Spaccio nella zona 167, cinque condanne in Appello: pene ridotte
Gli imputati ritenuti responsabili di cessioni di droga nella periferia di Francavilla Fontana: riconosciuta la fattispecie della minore entità. Furono arrestati a fine ottobre 2013. Il blitz chiamato Sorella perché così venivano definite le auto dei carabinieri
FRANCAVILLA FONTANA – Spaccio di droga nella zona 167 di Francavilla Fontana, dove secondo la Procura esisteva una rete di pusher tutti residenti nella zona: l’accusa è stata confermata in Appello nei confronti di cinque ragazzi, con notevoli riduzioni di pena dopo il riconoscimento della fattispecie di “minore entità” su cui avevano puntato i difensori.
Gli imputati sono: Daniele Di Palmo, condannato a due anni e sei mesi (in primo grado cinque anni, due mesi e venti giorni) per 19 capi di imputazione, difeso dall’avvocato Daniela d’Amuri; Massimo Di Palmo due anni e due mesi (in primo grado quattro anni e sei mesi), difeso dall’avvocato Ladislao Massari; Francesco Buongiorno otto mesi (in primo grado un anno); Alessandro Pucci un anno e sei cinque mesi (in primo grado due anni e dieci mesi); Pietro Di Summa un anno e quattro mesi (in primo grado due anni, otto mesi e 20 giorni per un capo di imputazione).
La sentenza della Corte d’Appello di Lecce è arrivata nella tarda serata di venerdì scorso, dopo una lunga camera di consiglio, a seguito delle arringhe dei penalisti. I difensori hanno appellato la sentenza, in abbreviato, del gup del Tribunale di Brindisi Valerio Fracassi del 10 ottobre 2013. Il processo scaturisce dall’inchiesta partita in seguito all’arresto di Francesco Buongiorno il 18 ottobre di tre anni prima, a Francavilla Fontana: c’era il sospetto che nei pressi di uno stabile nella zona 167 della città ci fosse “spaccio di sostanze stupefacenti” e venne organizzato un “servizio di appostamento”.
Appena Buongiorno uscì da quel condominio, venne fermato e sottoposto a perquisizione: furono scoperti “otto pezzi di cocaina”, mentre nella sua abitazione vennero trovati “30 grammi di marijuana più un bilancino di precisione”. Dal telefonino cellulare, si legge nelle motivazioni della sentenza di primo grado, emersero una serie di contatti e furono disposte intercettazioni che hanno poi portato a definire la rete dello spaccio. Ascoltando le conversazioni, in diverse occasioni c’era chi lanciava l’allarme nel momento in cui notava le auto dei carabinieri che venivano chiamate “Sorella”. Da qui il nome del blitz che portò agli arresti per spaccio, su richiesta del pubblico ministero Raffaele Casto.
Le indagini furono svolte dai carabinieri del Norm e della compagnia di Francavilla, comandati allora dal tenente Simone Clemente e dal capitano Fabio Guglielmone. I difensori hanno anticipato il ricorso in Cassazione.