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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Bancarotta Tubisaldo, arrestati l'imprenditore Bozzetti e la famiglia

BRINDISI – E’ un vecchio sistema, quello di accumulare debiti con il fisco e la previdenza pubblica, e poi abbandonare la società inguaiata per passare ad una nuova. Non prima, però, di avere spremuto bene il limone. Che nel caso della Tubisaldo Eco Industriale Srl di via Alessandro Artom, zona industriale di Brindisi, aveva fruttato circa 3 milioni di euro. Operazione che, tuttavia, in presenza del fallimento della stessa azienda dichiarato il 15 luglio del 2008, è diventata bancarotta fraudolenta in tutte le sue accezioni, e questa mattina è sfociata nell’arresto dell’intera famiglia dell’imprenditore brindisino Antonio Bozzetti, per il quale il gip Antonia Martalò ha disposto la custodia cautelare in carcere. Arresti domiciliari invece per Luigia Micelli, moglie dell’imprenditore, per il figlio Francesco Domenico e per la figlia Fabiana.

BRINDISI – E’ un vecchio sistema, quello di accumulare debiti con il fisco e la previdenza pubblica, e poi abbandonare la società inguaiata per passare ad una nuova. Non prima, però, di avere spremuto bene il limone. Che nel caso della Tubisaldo Eco Industriale Srl di via Alessandro Artom, zona industriale di Brindisi, aveva fruttato circa 3 milioni di euro. Operazione che, tuttavia, in presenza del fallimento della stessa azienda dichiarato il 15 luglio del 2008, è diventata bancarotta fraudolenta in tutte le sue accezioni, e questa mattina è sfociata nell’arresto dell’intera famiglia dell’imprenditore brindisino Antonio Bozzetti, per il quale il gip Antonia Martalò ha disposto la custodia cautelare in carcere. Arresti domiciliari invece per Luigia Micelli, moglie dell’imprenditore, per il figlio Francesco Domenico e per la figlia Fabiana.

La Guardia di Finanza ha chiamato l’indagine Operazione Matrioska proprio per il ricorso ai cambi di società ideati e attuati da Bozzetti, che utilizzava come sponda il resto della famiglia. Il fallimento Tubisaldo e relativa bancarotta fraudolenta hanno lasciato inoltre all’Agenzia delle Entrate e all’Inps il grosso problema di recuperare una somma prossima ai 7 milioni di euro. Cosa che si sta tentando di fare attraverso procedimenti civili. Infatti nel caso del reato di bancarotta, la cui configurazione è stata toccata dal disegno di legge 61 dell’11 aprile 2002, quello che di fatto ha abolito il falso in bilancio, non è prevista la possibilità di un  sequestro equivalente al danno erariale, come per altre circostanze di reato. Quindi l’Inps non potrà avere la certezza di incamerare i 2 milioni 251mila euro che Bozzetti deve all’ente, pur nel caso – scontato – che tale diritto venga riconosciuto dal giudice, perché la procura e il gip non hanno potuto mettere i sigilli ad alcunché.

Per  Antonio Bozzetti, già all’inizio degli anni ’90 accusatore e teste nei processi della Mani pulite brindisina, il gip ha disposto la custodia cautelare in carcere dato il suo ruolo di presunto ideatore ed organizzatore delle operazioni contestate. Delle quali il Nucleo di polizia tributaria e il procuratore capo Marco Dinapoli hanno fornito una ricostruzione sommaria. La Tubisaldo, azienda metalmeccanica del settore carpenteria, era stata abbandonata quando il livello dei debiti era giunto ad un limite pericoloso, ed al suo posto era stata costituita la Plus Service Srl. Un trucco ripetuto per tre volte e fermato dall’indagine resa nota stamani. Gli unici che venivano soddisfatti erano i fornitori, è stato spiegato, ma solo perché servivano alla società di nuova costituzione.

Per reggere il gioco, bisognava dare una giustificazione almeno parziale però ai soldi e ai beni aziendali (automezzi, macchinari, attrezzature) che dovevano sparire prima che accadesse il peggio. La Guardia di Finanza e il consulente tecnico del pubblico ministero Adele Ferraro scoprirono così che il danaro era stato dirottato verso persone della famiglia, classificandolo come anticipazioni ai soci, di cui non vi era traccia dei nomi, oppure come concessioni di credito ai dipendenti (cosa non consentita ad una impresa che non sia una banca) e anche qui senza una traccia di nomi. Nelle poste attive di bilancio era iscritto persino come accertato un credito di 1,5 milioni vantato presso una società terza, anche questa operazione non consentita perché la somma era oggetto di contenzioso e sub-judice.

Altro episodio emblematico, quello della cessione di un ramo d’azienda da Tubisaldo a Plus Service, in cui l’ammontare dell’operazione non viene liquidato attraverso regolari operazioni bancarie, bensì pronta cassa, cioè con una serie di rate dell’importo massimo consentito all’epoca, che era di 12.500 euro. Secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori della polizia tributaria e dal consulente del pm, i fondi distratti ammonterebbero a 1,6 milioni, mentre per i beni si parla di una somma superiore al milione di euro.

L’indagine è cominciata a metà 2008, subito dopo la dichiarazione di fallimento della Tubisaldo e quando la procura ricevette dal giudice fallimentare il fascicolo, essendo stati individuati vari estremi di bancarotta fraudolenta. Il resto dell’indagine è stata tutta effettuata sulle carte e sui documenti contabili disponibili, individuando le lacune, incrociando i dati con i dati richiesti agli istituti di credito. Bozzetti, in fondo, per le sue società non aveva avuto pare molta fantasia: stesse sedi, stessi dipendenti. Gli investigatori non hanno risposto ad altre domande relative all’indagine, per ragioni di riserbo. Ma certamente è stato anche preso in considerazione il particolare non trascurabile di come i bilanci avessero passato le verifiche previste dalle norme sulle società. Comunque domani mattina, nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al giudice delle indagini preliminari, Antonio Bozzetti potrà spiegare la propria versione dei fatti. Lo difende l’avvocato Nicola Massari.

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