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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Strage della Grottella, il ricordo dei vigilantes uccisi da Di Emidio

Diciassette anni fa l'assalto a due portavalori della Velialpol: furono uccisi tre vigilantes sulla strada tra Copertino e San Donato. Il pentito brindisino condannato a 18 anni è ai domiciliari in una località nota solo al Servizio centrale di protezione

LECCE – Di quel giorno Vito Di Emidio, brindisino, alias Bullone, 50 anni a gennaio, ha riferito i nomi dei partecipanti al gruppo di fuoco e la dinamica, in veste di pentito: era il 6 dicembre 1999, strage della Grottella, assalto a colpi di kalashnikov e bombe a due portavalori, tre vigilantes uccisi. Sono trascorsi 17 anni da allora e ieri per non dimenticare è stata deposta una corona di fiori ai piedi del monumento realizzato nel punto in cui avvenne il massacro, nei pressi del santuario che si trova sulla strada che collega Copertino a San Donato, nel Leccese.

Vito Di Emidio, 'Bullone'Di Emidio (nella foto accanto in una delle ultime presenze in Tribunale, a Brindisi) era uno dei componenti del gruppo di fuoco, usò un kalashnikov dopo aver messo occhiali da sole, come si legge in uno dei verbali relativi agli interrogatori resi dal collaboratore che per quella strage è stato condannato a 18 anni di reclusione, ottenendo il riconoscimento degli sconti di pena come pentito. Diciotto anni per aver ucciso, assieme ad altri, tre guardie giurate che quella mattina stavano facendo il proprio lavoro, trasportando un miliardo di vecchie lire da consegnare agli uffici postali del basso Salento per il pagamento delle pensioni: Luigi Pulli, 52 anni; Rodolfo Patera, 32 anni e Raffaele Arnesano, 37 anni. Tre vigilantes rimasero feriti: Giuseppe Quarta, 38 anni, Claudio Matino 33 e Giovanni Palma, 34.

Per la strage della Grottella sono stati condannati all'ergastolo, fine pena mai  definitiva dal 2007, Pasquale Tanisi, di Ruffano; Antonio Tarantini, di Copertino, e il pastore Marcello Ladu, originario della provincia di Nuoro, indicato da Di Emidio come colui che propose l’assalto al quale presero parte altri due pastori sardi, Pierluigi Congiu e Gianluigi De Pau, cugini, condannati rispettivamente a 27 e 30 anni di reclusione.

Di Emidio decise di passare dalla parte dello Stato subito dopo essere stato arrestato, al termine di un inseguimento lungo la provinciale che collega Brindisi a San Donaci, la sera del 28 maggio 2001. Da allora ha reso dichiarazioni in diversi altri processi tra Brindisi e Lecce ed è stato ascoltato, sempre in veste di pentito, anche dai giudici sardi. I suoi ricordi, sotto forma di ammissione di responsabilità e poi di chiamata in correità di altri uomini indicati come suoi complici, gli hanno consentito di accedere al programma di protezione riconosciuto dallo Stato e di ottenere il beneficio dei domiciliari. L’ex sanguinario Bullone, infatti, è ristretto ai domiciliari in una località segreta nota solo al Servizio centrale di protezione.

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