rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Appello Acque Chiare, il pg rincara

BRINDISI - L’accusa conferma le richieste: confisca per le villette del villaggio di Acque chiare e condanna per i quattro imputati. Le parti civili ribattono, puntando ancora una volta sulla buona fede dei proprietari delle case del complesso di contrada Torre Testa che è stato ritenuto da una sentenza di primo grado il frutto di una lottizzazione abusiva.

BRINDISI - L’accusa conferma le richieste: confisca per le villette del villaggio di Acque chiare e condanna per i quattro imputati. Le parti civili ribattono, puntando ancora una volta sulla buona fede dei proprietari delle case del complesso di contrada Torre Testa che è stato ritenuto da una sentenza di primo grado il frutto di una lottizzazione abusiva.

E’ iniziato stamani, a Lecce, il secondo grado del processo principale sulla struttura residenziale che aveva da essere tutt’altro, secondo l’impostazione della procura, accolta dal Tribunale di Brindisi il 14 febbraio scorso quando è stata pronunciata sentenza di condanna.

Un anno e sei mesi a testa per il costruttore Vincenzo Romanazzi e per l’unico notaio imputato, Bruno Romano Cafaro, oltre al pagamento di 30mila euro di ammenda a testa; nove mesi per l’architetto Carlo Cioffi e l’architetto Severino Orsan, oltre a 20mila di ammenda.

Per tutti, la sospensione condizionale della pena, e la condanna in solido al pagamento dei danni alla Regione Puglia, parte civile, alla quale dovranno essere liquidati 15mila euro di spese di costituzione e 50mila euro di provvisionale, con quantificazione rimandata alla sede civile.

Il pg, lo stesso pm che ha sostenuto l’accusa in primo grado, Antonio Costantini, al termine della requisitoria ha solo chiesto una modifica, in eccesso, dell’ammontare delle sanzioni pecuniarie i cui conteggi non sarebbero precisi, oltre ovviamente al rigetto dell’appello di imputati e delle parti civili, i proprietari delle abitazioni che furono sequestrate dalla guardia di finanza del Nucleo di polizia tributaria il 29 maggio del 2008.

Stamani le arringhe di tre avvocati di parte civile, Luca Leoci, Rosario Almiento e Giancarlo Camassa che hanno insistito principalmente sulla buona fede degli acquirenti al momento dei rogiti, sull’esistenza di una truffa in loro danno, reato su cui si sta celebrando un altro processo dinanzi al giudice monocratico di Brindisi.

In appello il nodo della buona fede dei proprietari ha mutato forma e configurazione. Nella motivazione della sentenza di primo grado, infatti, il giudice Francesco Aliffi ha scritto che in ogni caso “tra gli acquirenti o promittenti acquirenti delle unità abitative del comparto C3 vi sono persone che in ragione dell’attività professionale svolta o dei rapporti con gli imputati dovevano necessariamente essere al corrente del progetto lottizzatorio o avevano comunque la concreta possibilità di venirne a conoscenza”.

Ma non tutti. Quindi la questione, ad oggi, è distinguere chi poteva sapere da chi invece era certamente all’oscuro delle irregolarità che invece amministratori, tecnici, notaio e costruttore conoscevano bene.

“Per coloro i quali non ricorre l’elemento probatorio ‘della concreta possibilità di venirne a conoscenza’, nel dubbio dell’ipotesi astratta quindi, il giudice di primo grado sceglie di irrogare comunque la pena della confisca della loro villetta, così quasi abdicando al proprio ruolo di garante dei diritti del cittadino e forse volendo rimettere la questione ai superiori giudicanti, sicuramente terzi ed imparziali rispetto ai valori in campo nella presente vicenda processuale e alle scelte strategiche scarsamente lineari rispetto alla posizione dei terzi acquirenti adottate dall’Ufficio dell’accusa pubblica territoriale”, ha sostenuto l’avvocato Almiento.

Insomma, va distinta la posizione degli “ignari acquirenti” da quanti invece sapevano che la destinazione d’uso dei fabbricati del villaggio era turistico alberghiera e che quindi non si trattava di villette per le vacanze estive, ma a tutti gli effetti di stanze d’albergo. Altro punto trattato quello che riguarda i notai e le loro dichiarazioni.

Il nodo principale, quindi, è la confisca delle case del villaggio che gli intestatari, ormai privati di beni acquistati anche con sacrifici e mutui onerosi (c’è addirittura chi dalla Svizzera ha investito a Brindisi), sperano di vedere revocata dalla sentenza d’appello. Si ritornerà a dibattere di Acque Chiare il 6 febbraio prossimo, per la decisione bisognerà poi attendere qualche altra settimana.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Appello Acque Chiare, il pg rincara

BrindisiReport è in caricamento