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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

“Garage incendiato per fare un favore ad una ragazza del gruppo”

In due accusati anche di aver dato alle fiamme l'immobile di via Modigliani per vendicare una denuncia tra condomini dopo che un pallone aveva rotto il vetro del portone. Nelle lettere sequestrate: "Mio adorato padre ti sarò fedele così come al nonno", riferimenti alle affiliazioni a Vicientino e a Vitale detto il marocchino. Centonze indicato come "fratello"

BRINDISI – Il garage del condominio di via Modigliani mandato in fiamme per fare un favore a un’amica del gruppo, una  donna che era stata denunciata da alcuni residenti nella palazzina “San Teodoro” dopo che ragazzini avevano rotto le finestre giocando a pallone.

Secondo la Dda di Lecce il piromane altri non sarebbe stato se non Antonio Grassi, detto Totò, brindisino, con l’aiuto di Vincenzo Trono, anche lui residente nel capoluogo, determinati a rendere giustizia – la loro – su richiesta di una giovane che era amica della sorella di Antonio,  l’uno e l’altro incastrati perché ascoltati al telefono. Il che, per l’accusa, equivale a una confessione.

Vincenzo Trono Antonio Grassi-2Grassi raccontava, infatti, che attorno alle 22 di una sera, era il 6 agosto 2013, lui e Vincenzo avevano appiccato il fuoco alla serranda di un locale usando del liquido infiammabile. Ed è sempre Grassi che conferma di essere stato l’autore materiale, mentre l’amico era rimasto seduto sulla moto. A chiedere l’intervento dei vigili del fuoco furono alcuni abitanti, si scoprì subito l’origine dolosa, poi che il garage era di proprietà di Roberto Lacalaprice e successivamente la ragione delle fiamme.

Anche per il movente, determinanti sarebbero le intercettazioni telefoniche, in questo caso la conversazione fra Grassi e Andrea Prutentino perché si faceva riferimento a contrasti che coinvolgevano il proprietario dell’immobile nei rapporti con alcuni dei condomini, sfociati in una denuncia, allegata nell’ordinanza di custodia cautelare. Lacalaprice, infatti, aveva denunciato un suo vicino di casa e sua figlia, per percosse e ingiurie, spiegando che da venti giorni c’erano alcuni ragazzini di età compresa fra 10 e 13 anni che prendevano spesso a pallonate il portone e che una volta era stato rotto il vetro del portone d’ingresso. Per questo motivo li aveva richiamati, ma si era scontrato con le ire di un uomo, lite verbale sfociata in aggressione fisica, a cui avrebbe fatto seguito una discussione accesa con una donna.

Quella denuncia, quindi, doveva essere vendicata in qualche modo, doveva cioè trovare giustizia. Con l’aggravante mafiosa, secondo il gip, perché in tal modo si consolidava il consenso tra la gente e al tempo stesso “diffondere il convincimento che sia opportuno astenersi dall’esercitare il diritto di querela, con conseguente affermazione del potere di intimidazione”.

Cosimo PapaGrassi sarebbe stato anche fra i destinatari di alcune lettere sequestrate dagli agenti, scritte da Cosimo Papa il quale avrebbe mandato messaggi anche ad un altro Antonio, identificato dall’accusa in Antonio Centonze. In una di queste esordisce con “mio adorato padre” per proseguire con manifestazioni di fedeltà a seguito dell’affiliazione. “Io per te e miei fratelli do la vita. Luca (Ciampi, ndr) mi ha raccontato un po’ di cose della nostra famiglia, c’è anche l’amico Ivano (Cannalire, ndr) con cui abbiamo fatto un discorso serio”.

Luca Ciampi, cugino di Grassi, avrebbe scritto anche lui a Centonze chiamando “fratello”, per poi riferirsi a Daniele Vicientino, detto il professore, come “padre” e ad Antonio Vitale, alias il Marocchino come “amato nonno”.

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