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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Attentati, racket e droga, torna in aula Berat Dia

BRINDISI – Ritorna lunedì mattina in tribunale il processo "Berat Dia" nei confronti dei fratelli Raffaele e Giovanni Brandi, nel quale è coinvolto anche l’ex rappresentante di Alleanza nazionale avvocato Massimiliano Oggiano. Una vicenda di furti, danneggiamenti ed estorsioni in danno di imprenditori agricoli e commerciali per imporre il servizio di protezione e guardiania. Ma anche di favori tra malavitosi e politico: Oggiano all’epoca era consigliere comunale e provinciale. Tra gli episodi più gravi, l’attentato a colpi di Kalashnikov contro l’impianto di ammoniaca della Peritas Srl.

BRINDISI – Ritorna lunedì mattina in tribunale il processo "Berat Dia" nei confronti dei fratelli Raffaele e Giovanni Brandi, nel quale è coinvolto anche l’ex rappresentante di Alleanza nazionale   avvocato Massimiliano Oggiano. Una vicenda di furti, danneggiamenti ed estorsioni in danno di imprenditori agricoli e commerciali per imporre il servizio di protezione e guardiania. Ma anche di favori tra malavitosi e politico: Oggiano all’epoca era consigliere comunale e provinciale. Tra gli episodi più gravi, l’attentato a colpi di Kalashnikov contro l’impianto di ammoniaca della Peritas Srl.

Sedici imputati, alcuni dei quali accusati di associazione mafiosa (la Sacra corona unita). Altri di singoli furti e danneggiamenti e di traffico di sostanze stupefacenti, come i fratelli albanesi Arben e Viktor Lekli, arrivati a Brindisi con l’esodo del 1991 e conosciuti come i “fratelli semaforo”, perché si guadagnavano da vivere regolando il traffico veicolare nel tratto del canale Patri. Oggiano, invece, risponde di concorso esterno in associazione mafiosa.

Gli imputati sono Mario Andriola, 51 anni, di Brindisi; Giovanni Francesco Brandi, 41 anni; Raffaele Giuseppe Brandi, 55 anni; Roberto Brigida, 39 anni; Enrico Colucci, 56 anni, tutti brindisini; Gianfranco Contestabile, 42 anni, di San Pietro Vernotico; Cosimo Gerardi, 39 anni; Giuseppe Gerardi, 40 anni; Vito Ingrosso, 37 anni, brindisini; Arben Lekli, 43 anni; Viktor Lekli, 45 anni, entrambi di Durazzo, residenti a Brindisi; Antonio Lococciolo, 60 anni; Tommaso Marsella, 38 anni; Massimiliano Oggiano, 41 anni, e Andrea Zingarello, 32 anni, tutti brindisini.

Andriola, i fratelli Brandi, i fratelli Gerardi, Colucci, Ingrosso e Lococciolo sono accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso. I due Brandi come promotori e dirigenti, gli altri di partecipi di questo “sodalizio  di tipo mafioso sorto a seguito dei mutati assetti interni alla criminalità organizzata brindisina, e in particolare in sostanziale continuità con l’associazione nota come Sacra corona unita, della quale costituiva emanazione/evoluzione, si avvaleva della forza di intimidazione derivante dalla nota  caratura criminale di Brandi Raffaele, già condannato con sentenza definitiva per partecipazione alla suddetta associazione mafiosa, che riusciva a creare un forte vincolo associativo idoneo a determinare una condizione di omertà e assoggettamento in parte della popolazione, attraverso questa struttura avente carattere armato, poiché nella disponibilità di armi da fuoco micidiali”.

Forza che si estrinsecava, secondo il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lecce, Vincenzo Scardia, anche attraverso i contatti con la politica. E cioè attraverso il legame con Massimiliano Oggiano, al quale, in cambio dei favori che ricevevano, offrivano voti.

Oggiano ha sempre respinto questa accusa, sostenendo la sua amicizia di vecchia data con i fratelli Brandi. Solo amicizia e null’altro. Per cui se li andava a trovare nelle loro case in campagna, anche a tarda sera, era solo per scambiare quattro chiacchiere e mangiare qualcosa di genuino. Secondo il magistrato le cose non stavano proprio così. Ma Oggiano, poiché la sua posizione era piuttosto marginale, fu indagato a piede libero. Gli altri furono arrestati il 10 dicembre del 2007. Fu una bomba. Oggiano coinvolto in questa vicenda fece scalpore. Politico in ascesa, avvocato, sportivissimo.

E fece scalpore anche per l’arresto dei “fratelli semaforo”, due persone molto amate dai brindisini. Trascorrevano tutti i loro giorni, con il sole, il freddo, la pioggia, a regolare il traffico in quel budello che costeggia il canale Patri e immette sulla via Provinciale per Lecce.  In cambio di mance. Secondo l’accusa i due trafficavano in droga. Il loro difensore, avvocato Raffaele Missere, ha cercato in tutti i modi di dimostrare che il denaro accumulato era frutto della vita parsimoniosa condotta dai due. Denaro che in Italia è roba da poco mentre in Albania è una montagna, tanto da consentire ai fratelli Lekli di avviare delle piccole attività lavorative che fruttano molto bene.

Ma per il magistrato inquirente e per il giudice per le indagini preliminari le prove che i due abbiano trafficato in droga assieme ad altri coinvolti in questa inchiesta sono schiaccianti. I due Lekli, come molti altri degli indagati sono in carcere. Ora compariranno lunedì dinnanzi al Tribunale.

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