppo. Anzi. Vi sarebbe stata prova del contrario, stando a quanto ha sostenuto l’avvocato Di Bello nel corso della sua arringa, riprendendo anche quanto sostenuto dal procuratore generale presso la suprema Corte nella requisitoria a carico di Marcello Dell’Utri.

“Nel corso dell’istruttoria dibattimentale non è affatto emerso che Oggiano abbia ricevuto somme di denaro dai Brandi, né a titolo personale né in quanto presunti responsabili del gruppo criminale a loro facente capo, come sovvenzione per la sua attività politica”, ha detto in aula. “L’imputato non ha mai negato di aver chiesto il voto ai Brandi, come ha fatto con altre persone, cosa che avviene durante ogni competizione elettorale, ma quel che rileva è che le elezioni non sono state contaminate in alcun modo”. A sostegno di questo assunto, il penalista ha ricordato le dichiarazioni rese dal pentito Passaseo, cugino di Gerardi: disse non aver votato Oggiano, né di averlo fatto votare ai suoi familiari.

“Questo atteggiamento tenuto dal Passaseo è comprensibile in un'ottica di normali rapporti elettorali e non di consorterie delinquenziali, non fosse altro per il semplice motivo che Gerardi, suo parente, ne sarebbe venuto facilmente a conoscenza”, ha sottolineato Di Bello. Smentite, a giudizio del difensore, le dichiarazioni di Fabio Fornaro, altro pentito: aveva fatto riferimento a una “fornitura di un albergo a Torre Canne attraverso i fondi concessi dalla legge 488” e il Tribunale aveva concluso affermando non solo che si trattasse di “una circostanza appresa de relato, ma anche priva di concreti riscontri processuali.

MULTISERVIZI SEDE-2Quanto, poi, alle elezioni provinciali del ’99 e del 2004 contestate nel capo di imputazione, allora il territorio era  diviso in collegi, la preferenza era espressa crociando un partito politico ed automaticamente quel voto si intendeva dato al candidato di quella forza politica per quel collegio. “Chiunque esprimesse la propria preferenza per il partito di Alleanza Nazionale nel collegio di Brindisi Casale-Paradiso, collegio nel quale era candidato Oggiano, automaticamente votava per quest’ultimo”, ha detto Di Bello. “Per le politiche del 2006, la sua posizione nel cosiddetto “listino” mai avrebbe potuto essere eletto”.

Nei motivi, inoltre, il difensore ha ricordato alla Corte le dichiarazioni rese in aula dall’ex sindaco Domenico Mennitti, dagli ex presidenti dei Consigli comunali Nicola Di Donna e Angelo Rizziello e dal sindacalista Ugl Ercole Saponaro, secondo i quali non c’è mai stata pressione di Oggiano per il caso del licenziamento dalla Multiservizi del più giovane dei fratelli Brandi e per la sistemazione del circo in via Spalato, né il consigliere ebbe all’epoca atteggiamento ostile nei confronti del presidente della partecipata, l’avvocato Cosimo Pagliara che nel processo è parte civile rappresentato dalla penalista Ernestina Sicilia. Tra gli episodi contestati ai Brandi c’è l’incendio dell’auto di Pagliara. Da ultimo è stato ricordato che Oggiano era capogruppo di An e in quanto tale le azioni erano discusse con i vertici del partito, all’epoca affidato al senatore Euprepio Curto, componenti della Commissione Antimafia e che lo stesso consigliere aveva avuto l’incarico di relazionare sullo stato di salute delle società partecipate.

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