“Io capo Scu e collaboratore: ho fatto centinaia di nomi di affiliati”
Il pentito Francesco Gravina, alias il Gabibbo, ascoltato come teste nel processo Game Over: "D'Agnano era del gruppo di Campana ed era in contrasto con Fago, cugino di Argentiero legato a Vitale: ci furono attentati, pestaggi in carcere e richieste di soldi"
BRINDISI – “Io ero capo della Sacra Corona Unita, avevo il grado di diritto al medaglione, anche detto quartino, e ho fatto centinaia di nomi di affiliati all’associazione a Brindisi, Tuturano, Mesagne, San Pietro Vernotico, Cellino San Marco e in tutta la provincia: c’erano quelli legati a noi, cioè al gruppo di Massimo Pasimeni, Antonio Vitale, Daniele Vicientino ed Ercole Penna, e quelli invece che stavano con Francesco Campana e Salvatore Buccarella. C’è stato in periodo in cui c’è stata una guerra”.
Alcuni di quei nomi, relativi a presunti affiliati, il pentito Francesco Gravina, alias il Gabibbo, li ha ripetuti questa mattina nell’udienza del processo scaturito dall’inchiesta Game Over su mala, droga ed estorsioni, accuse che portano agli arresti del 18 novembre 2013, come appendice delle indagini tenute a battesimo con il nome di Fire, su una serie di attentati incendiari tra San Pietro e Cellino.
E’ stato citato come teste dal sostituto procuratore Alberto Santacatterina (nella foto), di fronte al quale ha iniziato a rendere dichiarazioni il 27 marzo 2014, data di inizio della collaborazione come lo stesso Gravina ha ricordato senza esitazione, al pari di altre date, come quelle dell’ingresso dell’associazione mafiosa, di episodi e di nomi di brindisini sui quali restano ancora gli omissis, stando ai verbali confluiti nel fascicolo del dibattimento. Il pm, infatti, nel corso dell’esame ha chiesto a Gravina di essere selettivo: “Non tutti sono imputati in questo processo”, ha detto invitando il pentito a riferire di affiliati a San Pietro e a Cellino, per entrambi i gruppi.
Prima di entrare nel merito, ha spiegato al Tribunale presieduto da Gienantonio Chiarelli il suo rango e quante volte è stato arrestato: “Sono finito in carcere cinque volte dal 28 dicembre 2010 al 2013, per associazione mafiosa e omicidio, poi mi hanno messo ai domiciliari per motivi di salute e mi hanno fatto due perizie”, ha detto in videoconferenza dal sito riservato, alla presenza del suo difensore, Monfredo Fiormonti, lo stesso del pentito Vito Di Emidio, alias Bullone, reo confesso di oltre venti omicidi tra Brindisi e provincia. “A San Pietro gli affiliati a Vitale sono Cosimo Candita (imputato, ndr) detto Bombolaro, che ho incontrato tra marzo e aprile 2010 in una macelleria di un affiliato. In quel periodo c’era un guerra: Domenico D’Agnano (imputato) stava dando parecchio fastidio agli impianti fotovoltaici e noi andammo armati e poi c’era Raffaele Renna che con i suoi stava facendo un casino”, ha detto.
“Candita spacciava hashish ma non so quanto ne vendesse né da chi si rifornisse, suo fratello era affiliato a Vicientino”. E poi: “A Cellino ci sono Cosimo Mazzotta, Antonio Miccoli e Alessandro Monteforte”, ha proseguito, per poi essere fermato dal pm il quale ha chiesto se fosse a conoscenza dell’affiliazione di D’Agnano. “Sì, era affiliato a Massimo Delle Grottaglie (ucciso nella faida della Scu, ndr), dopo si avvicinò a Francesco Campana (nella foto)”.
A questo punto ha spiegato al Tribunale degli scontri che, per quanto di sua conoscenza, erano in atto in quel periodo: “C’erano contrasti tra Alessandro Fago e Domenico D’Agnano”. Fago è ritenuto dalla Dda di Lecce vittima di estorsione, contestata a D’Agnano che avrebbe preteso la somma di 50mila euro stando al capo di imputazione, “danneggiando le attività commerciali e gli immobili della famiglia Fago”.
Le ragioni delle ritorsioni, sono state spiegate a seguire, sempre dal pentito Gravina: “Fago era cugino di Francesco Argentiero che era affiliato ad Antonio Vitale. Campana odiava Argentiero anche perché il fratello Antonio Campana era stato picchiato in carcere nel 2004. Fago è venuto a Mesagne per parlare con Ercole Penna (il primo pentito della nuova Scu, ndr) ma Penna non ne voleva sapere perché diceva che Fago si faceva vedere e sentire solo quando aveva bisogno e non dava mai soldi”.
“Per quale motivo Fago voleva parlare con Penna?”. La risposta di Gravina: “Lui (Fago, ndr) si lamentava del fatto che D’Agnano gli chiedeva soldi, me lo disse lo stesso Penna con cui io stavo ogni giorno (il pentito nella foto accanto, il giorno dell'arresto)”.
Prima di Gravina, il pm ha chiesto l’ascolto di un altro pentito, Cosimo Giovanni Guarini, sempre in videoconferenza da un sito riservato, difeso dall’avvocato Sergio Luceri: “A San Pietro Vernotico, c’era Raffaele Renna affiliato a Francesco Campana, mentre a Cellino c’era Cosimino Calò che ho conosciuto nel carcere di Lecce, ed era affiliato a Monteforte”, ha detto il collaboratore di giustizia che ha deciso di passare dalla parte dello Stato nel giugno 2012, dopo essere stato affiliato al gruppo di Penna, Vitali, Pasimeni e Vicientino. Nel periodo in cui quest’ultimo, alias il professore, era latitante, al pari di Tobia Parisi, Guarini ottenne un’elevazione di grado, per sua stessa ammissione.
Anche i verbali di Guarini sono nel fascicolo del dibattimento ma ci sono diverse pagine in bianco a conferma degli omissis che coprono indagini su episodi ancora in fase di accertamento. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati: Cosimo Lodeserto, Giuseppe Guastella, Ladislao Massari, Donata Perrone, Vincenzo Catamo, Alessandra Viterbo, Carlo Carrieri, Fabio Di Bello, Domenico Valletta, Giuseppe De Luca, Enrico Chirivì, David Alemanno, Francesco Santangelo e Claudio Cioce.