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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Furto al Coin: dubbi sull’identità dell’autrice, assolta una brindisina

Dichiarato nullo l’atto di ricognizione dell’imputata effettuato in aula. L’episodio risale al 29 giugno 2017

BRINDISI –La responsabile del taccheggio non è stata identificata con certezza. Questo ha portato all’assoluzione di una brindisina di 51 anni (A.A. le iniziali del suo nome) rinviata a giudizio per un tentato furto al negozio Coin di Lecce, commesso il 29 giugno 2017. La sentenza è stata emessa nella giornata di ieri (giovedì 27 febbraio) dal giudice tribunale di Lecce, Stefano Sernia. La donna, difesa dall’avvocato Mauro Durante, doveva rispondere del reato di tentato furto aggravato. Su istanza del legale, è stata processata con rito abbreviato.

Stando alla denuncia sporta all’epoca dei fatti dal titolare dell’attività commerciale, un addetto alla vigilanza si accorse di una cliente che entrò in un camerino portando con sé diversi costumi da bagno. Ritenendo poco plausibile che una donna potesse indossare degli indumenti da uomo, l’operatore la seguì. La cliente, resasi conto di essere monitorata, abbandonò su un ripiano i costumi. Da uno di essi, però, come constatato dal dipendente, era stata rimossa con forza la placca antitaccheggio.

Avvocato Mauro Durante 3-2

L’imputata in quella circostanza non venne identificata tramite l’esibizione dei documenti di identità, poiché ne era sprovvista. Il giudice, nell’udienza del 13 settembre, dispose l’esecuzione di un atto di ricognizione, per verificare se l’autrice del furto fosse in effetti la 51enne A.A.

Nell’udienza svoltasi il 6 giugno 2019, l’addetto alla vigilanza fornì una descrizione fisica dell’autrice del furto, ricordando che la donna riferì di non avere con sé i documenti di identità. La ricognizione formale, inizialmente fissata per il 12 dicembre 2019, si è svolta ieri. In aula erano presenti sia l’imputata che il teste, ossia l’addetto alla vigilanza, che doveva riconoscerla.

Ma l’ufficiale giudiziario, “ignaro dell’atto che doveva compiersi – si legge nella motivazione della sentenza – a richiesta del tribunale se fosse in aula l’imputata, l’ha indicata, così rendendo privo di utilità e attendibilità il successivo atto di ricognizione”. L’avvocato Durante ha infatti eccepito la nullità dell’atto poiché realizzato con modalità non conformi alla disposizioni del Codice di procedura penale. E il giudice ha accolto tale eccezione, dichiarando nullo l’atto di ricognizione.

In assenza della prove certa della responsabilità, dunque, la stessa, già nota alle forze dell’ordine per fatti identici e ricettazione, è stata assolta per non aver commesso il fatto. “Mal si è fatto – rimarca infine il giudice – durante le indagini ad opera della polizia giudiziaria a non compiersene la piena identificazione”.

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