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Cronaca

Se nel mondo giocoso dei bambini irrompono i rapinatori veri

Si esce da scuola felici di lasciare finalmente i doveri, mamma e papà aspettano a braccia aperte, si va a fare spese di giocattoli, patatine al McDonald, si è intrepidi di entrare nella piscina piena di palline colorate… poi arriva un uomo con il viso coperto

Si esce da scuola felici di lasciare finalmente i doveri, mamma e papà aspettano a braccia aperte, si va a fare spese di giocattoli, patatine al McDonald, si è intrepidi di entrare nella piscina piena di palline colorate… poi arriva un uomo con il viso coperto e minaccia qualcosa di incomprensibile. Sono tutti stesi per terra. Che succede? Mamma e papà sono spaventati, mi tengono stretto la mano. Non è un gioco, quell’orribile uomo non è un nuovo giocoliere.

Nelle ultime settimane nel nostro territorio brindisino si spargono a macchia d’olio rapine e furti in centri commerciali e negozi: orario scelto dai malviventi pieno giorno. E i bambini, esposti sempre più a questi eventi molto spiacevoli, sono coloro che maggiormente ne rimangono scioccati, indifesi e spaventati. Escono da scuola per andare con i genitori a comprare un gelato, a distrarsi nell’area di intrattenimento del centro commerciale e, invece, si ritrovano ad assistere a qualcosa di tremendo che gioco non è.

Questo deve portarci a riflettere perché ormai i bambini assistono a queste esperienze troppo spesso e ne sono traumatizzati, il negozio diventa luogo d’allarme. La risposta psico biologica del bambino all’evento critico si esplicita in due momenti: iperattivazione e dissociazione; nella prima fase di minaccia c’è allarme, aumenta il battito cardiaco, la pressione sanguigna, la respirazione e il tono muscolare, c’è ipervigilanza, ne consegue pianto e urla. Successivamente, nella dissociazione il bambino si ritrae dagli stimoli del mondo esterno nel suo mondo interno, ha confusione, mette in atto strategie di evitamento, ha coartazione degli affetti.

Nella mente dei più piccoli questi eventi fortemente sgradevoli segnano un trauma, la risposta è paura, terrore, incredulità, incomprensione. I bambini vivono per apprendimento e se imparano che uscire alle 16 del pomeriggio con mamma e papà significa ritrovarsi uomini incappucciati con pistole che minacciano e creano panico, associano, giustamente, l’uscita del pomeriggio a qualcosa di terribile, spaventoso, da evitare. Infatti, essi, per difendersi, metteranno in atto l’evitamento dell’andare al centro commerciale o dell’uscire.

Rivivono ripetutamente l’evento traumatico nei loro pensieri e sono disorientati: se da un parte desiderano andare al negozio o comunque stare fuori casa, dall’altra ne sono impauriti; sono fortemente angosciati. E se un tempo per i bambini stare fuori casa durante la mattina e il pomeriggio, era un diritto, perché di giorno le cose sono prevedibili, controllabili, non succede nulla e se succede si può chiedere aiuto, ora non si possono dare queste rassicurazioni. Non ci sono più orari tranquilli in cui si può fare qualcosa con i bambini.

Le piccole vittime che assistono a questi sgradevolissimi eventi non si sentono protetti neanche dai genitori, che a loro volta ovviamente sono spaventati. Gli stessi genitori sono impreparati nel gestire e spiegare eventualmente cosa è successo, perché l’evento traumatico per definizione è qualcosa che accade al di là delle nostre intenzioni, è imprevedibile. Inoltre, una loro eventuale rassicurazione servirebbe a poco perché in parte non ci credono più di tanto, essendo che non possono anticipare se davvero ci sarà o no un’altra rapina, e poi il bambino ha imparato per associazione che il negozio è un luogo di terrore.

Tutto questo è allarmante! L’esperienza traumatica è tale in quanto la nuova situazione che ci si trova a fronteggiare supera le capacità di dare un senso all’esperienza stessa. In tale prospettiva, l’aspetto psicologico essenziale del trauma è costituito dalla perdita di fiducia che esista un ordine e una continuità nell’esperienza soggettiva. Gli esseri umani, ed in particolare i bambini, hanno bisogno della sensazione di mantenere il controllo, invece – dopo un evento critico – ci si rende conto che ci sono cose che accadono senza poterle controllarle. La vulnerabilità, pertanto, rappresenta il “cuore” della reazione all’evento critico.

Nello sviluppo del bambino la capacità di adattamento ad un mondo sicuro e fiducioso viene meno, cresce il senso della paura e dell’essere spaventati da chiunque e in qualunque momento. Il bamnbino vede il suo mondo non più rosa e variopinto, ma grigio e la minaccia della paura è sempre più presente; non può prevedere e controllare nulla, inizia a credere che “quello che mi accade dipende da quello che faccio”; “se mi comporto bene non mi accadrà nulla di male”; tende ad attribuirsi queste colpe perché gli dà l’illusione del controllo.

Il bambino si sente impotente, colpevole, in balìa degli eventi, succube, forse anche vigliacco. In particolare, se ha un temperamento insicuro, timido, sempre pronto a giustificare e aiutare anche gli adulti, si sentirà codardo nel non poter dare rassicurazione ai genitori, non all’altezza della situazione, incapace, completamente sopraffatto. Sminuirà se stesso e il mondo, si sentirà terribilmente solo e non potrà contare mai su nessuno. Diversamente se il temperamento del bambino è orientato all’impulso, alla vivacità, potrà acutizzare questi aspetti, con un comportamento aggressivo passivo, o autolesionistico durante l’adolescenza.

Questo è il rischio, purtroppo: infatti, in futuro questi bambini continuamente esposti a eventi traumatici come rapine e furti nei negozi e centri commerciali, possono avvertire stati ansiosi molto significativi, depressioni, cefalee, dolori toracici, disturbi gastrointestinali, cardiovascolari, possono essere particolarmente sensibili alle infezioni, fare abuso di sostanze; compromettere le relazioni sociali e avere difficoltà nella concentrazione.

Il non potersi fidare mai di nessuno, il credere di essere vulnerabili da un momento all’altro, constatare che il mondo non è oggettivamente prevedibile, per un bambino che è in crescita, in evoluzione, è qualcosa di terribile e questi pensieri assolutistici e catastrofici trovano radici nella realtà che vive il piccolo. Solitamente, la maggior parte delle persone si riprende pienamente da un evento di stress fra 6 e 16 mesi, ma per i bambini è molto diverso.  

La capacità di fronteggiare è più scarsa rispetto a quella degli adulti, sono ancora in crescita quelle strutture cognitive ed emotive deputate al riassumere ed elaborare l’evento, per smettere di fare congetture, per accettare quanto accaduto, per non sentirsi in colpa nell’aver scatenato l’episodio traumatico. I traumi precoci, infatti, alterano lo sviluppo del cervello destro che è specializzato per elaborare informazioni socio emotive e gli stati corporei.

Un modo per rassicurare e tranquillizzare i bambini dopo che hanno vissuto un evento critico non è indubbiamente evitare di uscire o di parlare di ciò che è accaduto, questo intensificherebbe nella mente del piccolo l’immagine della paura. Si può provare a chiedere di esprimere l’emozione di rabbia, tristezza o paura che ha provato subito dopo l’evento e al pensiero di quello che ha vissuto. L’esternare aiuta il bambino a non sentirsi solo e a diminuire il livello di ansia o di depressione; il piccolo si sentirà capito, e sicuro di poter parlare di ciò che sente dentro all’adulto.

Diversamente, se i bambini sono particolarmente piccoli, si può concretizzare l’emozione con immagini o foto di persone che provano rabbia, tristezza o paura. Inoltre, si può chiedere al bambino di descrivere dove avverte fisicamente quell’emozione: al petto, alle braccia, così che avrà un certo controllo e integrazione di emozioni e pensieri con il corpo. Sicuramente essere più accorti ai bambini dopo un evento critico, come assistere a rapine in un negozio, parlarne, non troppo, elargire affetto con abbracci e baci, aiuta il piccolo a non sentirsi in colpa, ad avere fiducia nelle figure di cura che lo difendono.

I genitori, scoglio sicuro al quale approdare in caso di paura o di incomprensione di ciò che accade nel mondo esterno, sono modelli promotori di speranza nel bambino che può credere che anche fuori ci sono persone affidabili. Certo la paura resta, ma riconoscerla, e provare a gestirla non da soli, è un passo per provare ad avere fiducia nel mondo e negli altri. I bambini hanno diritto di crescere serenamente e di credere ancora nelle favole.

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