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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

“Abbiamo perso centomila euro”: sequestrati quattro chili di droga

Alessandro De Giorgi al telefono con un uomo non ancora identificato, dopo il blitz della Mobile nel garage del rione Paradiso. Lui, Carone e Romano avevano proposto a Palma di dichiararsi responsabile: “Maradona si deve accollare tutto”

BRINDISI – “Ma cosa dici? Abbiamo perso centomila euro e tu mi chiedi chi ti deve pagare?”. Il valore dei quattro chili di droga trovati e sequestrati in un garage del rione Paradiso dagli agenti della Mobile è stato scoperto ascoltando una conversazione a “cornetta alzata” di Alessandro De Giorgi, con un uomo non ancora identificato.

droga garage paradiso-2

Gli arresti e le intercettazioni

De Giorgi, 27 anni, da domenica mattina è in carcere a Brindisi con l’accusa di aver detenuto droga, destinata allo spaccio: si è costituito ai poliziotti della Narcotici, appena sceso dal traghetto proveniente dalla Grecia, così come aveva anticipato al suo avvocato, Daniela d’Amuri, due giorni prima. Venerdì, infatti, gli agenti si sono presentati a casa sua, in piazza Locchi, per notificargli l’ordinanza di arresto firmata dal gip Giuseppe Biondi, su richiesta del pm Simona Rizzo, ma lui non c’era. “E’ fuori per lavoro”, hanno detto i familiari. Lui stesso, subito dopo essere stato contattato, aveva chiamato il legale assicurando che sarebbe rientrato. Così ha fatto.

Le accuse

L’accusa legata alla droga trovata nel garage è stata mossa in concorso con Daniele Romano, 26 anni, brindisino che aveva la disponibilità del box e Francesco Palma, vicino di casa di De Giorgi. Anche Palma, alias Maradona, risulta residente in piazza Locchi, rione Paradiso di Brindisi. Palma il 25 novembre scorso è stato fermato dagli agenti della Mobile per la rapina consumata nella gioielleria Nataly, in viale Aldo Moro, sempre a Brindisi, la mattina del 21 novembre precedente. Dopo due notti trascorse in cella confessò davanti al gip, in sede di interrogatorio di garanzia: “Sono io quello della rapina, ma non ho aggredito nessuno, né la titolare, né la commessa. Non ero armato. Il bottino l’ho buttato in un bidone della spazzatura nella fuga, nel quartiere Bozzano”.

I gioielli rubati, del valore di almeno 60mila euro, ad oggi non sono stati trovati. L’indagato, nel corso dell’interrogatorio, ha ammesso anche di aver tentato la rapina nella gioielleria De Marco, in corso Roma, a Brindisi, la sera del 24 ottobre scorso.

Palma, De Giorgi e Romano, inoltre, sono accusati di aver detenuto una pistola a tamburo modificata, marca Magnum, calibro 380 9mmk, priva di matricola e quindi da considerare arma clandestina. Era nascosta nello stesso garage, assieme a quattro cartucce calibro 38 e cinquanta cartucce calibro 7,65.

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La droga nel sacco dell’immondizia

Quanto alla droga, era stata occultata “in un sacco usato per la spazzatura e in uno zaino, posti sul sedile di un’auto a sua volta appoggiato su un tavolo di legno”. Una parte è stata trovata nella sacca del sedile. Complessivamente: 1,175 chili di cocaina, sotto forma compressa di panetto; 1,010 chili di marijuana in due panetti e 2,378 chili di hashish già confezionata in tre involucri.

Nei confronti di Teodoro Carone, ai domiciliari da venerdì scorso con braccialetto elettronico, è stata contestata la cessione di droga ad altri in almeno sette occasioni.

Romano, come si ricorderà, venne arrestato la sera del 4 ottobre 2017. La mattina c’era stato il blitz degli agenti. I poliziotti lo contattarono mentre era al lavoro, in un supermercato, ma il giovane fece perde le tracce, salvo poi consegnarsi in questura attorno alle 23.50. In quelle ore, inizialmente considerate di sparizione, il ragazzo secondo l’accusa avrebbe incontrato gli altri brindisini, stando ai tabulati telefonici: De Giorgi, Carone e Palma. Tutti e tre – scrive il gip – “mostravano un interessamento particolare alla vicenda dell’arresto di Romano”. Quest’ultimo, sempre stando a quanto è scritto nel provvedimento di arresto, “in una conversazione con un familiare, rappresentava che Maradona, al secolo Francesco Palma, avrebbe dovuto assumersi ogni responsabilità per la droga”. A questo punto, il parente lo interrompe, nel timore di essere intercettati.

Il piano del gruppo

Perché proprio Palma? Perché “era celibe, non legato da relazioni sentimentali, quindi era il soggetto più idoneo allo scopo, tenuto conto che Romano aveva una compagna e in figlio di pochi anni”.

La conclusione, per il gip, è la seguente: “Tutti questi elementi, sorretti dalla logica che non deve mai mancare nell’esaminare le prove, portano a sostenere che De Giorgi, Palma e Carone, probabilmente assieme ad altri, fossero interessati al più che cospicuo quantitativo di droga depositato nel garage”. Il giudice per le indagini preliminari ha ravvisato profili di responsabilità anche nei confronti di Carone, benché “il pm non abbia ritenuto che nei suoi confronti ci fossero gravi indizi di colpevolezza sotto questo profilo”.

“Se può sostenersi che un gruppo di amici voglia aiutare, per puro spirito solidaristico, uno di loro incappato nelle maglie della giustizia, diventa difficilmente sostenibile che tale aiuto si spinga sino a rendersi disponibili ad accollarsi la responsabilità di reati mai commessi, peraltro di notevole gravità, con il rischio di patire lunghe pene detentive”.

Il carcere di Brindisi

Gli altri complici

“Sempre per puro spirito solidaristico, appare difficile – prosegue il gip – spiegare l’assiduità con la quale il gruppo di amici faceva sentire la propria presenza e il proprio sostegno morale all’amico detenuto in carcere, facendo tutto il possibile per non mancare all’appuntamento telefonico con Romano e rendendosi disponibili a vari servizi”. E ancora: “Sotto questo profilo, l’appoggio materiale e morale al detenuto era necessario per sostenere il sacrificio e per impedire che l’eventuale sospetto di abbandono potesse spingerlo a rilevare fatti e nomi compromettenti e quindi per continuare ad assicurarsi la sua omertà”.

Romano non hai fatto nomi. Si è limitato a dire di aver prestato il garage a un amico al quale aveva dato la chiave. Ma sempre, per il gip, “non è pensabile che in così rilevante quantitativo di droga di vari tipi potesse essere appannaggio di un singolo soggetto e non fosse il frutto di un gruppo ben organizzato e inserito nel traffico di droga”.

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