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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Attentati a S.Pietro: chiesti 34 anni per tre dei "nipotini di Riina"

S.PIETRO VERNOTICO - Il pubblico ministero Alberto Santacatterina chiede 34 anni di carcere per tre dei nipotini sampietrani della Scu, devoti del capo dei capi, al secolo Salvatore Riina. La pubblica accusa ha chiesto 18 anni per Alessandro Blasi detto “Big Jim” (29 anni), considerato il capo del sodalizio criminale quasi tutto composto da under trenta; 9 anni per Mario Maglietta (33 anni) e sette per Davide Tafuro (22 anni). Furono arrestati il 20 luglio di due anni fa, con l’accusa di aver messo a ferro e fuoco la città di San Pietro Vernotico.Tutti avevano otenuto il rito abbreviato davanti al gup.

S.PIETRO VERNOTICO - Il pubblico ministero Alberto Santacatterina chiede 34 anni di carcere per tre dei nipotini sampietrani della Scu, devoti del capo dei capi, al secolo Salvatore Riina. La pubblica accusa ha chiesto 18 anni per Alessandro Blasi detto “Big Jim” (29 anni), considerato il capo del sodalizio criminale quasi tutto composto da under trenta; 9 anni per Mario Miglietta (33 anni) e sette per Davide Tafuro (22 anni). Furono arrestati il 20 luglio di due anni fa, con l’accusa di aver messo a ferro e fuoco la città di San Pietro Vernotico.Tutti avevano otenuto il rito abbreviato davanti al gup.

Bruciarono oltre trenta auto, pretesero il pizzo da tutti i commercianti, schedati un ad uno nel libro paga dell’associazione, recapitarono al sindaco Giampietro Rollo due teste di coniglio mozzate il giorno dopo il vertice sulla legalità convocato nel municipio alla presenza del prefetto per volere del primo cittadino e di tutto il consiglio comunale. Tanto per rammentare chi comandava veramente.

L’operazione battezzata “New Fire 2”, fu messa a segno dai carabinieri al comando del colonnello Ugo Sica, su mandato della Dda di Lecce e del procuratore capo Cataldo Motta. I militari scoperchiarono le trame della presunta associazione a delinquere di stampo mafioso, con corredo di retroscena inquietanti. Nodale la collaborazione di Tafuro, le cui rivelazioni avrebbero dato ulteriore solidità ad un impianto accusatorio già assai pesante. Santini bruciati, formula di affiliazione, giuramento, riconoscimento delle gerarchie  interne al sodalizio e soprattutto proposito, fermo a dispetto della giovane età, di impugnare lo scettro della intimidazione solcando intorno, incendio dopo incendio, attentato dopo attentato, il terreno fertile della paura e della omertà.

Sfidando a viso aperto le istituzioni, a tutti i livelli. Dal vigile urbano colpevole di aver multato per sosta abusiva il padre di uno dei loro, al comandante della stazione dei carabinieri, colpevole di avere apostrofato  il boss in erba al momento dell’arresto, per giunta davanti alla madre. Insieme al sindaco, alla giunta e persino il prefetto. Furono loro, secondo l’accusa, a recapitare al primo cittadino Giampietro Rollo e al consigliere comunale Sergio Palma due teste di coniglio mozzate subito dopo il consiglio comunale sulla legalità convocato in municipio.

Così hanno fatto, e non si può dire che da più di qualche parte il fuoco non abbia attecchito. All’atto di coraggio del ragazzo stanco di guerra, ha fatto in qualche caso da contraltare il silenzio ostinato delle vittime. Lo disse stringendosi nelle spalle il numero uno dell’antimafia, sentinella mai stanca di fronteggiare il crimine, Cataldo Motta, nell’annunciare il blitz che aveva dato il via agli arresti: “Mentre Tafuro riferiva di episodi sconosciuti a noi stessi, dando solidità ulteriore al proprio j’accuse, le vittime interpellate dalla procura e dai carabinieri, zittivano, negavano. Eppure avevano pagato e continuavano a pagare il pizzo. Incredibile. Valuteremo se non sia il caso di denunciare queste persone per favoreggiamento”.

Sulle richieste ilgiudice dell'udienza preliminare del tribunale di Lecce è chiamato a decidere entro fine mese, con riguardo agli sconti di pena previsti per l’abbreviato, ma anche di tutte le attenuanti generiche e speciali per il giovane pentito Tafuro.

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