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Cronaca

Società/ Sappiamo esattamente cos'è l'intelligenza? Intanto alleniamola

Per un momento immaginiamoci in compagnia dei nostri amici e, durante uno scambio di opinioni, ci domandiamo quale sia l'animale più intelligente sulla terra. A bruciapelo, cosa risponderemmo?

Per un momento immaginiamoci in compagnia dei nostri amici e, durante uno scambio di opinioni, ci domandiamo quale sia l’animale più intelligente sulla terra. A bruciapelo, cosa risponderemmo? Se nel corso degli anni scolastici abbiamo fatto uno studio pur abbozzato delle teorie evoluzioniste, potremmo dire che l’homo sapiens sapiens è l’animale più intelligente che sia mai esistito. Grattacieli, allunaggi e calcolatori virtuali, chi ci può togliere questa orgogliosa sicurezza di essere i migliori?

Un amico più originale (e più curioso) potrebbe obiettare e rispondere che le api hanno capacità logiche, di convivenza sociale e spaziali, che noi, razza che sta mettendo in ginocchio il pianeta Terra, possiamo solo sognare. Oppure qualcun altro potrebbe controbattere che i formicai vengono scavati con cognizioni apparentemente impossibili da concepire per un insetto che non ha avuto la fortuna di frequentare alcun politecnico degno di nota. Persino la pacata e sottovalutata chiocciola vive tranquillamente la sua esistenza ed intelligentemente evita inutili conflitti bellici con i propri simili, aumentando così le proprie chances di vita.

Insomma, quando parliamo d’intelligenza entriamo in un discorso su cui dobbiamo ammettere di sapere molto poco. Ad oggi, occupandoci di facoltà mentali, esprimiamo semplicemente una valutazione figlia delle correnti teoriche che si sono sviluppate nel corso del ‘900. Il primo scienziato che esplorò la possibilità di valutare in modo preciso la mente umana fu Francis Galton, verso la fine del XIX secolo. Cugino di Charles Darwin, e profondamente influenzato dall'epoca nella quale viveva, era convinto che il nostro cervello avesse una forte componente ereditaria, nella quale si riteneva che l'educazione fosse un’inutile variabile.

Il concetto di quoziente di intelligenza, venne messo a punto nel 1912 dallo psicologo William Stern, ma sarà Robert Yerkes, presidente dell'American Psycological Association, a decretarne il successo e a promuovere la diffusione del Q.I. su larga scala. Alle soglie della prima guerra mondiale sperimentò i vari test sui militari, convinto di poter così contribuire alla vittoria degli Usa nel conflitto.

Oggi, più che sulle misure, la ricerca si concentra sulla natura dell'intelligenza. Molti psicologi si sono occupati di questo problema e ognuno ha proposto definizioni diverse, riconoscendo che non c'è un unico modello omologabile per tutti.

Una spiegazione, che mette quasi tutti d’accordo, vede l'intelligenza come il risultato di abilità cognitive (logica, ragionamento, memoria) combinate ad altri aspetti della personalità, associate dunque alla capacità di concentrazione, alla tenacia ed alla moderazione dell'ansia.
Gli studi attuali, talvolta contraddittori, sembrano convergere sull’assioma che l'intelligenza possa variare col passare del tempo, perché non è unicamente ereditaria, ma è legata all'apprendimento e alla esposizione degli stimoli ambientali.

Se i bambini di una generazione vengono stimolati dalla famiglia e dalla scuola (ed è questo il vero segreto per sviluppare tutto il potenziale intellettivo dei fanciulli), è facile aspettarsi un netto miglioramento della qualità della vita sia individuale che sociale.  Quindi, il classico quoziente intellettivo, al di fuori dei contesti di valutazione clinica, perde di significato secondo Howard Gardner, psicologo alla Harward University (Usa), secondo cui il QI scolastico può essere valido al massimo per il 20%, ai fini del successo lavorativo.

Gardner ha elaborato la teoria delle intelligenze, rivoluzionando la visione tradizionale dell'intelligenza come capacità unica che guida il pensiero logico-matematico. David Goleman, anch’esso psicologo alla Harward University e teorico dell'intelligenza emotiva, ha introdotto un nuovo modo di valutare le nostre doti. Essere geni in un solo campo, in pratica, non serve a nulla. E, soprattutto, non è detto che ci si debba considerare delle menti ottuse solo perché non si sanno fare elaborati conti matematici in un istante. Si può eccellere in abilità logico-matematiche, ma anche in quelle musicali, linguistico-verbali, corporali e cinestetiche, spaziali, interpersonali, intrapersonali e naturalistiche

Come possiamo mantenere od incrementare le nostre capacità col passar del tempo? Il presupposto di base consiste nel seguire uno stile di vita che abbia una buona igiene del sonno, una alimentazione con i corretti nutrienti e momenti di socializzazione contraddistinti dal pensiero positivo (diverso dai sogni ad occhi aperti). Successivamente dobbiamo considerare che, sebbene sia vero che col passare degli anni il numero dei neuroni diminuisce, sono le sinapsi (i collegamenti tra i vari neuroni) le vere responsabili dell’acutezza del nostro cervello.

Dunque, sembra che, per mantenere la nostra mente agile e attiva, basti svolgere con grande attenzione le attività che ci permettono di produrre sinapsi e che stimolano le diverse aree del nostro cervello tramite la produzione di una proteina chiamata neurotrofina. Queste attività consistono in esercizi stimolanti le funzioni mentali (attenzione, concentrazione, memorie, ragionamento, logica, creatività, linguaggio ecc.). Insomma, bisogna assumere un atteggiamento improntato alla “curiosità”, in netto contrasto alla pigrizia mentale, il nemico numero uno del cervello.

Se per i più giovani è necessario leggere, informarsi, ripetere ad alta voce quanto studiato in lunghe sessioni di apprendimento, per i più anziani valgono sempre le stesse regole sopra citate. Alcuni giochi possono aiutare a mantenere un’efficiente stato cognitivo: i giochi della tombola e del bingo contengono diversi elementi che stimolano il cervello, come una buona applicazione per un periodo prolungato. Essendo la concentrazione una dei pilastri fondamentali per il buon funzionamento cognitivo, è opportuno che essa sia in grado di restare attiva il più a lungo possibile (circa 50 minuti, con una naturale inflessione dopo i primi 20-30 minuti),

Quindi, se dopo aver letto questo articolo vi sentite motivati ad oltrepassare i vostri limiti, a mettervi alla prova su vari quesiti o sfide quotidiane, probabilmente state intraprendendo un percorso virtuoso che non potrà farvi che bene. E per premiarvi eccovi un piccolo rompicapo da risolvere semplicemente con un foglio e una matita, risolvendolo non avrete il QI di Einstein ma è un buon inizio:

“Simone compie 11 anni l'11 Novembre 2011, la mattina del suo compleanno alle 11 di mattina ha deciso di dividere la torta in 11 parti (non importa se uguali). Il nonno Carlo sostiene che è possibile ottenere 11 fette di torta con soli 4 tagli. Come deve fare Simone?”. Se vi arrendete potete trovare la soluzione su: https://www.giochicreativi.com

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