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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Arrestato per un reato commesso 21 anni fa, intanto ha cambiato vita, ma deve scontarne tre

FASANO – Arrestato e trasferito in carcere per un reato giudicato diciassette anni or sono. E’ capitato ad un fasanese, tale D. I., 38 anni, operaio, che nel frattempo non ha più commesso reati, lavora onestamente ed ha messo su famiglia. E’ stato arrestato perché a ventuno anni fu coinvolto in una vicenda di droga. Gli investigatori avevano scoperto che era stato arruolato in un gruppo di giovani spacciatori. Fu arrestato, poi rimesso in libertà e nel frattempo il processo ha percorso tutti i gradi. Proprio per questo ora la sentenza è diventata definitiva. D. I. deve scontare tre anni, un mese e ventisette giorni di reclusione. E quindi dev’essere arrestato. E’ la legge.

FASANO – Arrestato e trasferito in carcere per un reato giudicato diciassette anni or sono. E’ capitato ad un fasanese, tale D. I., 38 anni, operaio, che nel frattempo non ha più commesso reati, lavora onestamente ed ha messo su famiglia. E’ stato arrestato perché a ventuno anni fu coinvolto in una vicenda di droga. Gli investigatori avevano scoperto che era stato arruolato in un gruppo di giovani spacciatori. Fu arrestato, poi rimesso in libertà e nel frattempo il processo ha percorso tutti i gradi. Proprio per questo ora la sentenza è diventata definitiva. D. I. deve scontare tre anni, un mese e ventisette giorni di reclusione. E quindi dev’essere arrestato. E’ la legge.

Ma a volte la legge non è giusta. Nel senso che portare in carcere una persona per un reato non grave commesso diciassette anni prima non va nella direzione del recupero di chi ha sbagliato. E peggio ancora, è veramente fuori da ogni logica arrestare e schiaffare in prigione, una persona per un reato commesso in gioventù, senza tenere conto che da allora non ne ha commessi altri, lavora onestamente e si è reinserito nel tessuto sociale. Senza tenere conto che per un errore di gioventù si può trasformare una persona ritornata ad essere onesta in un disperato, con tutte le conseguenze negative che può comportare.

Nei mesi scorsi la stessa sorte era toccata ad un imprenditore di Fasano. Quattordici anni addietro fu trascinato in una vicenda a sfondo sessuale i cui contorni sono sempre stati molto poco chiari. Ma non è questo il problema; non si mette in discussione  se ha commesso o meno il reato di abuso sessuale per il quale è stato condannato a quattro anni di carcere.  Per questo signore si è trattato del primo ed ultimo reato. Un errore di gioventù che giustamente va punito. Ha risarcito anche il danno. Ha iniziato a lavorare mettendo in piedi un’azienda che fattura diversi milioni l’anno e dà lavoro a varie persone. E’ anche uno molto impegnato nel volontariato. Ma la legge è legge. La sentenza è passata in giudicato e per lui non c’è stato nulla da fare. E’ stato rinchiuso in carcere. E’ vero che si tratta di reati gravi per i quali sono stati cancellati tutti i benefici, ma di fronte a casi del genere, a persone che hanno sbagliato in gioventù, che hanno ricostruito la propria esistenza, come non si può dar loro una possibilità di continuare a vivere, a lavorare, pur scontando la pena?

A volte la giustizia questo lo fa. Un infermiere  nei mesi scorsi è stato condannato a sei anni di carcere per avere abusato sessualmente di alcune pazienti con problemi psichiatrici ricoverate nell’ospedale in cui lavora. Ebbene il Tribunale gli ha concesso gli arresti domiciliari in modo che possa continuare a lavorare. E’ solo uno dei tanti esempi che si possono fare. Perché non usare lo stesso metro con l’operaio, con l’imprenditore e con tante altre persone che  vengono chiamate a pagare i loro debiti con la giustizia dopo anni, quando ormai nulla hanno più a vedere, come fossero due identità totalmente differenti, con chi ha commesso il reato? Si dirà che la legge non ammette deroghe ed è uguale per tutti. La gente però qualche dubbio comincia ad averlo.

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