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Cronaca

"A Palmina avrei voluto dire: ti credo"

“Entrano Giovanni ed Enrico e mi fanno scrivere che mi ero litigata con mia cognata. Poi mi chiudono nel bagno mi tappano gli occhi mi mettono lo spirito e mi infiammano”. Sono le parole (video) che Palmina Martinelli, un ‘tronchetto nero di carbone’, con una voce sottile, affidò al magistrato Nicola Magrone che indagava sul suo terribile omicidio, femminicidio si direbbe oggi.

“Entrano Giovanni ed Enrico e mi fanno scrivere che mi ero litigata con mia cognata. Poi mi chiudono nel bagno mi tappano gli occhi mi mettono lo spirito e mi infiammano”. Sono le parole (video) che Palmina Martinelli, un ‘tronchetto nero di carbone’, con una voce sottile, affidò al magistrato Nicola Magrone che indagava sul suo terribile omicidio, femminicidio si direbbe oggi.

Palmina, 14 anni, una ragazzina bellissima, di una bellezza quasi stridente con il degrado in cui la sua famiglia viveva, che si rifiutò di cedere al ricatto di coloro che volevano si prostituisse, è stata ricordata questo pomeriggio a San Pancrazio Salentino, nel santuario di Sant’Antonio alla Macchia, in una manifestazione organizzata da Retinopera Salento nel giorno di San Valentino, per parlare d’amore.

Un amore negato, bruciato, straziato ma non dimenticato. All’incontro di testimonianza di questo pomeriggio hanno partecipato Rino Spedicato, di Retinopera, diverse associazioni di volontariato, l’amministrazione comunale di San Pancrazio Salentino, oltre ai ragazzi delle scuole. Per Palmina non v’è mai stata giustizia.

Al termine di tutti e tre i gradi di giudizio il suo martirio fu ritenuto incredibilmente un suicidio dai giudici che, secondo lo stesso Magrone che sostenne la pubblica accusa (il primo grado si concluse con due assoluzioni per insufficienza di prove), si macchiarono di una colpa gravissima: “Palmina era una cosa troppo piccola” ha detto oggi il magistrato, a 32 anni dai fatti e 30 dal processo.

“Se Palmina fosse stata figlia di un giudice non sarebbe andata così” ha aggiunto. E poi ancora: “Palmina ha pagato per la povertà del suo contesto, per la sua insignificanza economica”. E’ stata uccisa come una strega ha proseguito Magrone nel silenzio della platea quando ha letto le trascrizioni delle ultime parole della vittima di una atrocità medievale.  “Io avrei voluto solo dirle che le credevo. Adesso, a distanza di anni, se tornassi indietro le direi che io credevo a quello che lei raccontava”.

Al pm Magrone fu mossa un’accusa, quella di essere troppo coinvolto: “Io avevo il dovere di appassionarmi a cause come queste. Perché un procuratore della Repubblica non deve stare dalla parte dei prepotenti, ma delle Palmine di tutto il mondo”. Un applauso scrosciante ha sottolineato un racconto sincero ed emozionato che si è concluso proprio con la rievocazione della verità di Palmina, quella verità che è rimasta ‘congelata’ in un registratore e che, pur essendo una verità di fatto, non è mai divenuta una verità processuale.

“Io li conoscevo bene – disse la 14enne parlando dei suoi assassini - andavano al bar e mamma li ha messi sulla buona strada, loro non avevano voglia di lavorare. Mi volevano portare lì, io non ci volevo andare e mi ha detto tu morirai con le mie mani. Ho detto io ammazzami, ma io con te non ci vengo. Allora da quel giorno hanno fatto un sacco di dispetti, lettere. Dicevano che mamma invece di andare a lavorare andava per la strada”.

E infine l’apice del dolore, la disperata aspirazione alla morte che tanto stride con le quattordici primavere vissute:“Ora mi hanno fatto questo sfregio se guarisco mi uccideranno. Ho quindici anni e della vita mi sono stancata. Vorrei soltanto morire nelle braccia di Cristo che mi aspetta”. Per la giustizia Palmina si uccise da sé. La storia è un'altra, come è inciso in un vecchio nastro che fu acquisto agli atti, lì dove c’è ancora la flebile voce di Palmina che “non si capiva neppure da dove venisse – ha riferito Magrone – perché le labbra non si muovevano”.

Ora, alla fine dello scorso anno, la sorella di Palmina Martinelli ha chiesto alla procura di Brindisi la riapertura del processo. Ed è l’unica occasione perché le parole sussurrate della quattordicenne possano finalmente essere prese in considerazione, se anche non dovesse servire più a far pagare il conto ai colpevoli, a dare loro (ufficialmente) un nome oltre che una pena esemplare.

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