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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Massaggi a luci rosse, un prof dell’università sotto processo

Giudizio immediato a conclusione dell'inchiesta sul centro di via Grazia Balsamo, a Brindisi: secondo l'accusa i clienti, anche avvocati e commercialisti, pagavano 50 euro a rapporto, a capo dell'associazione un docente di Algebra arrestato il 16 settembre 2015. Intercettazioni telefoniche e immagini come fonti di prova

BRINDISI – Giudizio immediato a conclusione dell’inchiesta su massaggi a sfondo erotico nel centro Peonia Rossa di via Grazia Balsamo, a Brindisi: la Procura ha confermato le accuse mosse nei confronti di un docente dell’Unisalento arrestato il 16 settembre 2015 dagli agenti della Mobile.

Wenchang Chu, il professore cinese-2Il professore Wenchang Chu, 57 anni (nella foto), nato nella Repubblica popolare cinese, residente a Lecce da diversi anni, al punto da essersi perfettamente integrato con il nome italiano di Vincenzo, è ritenuto il  “capo e il promotore di un’associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento, all’induzione e allo sfruttamento della prostituzione di ragazze di nazionalità cinese” da settembre 2013 sino al giorno del blitz.

Furono arrestati anche:  Lijuan Yu, detta Sofia, 52 anni, residente a Lecce, compagna del professore; Haitao Liu, 44 anni, e Liping Wang, detta Franca, 44 anni, marito e moglie, entrambi residenti a Brindisi e titolari del centro Peonia Rossa; Luigi Berrino, 66 anni, di Martano (Lecce);  Jing Dong, 47 anni, residente a Lecce; Haixia Wang, detta Tosca, 42 anni, residente a Lecce; Changyu Zhu, detta Giada, 52 anni, residente a Taranto. Arresti domiciliari per  Yufeng Bai, 52 anni, residente a Lecce e Nicola Massaro, 55 anni, di Taranto.

Le persone arrestate nell'Operazione Peonia Rossa-2-2-2Rimasero a piede libero in cinque, a fronte della richiesta di custodia domiciliare avanzata dal pm: Mariarosaria Boscaini, 43 anni, nata Brindisi e residente a Surbo, responsabile tecnico del centro Ninfea Orientale di Lecce, in possesso dell’attestato di estetista; Luca Brescia, 31 anni, di Taranto; Fabio Natalini, 34 anni, di Mesagne; Maria Rosaria Vapore, 24 anni, nata a Lecce residente a Torre Santa Susanna, responsabile tecnico del centro di Brindisi in possesso del diploma di estetista; Giorgio Zaminga, 58 anni, nato a Melpignano e residente a Brindisi, titolare dell’immobile di via Grazia Balsamo e dell’abitazione di via don Gnocchi in cui abitavano i gestori.

L’inchiesta della Mobile partì da un volantino del centro Peonia Rossa di via Grazia Balsamo, a cui seguirono annunci affidati alle bacheche on line e alla sezione annunci di alcuni quotidiani cartacei del Salento, contenenti inviti rivolti al solo sesso forte per massaggi alla schiena, alle braccia, alle gambe, al petto e ai piedi che venivano offerti nel centro che si trova di fronte alla sede della ripartizione ai Servizi sociali del Comune di Brindisi. Eppure nessuno si accorse di movimenti “strani”, il centro sempre aperto anche 24 ore al giorno, poi l’arrivo dei poliziotti alla fine dell’estate 2013: a settembre le prime osservazioni, a distanza, che portarono a fermare alcuni clienti poi ascoltati.

Quei racconti fecero venire a galla un altro mondo con storie da un lato a forti sfumature sessuali e dall’altro testimonianze di sfruttamento contestate con l’aggravante della “limitazione dei movimenti delle ragazze” a cui sarebbe stato imposto di mangiare all’interno delle strutture, così come di non avere contatti con l’esterno e soprattutto di non parlare con nessuno, meno che mai al telefono. Perché il timore del prof, alias Vincenzo il vecchio di Gallipoli, era di essere scoperti e finire nei guai: “Prendono un interprete e traduco e poi è la fine”. Ancora: “Se mi beccano mi fanno chiudere”.

Operazione Peonia conferenza stampa-2-2-2Nel fascicolo d’inchiesta ci sono anche immagini registrate dalle telecamere piccolissime sulla base delle quali lo stesso gip Maurizio Saso scrisse nell’ordinanza di arresto che quei massaggi nell’arco di una manciata di minuti diventavano altro. Le giovani proponevano, gli uomini accettavano e pagavano in contanti rivolgendosi alla titolare del centro che garantiva la massima discrezione per proteggere la privacy, tanto è vero che quando arrivavano professionisti, come avvocati, commercialisti o docenti, i clienti venivano portati in una stanzetta prima di passare alle camere con doccia e vasca da bagno. Ripresi anche qui.

La prostituzione ci sarebbe stata prima di tutto a Brindisi, dove la preoccupazione era mantenere rapporti di buon vicinato con i residenti, dal momento che in più di qualche occasione c’erano state lamentele per la musica a tutto volume, i rumori molesti e gli asciugamani stesi nel cortile interno: “Adesso che è Natale compra qualcosa da regalare ai vicini, purtroppo con il lavoro che facciamo è meglio non rovinare i rapporti”, dice una certa Alice a Liping. Natale che tra l’altro era un periodo in cui si verificava un aumento dei clienti.

Riprese sono state fatte anche nei centri di Lecce Ninfea Orientale, in via Pozzuolo, in via XXIV Maggio e in via Bruni, nonché in un’abitazione di via vecchia Frigole e a Gallipoli, in via Alfieri, ritenuti luoghi in cui “i componenti dell’organizzazione gestivano l’attività di sfruttamento della prostituzione”

Quanto al volume d’affari, è stato ricostruito dai documenti acquisiti nel corso delle indagini, alcuni trovati persino nei bidoni della spazzatura nei pressi dell’appartamento di Lecce: si poteva arrivare anche a 200mila euro al mese, secondo gli investigatori, tenuto conto del numero di clienti e delle tariffe praticate, pari a trenta euro per massaggi normali  e 50 per le prestazioni sessuali, in gergo chiamate caramelle. Tanto si pagava per un rapporto completo e protetto, il preservativo era offerto dalle ragazze. Tutto messo per iscritto, come le ricevute che sono state trovate presso l’abitazione del professore:

operazione Peonia-2-2-2Parte degli incassi sarebbe stata reinvestita nell’attività per acquistare le materie prime, per sistemare le camere e persino per insonorizzare i materassi: gli agenti ne hanno scoperti alcuni “rivestiti di spugne come intercapedini antirumore”.

Il denaro veniva trasferito in Cina “attraverso l’uso di passaporti esibiti in fotocopia” a cui la coppia di cinesi, gestori del centro Peonia Rossa, faceva affidamento mensilmente avendo “contatti con alcuni dipendenti degli esercizi Money Gram e Sigue”, per i quali “non vi è prova tuttavia della consapevolezza della provenienza illecita delle somme. Bastavano 20-25 euro per affittare un passaporto e procedere all’operazione

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