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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

“Compa’ siamo in bocca a tutta Brindisi per due mocciosi: i latitanti vogliono tremila euro”

Le intercettazioni nel salotto di Alessandro Coffa e di Andrea Romano sospettati dell'omicidio di Giuseppe Tedesco: "Vi scannano". Il rimprovero per la rapina all'Ipercoop consumata quando erano in corso le indagini sul delitto: "Tutta la questura sopra teniamo". Liti sul "pensiero" da dividere

BRINDISI – “Compa’ adesso tutta Brindisi lo sa, è un casino, per bocca di quei due mocciosi scemi: non devono parlare, è stato un errore fare quella rapina con tutta la questura addosso per quella cosa di Alessandro e Andrea. Vi scannano, non ne sapevano niente e vogliono i soldi per la mancanza di rispetto. Il pensiero bisogna darlo”.

Credevano di parlare tra loro, fra le quattro mura del salotto di casa, una settimana dopo la rapina nella gioielleria dell’Ipercoop, quando era Alessandro Coffatrascorso poco più di un mese dall’omicidio di Cosimo Tedesco, morto per le ferite riportate dopo la sparatoria del primo novembre 2014. E hanno parlato anche parecchio Alessandro Coffa, Angelo Sinisi e Antonio Di Lena, convocati dal primo nella sua abitazione a Sant’Elia, piazza Raffaello, “su ordine di Andrea Romano che in quel periodo era latitante al pari di Alessandro Polito, cognato di Francesco Coffa”. (A destra, Alessandro Coffa)

Romano e Polito erano i due brindisini ritenuti sin da subito coinvolti nel fatto di sangue per il quale è ancora in corso il processo con rito abbreviato, nel quale c’è stata richiesta di condanna all’ergastolo essendo state contestate le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi.

Era un momento particolare per la criminalità brindisina, secondo quanto ha scritto il gip nell’ordinanza di arresto eseguita all’alba di oggi perché “Romano e Polito poco avevano gradito un’azione criminale così efferata che aveva avuto come unico effetto quello di stringere le maglie del controllo ad opera delle forze di polizie”. Che avevano visto giusto, a quanto pare, nel monitorare le famiglie Coffa e Romano, arrivando a nascondere una cimice nel posto considerato il più sicuro, a prova di privacy.

Andrea Romano-2L’11 dicembre 2014 Alessandro Coffa chiama a raccolta i ragazzi per rimproverare il gruppo della rapina e per i pm e il gip è questa la conversazione intercettata che vale più di un indizio, praticamente una prova, tanto da definire granitico il quadro a carico degli indagati: Coffa “riteneva di redarguirli per aver posto in essere l’azione nel periodo di latitanza dei due ricercati per omicidio, senza neppure una preventiva comunicazione a Romano (foto a sinistra)”.

Dal canto loro, Sinisi e Di Lena si giustificano sostenendo che “i due latitanti non fossero più a Brindisi”, perché c’era chi sosteneva che fossero in Francia o comunque lontano da casa, e aggiungendo che quella gioielleria non fosse sotto la protezione di nessuno. In altri termini, non avevano pestato i piedi ad altri, né tanto meno avevano mancato di rispetto i grandi.

A quell’incontro non si presentano però Francesco Colaci che risiede al piano superiore nella palazzina in cui vive Coffa e Christian Ferrari che verranno riconvocati il 16 dicembre successivo e solo allora raggiungono il luogo dell’incontro, peraltro portando una bambino piccolo. Condotta indigesta anche questa e Coffa lo dice subito a Sinisi e a Di Lena: “Compà tutta Brindisi lo sa per una bocca di due imbecilli di ragazzini”. Romano, quindi, avrebbe meditato vendetta e la sua rabbia l’aveva affidata a Coffa: “Tu cosa mi devi dire? E’ più il casino che avete fatto, lui vi scanna, adesso quei due si devono chiudere dentro casa”.

Quella vox poluli, vox dei stavano creando troppi problemi: “Rischi così vanno bene, ma poi per due scemi ti metti in bocca a tutti, abbiamo già i casini nostri e poi non te li togli più da sopra”. Coffa quello stesso giorno si rivolge a un altro ragazzo presente nel suo salotto e gli dice: “Vai a trovare questi, addirittura i mocciosi nemmeno il rispetto di venire, li mando a chiamare e non ci vengono”.

Sinisi cerca di spiegare: “Ormai è stata fatta, la mancanza non l’ho fatta a nessuno”, dice parlando al plurale. “Quel negozio non è di nessun amico nostro”. Ma Coffa insiste: “Sandro va adirato per questo fatto, le persone pensano che siano loro”. E Sinisi: “Ma io sono un fratello di Andrea”. Andrea Romano, secondo la lettura che emerge dall’ordinanza di arresto. “Qualsiasi cosa io sono sempre a disposizione, certamente non ci stiamo più incontrando come prima perché lui va scappando ma diglielo”, afferma rivolgendosi a Coffa e all’altro che in quel periodo avrebbero avuto contatti con il latitante. “L’errore è partito da me”, dice alla fine dell’incontro.

Cinque giorni più tardi, a casa di Coffa arrivano Colaci e Ferrari “convocati da Sinisi” e il discorso è solo uno: “la somma di tremila euro da consegnare ai latitanti, come compenso per i danni provocati dalla rapina commessa”. Somma che Sinisi avrebbe consegnato a Coffa, per girarlo al solo Romano, niente invece sarebbe stato dato a Polito, arrabbiatosi di nuovo al punto da scrivere una lettera a Colaci, stando a quanto riferisce quest’ultimo.

A parlare, sempre in salotto, sono Coffa, Colaci e Ferrari i quali arrivano alla conclusione che si sia trattato di un “malinteso sul quel pensiero versato come risarcimento per l’azione che avevano commesso, al quale bisognava trovare un riparo.

Coffa: “Quando è venuto Angiolino (Sinisi, ndr) mi ha detto questi sono per Andrea, non posso poi fare di testa mia e dividere, io glieli mando ad Andrea. Mentre se tu mi dici Andrea e Sandro, io avrei fatto mille e cinque a mia sorella Annarita, mille e cinque a mia sorella Angela, hai capito quello che voglio dirti?.

Quello stesso giorno, all’ora di cena, il discorso viene ripreso a casa di Andrea Romano e anche conversazione viene ascoltata in diretta e riportata nell’ordinanza perché ritenuta di rilievo: “Annari’ là devi battere, sai che devo fare tante cose, perché regalare soldi a questi scemi?”, chiede Angela Coffa. Annarita Coffa risponde: “Si deve fare il pensiero perché si è fatto una cosa che non si doveva fare nel momento in cui stanno scappando”

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