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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Assegno falsificato e botte per non pagare le gomme del Cayenne, in aula sfilata di testi

BRINDISI – Il 9 giugno scorso Christian Tarantino, 22 anni, e Antonio Saponaro, 29 anni, entrambi di Cellino San Marco, si presentarono nell’officina di Luigi Renna. “Non sapevi che l’assegno non ti sarebbe stato pagato?”, disse in tono canzonatorio Tarantino a Renna. E prima che il gommista potesse replicare qualcosa fu colpito con un violento ceffone al volto. “Da questo momento – aggiunse Tarantino - mi presenterò qui quando voglio e tu mi dovrai sempre pagare”.

BRINDISI – Il 9 giugno scorso Cristian Tarantino, 22 anni, e Antonio Saponaro, 29 anni, entrambi di Cellino San Marco, si presentarono nell’officina di Luigi Renna. “Non sapevi che l’assegno non ti sarebbe stato pagato?”, disse in tono canzonatorio Tarantino a Renna. E prima che il gommista potesse replicare qualcosa fu colpito con un violento ceffone al volto. “Da questo momento – aggiunse Tarantino - mi presenterò qui quando voglio e tu mi dovrai sempre pagare”.

Questa mattina Tarantino, difeso dagli avvocati Francesco Cascione e Antonio Savoia, è comparso in tribunale. Solo lui, perché Saponaro ha chiesto il rito abbreviato e sarà giudicato a febbraio.  Tarantino era dietro le sbarre. Dal 9 giugno, quando i poliziotti della Sezione rapine ed estorsioni della Squadra mobile di Brindisi lo arrestarono per estorsione e lesioni personali, non ha più lasciato il carcere. Un tipetto tutto particolare, con l’aria del boss, figlio di un dipendente comunale,  che un vigile, teste della pubblica accusa, ha definito “vivace come tanti altri ragazzi con la sua auto”. Una Porsche Cayenne, troppo costosa da mantenere per un giovanotto. Ma lui con il suo amico Antonio Saponaro (cugino di Gianluca Saponaro, ammazzato agli inizi di giugno da un altro giovane che aveva detto basta alle sue angherie), a bordo di quella vettura scorrazzavano per il paese, facendo i prepotenti, sostiene l’accusa nel capo di imputazione.

Dinanzi alla sezione collegiale del tribunale (Perna, presidente giudici Toscani e Testi) è stato ricostruito l’episodio verificatosi, presenti alcune persone,  nel pomeriggio del 9 giugno nell’officina di Renna. Un processo non facile per la difesa perché, come si diceva, l’episodio clou, che portò all’arresto dei due giovani, avvenne alla presenza di testimoni che oggi sono sfilati in aula citati dalla pubblica accusa. Ne mancano altri quattro che saranno interrogati e controesaminati nella prossima udienza.

Qualche giorno prima Tarantino era andato da Renna e aveva chiesto di cambiare le gomme alla sua Cayenne. Il gommista prese nota delle dimensioni delle gomme e disse che avrebbe dovuto ordinarle. E siccome si trattava di gomme costose aveva necessità di un acconto. Il giovanotto si offese, protestò, disse che il gommista non aveva fiducia in lui. Luigi Renna per quieto vivere sorvolò sull’acconto e ordinò le gomme. Appena arrivate telefonò al giovane che si recò in officina e le fece montare al posto di quelle vecchie. Al momento di pagare niente contante, ma un assegno di mille euro. Che portato all’incasso non fu pagato perché la firma sull’assegno non corrispondeva a quella del titolare del conto corrente.

“Conosco sia Renna sia il padre di Tarantino che è dipendente comunale come me – ha deposto questa mattina il vigile urbano -. Andai all’officina di Renna, del quale sono cliente, e chiacchierando mi raccontò delle gomme date al figlio del mio collega e dell’assegno respinto al momento dell’incasso”. Il teste, chiamato a deporre dal pubblico ministero Miriam Jacoviello, ha aggiunto che qualche giorno dopo, incontrando il suo collega gli disse, senza però essere stato incaricato da Renna di farlo, che il figlio aveva preso le gomme e le aveva pagate con un assegno falsificato.

Il fatto che il padre fosse stato informato di quello che aveva fatto, disturbò il giovanotto, il quale assieme a Saponaro si recò nell’officina. Renna dopo avere ricevuto lo schiaffo impugnò un tubo di ferro per difendersi. A quel punto Tarantino gridò al suo amico, rimasto vicino alla Cayenne, di prendere la pistola perché avrebbe “fatto scoppiare la testa a Renna”.

“Vidi Saponaro che cercava qualcosa nel cruscotto della macchina – ha detto in udienza Cristian Renna, cugino del gommista, presente al fattaccio -, ma non so se era realmente la pistola. Aveva la mano dietro la schiena come se nascondesse qualcosa”. Nel frattempo Cristian Renna si allontanò per telefonare ai carabinieri. “Che impiegarono una ventina di minuti prima di arrivare”, ha aggiunto il teste.

Tarantino gridava che avrebbe fatto saltare l’officina con dentro lui e la sua famiglia e che da quale momento tutto ciò che gli serviva lo doveva avere gratis. L’aggressione continuò. Luigi Renna fu picchiato con calci. I due andarono via e il titolare dell’officina telefonò al 113. Quindi salì a bordo della vettura del cugino e si recò in ospedale per farsi medicare (la prognosi fu di quindici giorni) e subito dopo alla Squadra mobile di Brindisi, dove denunciò quello che aveva subìto. In pochi minuti una pattuglia dell’antirapina arrivò a Cellino San Marco e localizzò la Porsche, parcheggiata dinanzi ad un bar. Dentro c’era Tarantino. La vettura fu sequestrata e lui finì in carcere.

La prossima udienza, fissata per il 2 gennaio, sarà dedicata all’ascolto degli altri quattro testi della pubblica accusa e dell’imputato. Mentre il 9 marzo saranno interrogati i cinque testi citati dagli avvocati Francesco Cascione e Antonio Savoia  e saranno fatte le richieste di eventuali altri interrogatori sulla base dell’articolo 507 del codice di procedura penale. Il 16 marzo ci sarà la discussione che inizierà con la requisitoria del pubblico ministero Jacoviello. Quindi parleranno i difensori e nella stessa giornata si dovrebbe avere la sentenza.

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