“In ospedale per un dolore al petto: morto a casa dopo essere stato dimesso”
La tragedia ieri: un ingegnere dell'Arpa, padre di due figli, è deceduto a distanza di qualche ora. Aveva 39 anni. Denuncia dei colleghi al Tribunale del Malato
BRINDISI – “Forse poteva essere salvato, forse non sarebbe morto dopo essere stato per quattro ore al pronto soccorso dell’ospedale Perrino di Brindisi: lo avevamo accompagnato per un forte e improvviso dolore al petto esteso al braccio sinistro, lo aveva ripetuto più volte, ma nessuno ha disposto una visita cardiologica, l’hanno mandato in ortopedia sostenendo che avesse una periartrite. E’ morto a casa”.
Hanno gli occhi gonfi di lacrime, i colleghi dell’ingegnere dell’Arpa di Brindisi, 39 anni, deceduto ieri pomeriggio nella sua abitazione di Lecce. Era padre di due figli, uno di 12 e l’altro di sette anni, sposato con un avvocato del foro salentino. Chiedono giustizia per una famiglia spezzata all’improvviso e hanno sporto denuncia al Tribunale del Malato, ottenendo l’apertura di una inchiesta interna alla Asl di Brindisi per accertare cosa sia successo dal momento dell’accettazione al pronto soccorso e se il protocollo sanitario sia stato o meno rispettato.
“La rabbia è enorme: siamo qui a parlare di lui che non c’è più, con il tormento di quel maledetto dubbio. Se i medici che lo hanno visitato avessero disposto la visita specialistica e se, prima ancora, avessero chiesto l’analisi degli enzimi, poteva salvarsi?”, chiedono. Sostengono che non ci siano stati esami specifici, quelli che per protocollo vanno eseguiti. Aspetto riferito nell’esposto.
“Qualcuno, adesso, deve spiegare a due ragazzini di 12 e sette anni perché non hanno un padre, per quale motivo da ieri sono orfani, e perché la loro madre è vedova”, dicono al telefono negli uffici dell’Arpa di Brindisi. Qui hanno avuto modo di conoscere quel giovanotto arrivato cinque anni fa, sempre disponibile e di buon umore, estremamente professionale quando era necessario procedere con i campionamenti nel coke depositato sulle banchine di Costa Morena.
“Ieri mattina è arrivato in ufficio, puntuale come al solito, ma attorno alle 8,30 ha detto ad alcuni colleghi di non sentirsi bene: lamentava un dolore al petto e lungo il braccio di sinistra”, raccontano. “Ci siamo preoccupati e per far presto lo abbiamo accompagnato noi al pronto soccorso: avevamo capito che c’era qualcosa che non andava. Abbiamo pensato a un infarto in corso, non si poteva perdere tempo per aspettare l’ambulanza. Ha fatto la trafila dell’accettazione, gli è stato assegnato un codice verde, è stato visitato dal medico di turno e mandato al primo piano in ortopedia. Qui, a quanto pare, gli avrebbero voluto fare un’infiltrazione perché la diagnosi è stata la seguente: periartrite. E sembra che ci sia stata persino confusione se è vero che su un referto c’è scritto braccio sinistro e sull’altro destro”, continua un collega scuotendo la testa.
“A quel punto è sceso per avere il referto e ha dovuto fare di nuovo il giro dell’accettazione. Alle 12 ha ottenuto la documentazione medica, senza che nessuno abbia disposto un esame cardiologico, nonostante lui stesso continuasse a ripetere di avere questo dolore dal petto al braccio sinistro. Anche la moglie, arrivata nel frattempo al pronto soccorso, dopo averlo visto sofferente ha chiesto una visita specialistica, ma il medico di turno avrebbe detto che non ce n’era bisogno. E’ tornato a casa. Ha continuato a stare male, la moglie nel pomeriggio ha chiamato il 118, ma non c’è stato niente da fare. Qualcuno deve dirci cosa è successo. E se ci sono stati errori. Lo chiediamo alla Asl, prima di tutto: risponda al nostro appello”.
La direzione sanitaria della Asl ha già disposto gli accertamenti necessari con acqusizione della cartella che si riferisce al ricovero dell’ingegnere dell'Arpa. Non è escluso che il Tribunale del Malato, a sua volta, sporga denuncia in Procura per indagini sul piano penale. In ufficio, nella sede dell’Arpa, silenzio e lacrime. E quel dubbio martellante.