A Cisternino una marcia per la pace per ricordare Padre Francesco Convertini
L’Amministrazione comunale di Cisternino rende noto che domenica 22 febbraio si terrà la decima edizione della Marcia per la Pace e per la Solidarietà in memoria del servo di Dio Padre Francesco Convertini, missionario salesiano, di origini cistranesi, distintosi in India per la sua infaticabile opera di evangelizzazione e vicinanza alle popolazioni indigene.
La manifestazione che si snoderà in due tronconi che, partendo simultaneamente da Cisternino e Locorotondo, raggiungeranno contrada “Marinelli”, terra natia di Padre Francesco. Da Cisternino la marcia prenderà il via da Piazza Garibaldi alle 10. Mentre da Locorontondo si partirà da Piazza padre Francesco Convertini alle 9. Alla manifestazione prenderanno parte il sindaco Donato Baccaro e i rappresentanti di diversi Comuni che hanno dato la loro adesione. A conclusione della marcia sono previsti gli interventi di Flavio Lotti, direttore del Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani e di don Pasquale Cristiani, Ispettore dell’Ispettoria Meridionale Salesiana. L’associazione “Padre Francesco Convertini-ProMarinelli”, l’Istituto salesiano “San Giovanni Bosco” di Cisternino e i Comuni di Cisternino e Locorotondo, nonché le relative parrocchie, attraverso la Marcia, sono riusciti nel corso degli ultimi anni a diffondere e promuovere la testimonianza di Padre Francesco, forti della sua causa di beatificazione la cui prossima tappa è il decreto di venerabilità, atteso per il prossimo mese di novembre.
La marcia ha l’intento di ricordare questa figura di uomo del Sud, testimone semplice ed umile del Vangelo. In un momento storico difficile, nel quale le violenze, le persecuzioni, le offese, gli “attentati” alla dignità di esseri umani sono ancora persistenti e visibili, è fondamentale proseguire nell’impegno sul cammino della Pace e della condivisione armoniosa tra i popoli. Padre Francesco Convertini nacque il 29 agosto 1898 proprio in uno dei tipici trulli che caratterizzano il territorio della Valle d’Itria, quell’angolo particolare della Puglia. La sua fu una vita poverissima. Orfano di padre a tre anni e di madre a undici anni, condusse una vita di duro lavoro nei campi e a diciannove anni conobbe anche la guerra, inviato a combattere al Piave. Fatto prigioniero, finì in Polonia, dove ammalatosi di meningite, fu sul punto di morire. Tornato a casa, pensò a farsi una sua famiglia, tant’è che si fidanzò e mise anche firma in finanza, con prima destinazione Trieste, poi Pola ed infine Torino. La sua visita alla Basilica di Maria Ausiliatrice e l’incontro con don Amedei diedero alla sua vita una svolta, mai pensata prima, nonostante la buona educazione religiosa ricevuta sin da piccolo e conservata anche con il passar degli anni. Infatti, innamoratosi delle missioni, entrò nel seminario salesiano “Cardinal Cagliero” di Ivrea e nel 1927 partì in India, dove fece il noviziato, completò gli studi di filosofia e a 37 anni fu ordinato sacerdote. Fu, quindi, inviato a Krishnagar, che da quel momento sarà la sua seconda patria fino alla morte, avvenuta l’11 febbraio 1976, festa della Mamma Celeste, di cui era stato sempre devoto ed alla quale rivolse la sua ultima invocazione “Madre mia, io non ti ho mai dispiaciuto in vita, ora aiutami tu”
La Marcia si svolge sulle sue orme, sulle strade percorse da Padre Francesco quando era in Italia, per testimoniare che il suo messaggio è quanto mai attuale, ci interpella e ci “pro-voca” anche oggi. Lui che aveva avuto grosse difficoltà nello studio, che non era mai riuscito ad imparare bene il bengalese, si fece bengalese, perché parlava la lingua universale dell’Amore che la mamma gli aveva inculcato da piccolo ripetendogli di continuo “Metti amore! Metti amore! Metti amore!”
Father Francis – come affettuosamente lo chiamavano – fu un missionario itinerante, un gran camminatore, tra la persone e con le persone. Krishnagar era una diocesi poverissima con un popolazione costituita per metà da musulmani e per metà da indù ed in cui i cattolici erano davvero una sparuta minoranza. Father Francisis si consacrò alla missione con tutte le sue energie e da buon salesiano seppe farsi amare e conquistò, prima di tutto, la simpatia dei bambini che, sin dai primi giorni lo circondavano in stuolo, ben felici di insegnarli la lingua bengalese ed ai quali non mancava mai di portare qualcosa da mangiare, privandosene in prima persona.
Preferiva andare a piedi e non a cavallo, proprio per aver maggiori occasioni di incontrare persone e di fermarsi a conversare con loro e camminava a piedi scalzi per risparmiare le scarpe e poter così comprare, con i soldi risparmiati, qualcosa da mangiare per la povera gente. Tutte le persone lo sentivano uno di loro, al punto che poteva inoltrarsi nella parte interna delle abitazioni indù, dove a nessuno straniero era permesso di entrare. Padre Francesco con la sua vita ci ha testimoniato che la pace si costruisce con un impegno quotidiano fatto di piccoli gesti e deve tradursi in atti di giustizia ed in gesti di solidarietà, alla portata di tutti e che, quindi, ciascuno di noi può compiere. Quando nel 1974 venne per l’ultima volta in Italia, nonostante la sua malattia e gli inviti a restare, Padre Francesco volle tornare in India “Devo andare – diceva – i miei bambini mi aspettano, hanno bisogno anche delle mie ossa”.