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Cronaca

Taf Pneumatici, l’inchiesta resta a Brindisi: no al trasferimento a Potenza

Il Tribunale del Riesame rigetta l’istanza degli avvocati dei professionisti per i quali sono state disposte perquisizioni negli studi: il caso sollevato in relazione alla posizione di due giudici non indagati. Ricorso in Cassazione

BRINDISI – L’inchiesta sul fallimento della Taf Pneumatici, società di Ceglie Messapica con partecipazioni in Cina, non approda alla Procura di Potenza competente nel caso in cui siano coinvolti magistrati, sia come indagati, sia come parti lese, ma resta a Brindisi: sarà il pm Raffaele Casto a valutare se ci siano ulteriori gravi indizi di colpevolezza e se siano ravvisabili esigenze cautelari, costituite dal pericolo concreto di inquinamento delle prove se non anche di reiterazione delle condotte contestate, dalla bancarotta fraudolenta, alla corruzione e concussione. Almeno per ora, in attesa che il caso venga sottoposto al vaglio della Cassazione, dopo la pronuncia negativa del Tribunale del Riesame.

La procura di Brindisi

La titolarità del fascicolo rimane nelle mani del pubblico ministero di Brindisi, dopo che il Tribunale  del capoluogo, in funzione di Riesame su misure cautelari “reali” disposte in sede di perquisizioni negli studi professionali di avvocati e commercialisti brindisini, ha rigettato la richiesta discussa dei difensori dei professionisti indagati. I penalisti venerdì scorso hanno discusso davanti al collegio presieduto da Domenico Cucchiara,  per chiedere il dissequestro e quindi la restituzione del materiale acquisito  negli studi lavorativi dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria. In quella occasione sono stati raccolti documenti ritenuti utili per definire alcuni aspetti poco chiari dell’iter seguito dalla Taf, a partire dall’ammissione della società al concordato preventivo per evitare la dichiarazione di fallimento. La Procura di Brindisi ha sempre contestato tale procedura e ha presentato ricorso alla Corte d’Appello di Lecce, ottenendo lo scorso mese di aprile, pronuncia favorevole con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di Brindisi e dichiarazione di fallimento. Con successivo fascicolo per bancarotta fraudolenta.

I finanzieri hanno raccolto materiale sia in formato cartaceo che digitale, elementi  che si aggiungono a quelli già raccolti nel fascicolo nel quale ci sarebbero anche le trascrizioni di intercettazioni e di mail. Il contenuto di tali comunicazioni sarebbe stato tale da portare il pm a ipotizzare dazioni di denaro o altre utilità, sino alla contestazione di condotte corruttive e, alcuni casi, persino concussive tenuto conto della qualifica di pubblico ufficiale rivesta da alcuni degli indagati.

Nelle ipotesi di reato leggibili negli avvisi di garanzia, sono comparsi anche i nomi di due giudici in servizio a Brindisi, pur non essendo indagati, e per questo i legali hanno ravvisato l’esigenza di sollevare dubbi sulla competenza della Procura di Brindisi nella prosecuzione dell’inchiesta, essendo invece quella di Potenza titolare nei casi in cui dovessero essere coinvolti magistrati del distretto. In tal senso c’è stata prima una istanza depositata la settimana scorsa presso la cancelleria del procuratore capo di Brindisi, ma poiché si aspetta ancora la nomina del Csm dopo il pensionamento di Marco Dinapoli, l’istanza è rimasta senza risposta. Da qui la discussione in sede di istanza al Riesame sulla posizione suis generis, certamente particolare, secondo i penalisti dei giudici. Ma il Riesame non ha accolto le doglianze dei difensori i quali, a questo punto, attendono il deposito delle motivazioni per ricorrere in Cassazione.

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