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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

“Se fa il mio nome la uccido”. Sul bottino: “Sembrava l’oro di una di 60 anni”

Di Lena riconosciuto dalla fidanzata di un suo amico: "Le ho detto tagliati la lingua". Il latitante Andrea Romano pensava di assaltare un blindato: "Adesso l'apocalisse". E Ferrari si rifiutava di sottoporsi al dna: sue le tracce di sangue sulle vetrine della gioielleria e sui guanti trovati nella Giulietta rubata. Dai guanti anche il profilo genetico di Colaci

BRINDISI – “Tu e la tua ragazza dovete stare zitti, tagliatevi la lingua, non fate il mio nome sennò vi uccido”.

Antonio Di Lena uno dei quattro brindisini arrestati per la rapina nella gioielleria dell’Ipercoop, sarebbe stato riconosciuto dalla fidanzata di un amico ed è lui stesso a riferire il retroscena parlando con Alessandro Coffa l’11 dicembre 2014, sette giorni l’assalto, nella convinzione di non essere ascoltato da altri se non da presenti. Ma a sentire quella conversazione, così come le altre, avvenute nel soggiorno dell’abitazione di Coffa, c’erano gli investigatori impegnati nelle indagini sull’omicidio di Giuseppe Tedesco, avvenuto il primo novembre 2014, quindi un mese prima dell’assalto.

Il collegamento tra l’omicidio e la rapina è temporale, attiene cioè al “quando” i due fatti si sono verificati come è stato ricordato dal gip che ha firmato le ordinanze di arresto così come chiesto dai pm Jolanda Daniela Chimienti e Milto Stefano De Nozza: gli inquirenti avevano intuito che nella sparatoria mortale potevano essere coinvolte le famiglie Coffa e Romano e per questo chiesero l’autorizzazione per le intercettazioni ambientali. Una cimice nascosta nel luogo considerato come il più sicuro, ha svelato parecchio sulla rapina e sulla latitanza di due brindisini, oggi imputati per l’omicidio, Andrea Romano e Alessandro Polito.

Anche il riconoscimento di Di Lena per mano di alcuni dei suoi amici: il giovane “riferiva di essere stato contattato il giorno dopo la rapina da tale ….(c’è il nome di un ragazzo, ndr) il quale gli aveva detto che la propria fidanzata lo aveva riconosciuto nel corso dell’azione criminale”. Probabilmente perché presente in quei momenti di terrore all’Ipercoop. La reazione di Di Lena non si è fatta attendere: “Se tu e la tua ragazza parlate, vi uccido, meglio che vi tagliate quella lingua”.

Sinisi, in quell’occasione, insiste sul bottino considerato magro: “Ci è andata proprio male, sembrava l’oro di una signora di 60 anni”. Gioielli presi in fretta dalle couvette del bancone e dalle vetrine per un valore di centomila euro, stando all’inventario consegnato in sede di denuncia dai titolari del punto vendita.

Nell’azione sarebbero stati ammessi alcuni errori, sempre secondo quando hanno affermato i ragazzi ascoltati in ambientale: Christian Ferrari, per esempio, dice che è stato “tutto in patatrac” e ammette di essersi ferito, di aver perso sangue dopo essersi tagliato e di essere stato costretto a farsi una fasciatura al braccio. Tanto è vero che a suo carico c’è il dna ricavato dalle tracce ematiche repertate dalla Scientifica su alcuni frammenti di vetro trovati sul pavimento.

 Ci sono altre intercettazioni che incastrano Ferrari e sono quelle relative al procedimento penale sulla sparatoria avvenuta in viale Commenda, a Brindisi, il 25 luglio 2015, ai danni di Francesco Protopapa, per la quale ha patteggiato la pena a tre anni di reclusione. Venne arrestato dalla Mobile il 20 ottobre scorso, mentre il 5 ottobre precedente rimase lui stesso ferito in una sparatoria.

Parlando con alcuni familiari, durante i colloqui, fece riferimento alla rapina e raccontò dell’esame del dna chiesto dal pm: “Ho detto no, gli altri invece sì”. Fu il solo a rifiutarsi di sottoporsi ai prelievi chiesti. Il motivo? “Devi considerare dove lo hanno trovato, che dentro la macchina stava, l’ho rubata”. Il prelievo è stato poi disposto dal gip e i risultati delle analisi hanno portato all’attribuzione di quelle tracce di sangue a Ferrari, così come sue sono le impronte trovate sui guanti rinvenuti all’interno dell’auto, un’Alfa Romeo Giulietta rubata a Carovigno il 31 dicembre 2013 a cui era stata apposta una targa di un’altra vettura, rubata anche questa. Dai guanti è stato ricavato anche il profilo genetico di Francesco Colaci.

L'assalto al portavalori. Nell’ordinanza di arresto emerge un altro retroscena che riguarda Andrea Romano intercettato mentre è in auto, un’Audi A 6, e parla con tre persone i cui nomi sono riportati per esteso nel provvedimento di custodia cautelare eseguito a carico di Sinisi, Ferrari, Colaci e Di Lena: “la conversazione risale al 24 febbraio 2015 e Romano riferisce di aver convocato Angiolino, ossia Angelo Sinisi, che con una scusa non aveva aderito all’incontro” perché stava giocando a calcio nonostante la pioggia.

Spiegava ai presenti “l’intenzione di compiere una rapina ai danni di un furgone portavalori e avvisava gli altri della pericolosità dell’azione, nonché delle tecniche eventualmente da porre in essere. Ad agire avrebbero dovuto essere “gli stessi della rapina all’Ipercoop”, centro commerciale che per errore veniva scambiato con Auchan. Romano fa i nomi di “Angiolino, Tonio, Checco e Christian, in tal modo fugando ogni dubbio sul loro coinvolgimento nel colpo del 3 dicembre 2014”.

“Adesso inizia l’apocalisse a Brindisi. Comincio a fare bordello e i ragazzi di adesso li devo mettere da parte. Non devono stare tutti la fuori. Vedi che dobbiamo fare un blindato”. Pensava di entrare in azione con il kalashnikov, due auto più una terza. Ma il problema sarebbe stato legato alla disponibilità della terza vettura: “Loro non ce l’hanno”.

Romano, successivamente, è stato arrestato per l’omicidio Tedesco per il quale è stato chiesto l’ergastolo

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