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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Banda della 166, sette condanne

LECCE – Sette condanne e cinque assoluzioni: si è concluso così il primo stralcio del processo alla cosiddetta “banda della 166”, un gruppo misto di rapinatori composto da elementi delle province di Brindisi e Lecce, che negli anni dal 2006 al 2008 mise a segno una lunga serie di rapine a distributori di carburanti, esercizi commerciali, ricevitorie e tabaccherie, ma anche abitazioni. Una sorta di wild bunch salentina che aveva una caratteristica mutuata dalle bande del Nord Barese e del Foggiano: i suoi elementi si spostavano a bordo di auto di grossa cilindrata che riuscivano a sganciarsi dalle radiomobili dei carabinieri e dalle volanti della polizia. Sino a quando non scattò l’operazione Challenge, orchestrata dalla procura di Lecce. Una ventina le persone coinvolte, incluse quelle che provvedevano alla logistica, cioè si occupavano delle auto rubate da impiegare nei colpi e della ricettazione in generale.

LECCE – Sette condanne e cinque assoluzioni: si è concluso così il primo stralcio del processo alla cosiddetta “banda della 166”, un gruppo misto di rapinatori composto da elementi delle province di Brindisi e Lecce, che negli anni dal 2006 al 2008 mise a segno una lunga serie di rapine a distributori di carburanti, esercizi commerciali, ricevitorie e tabaccherie, ma anche abitazioni. Una sorta di wild bunch salentina che aveva una caratteristica mutuata dalle bande del Nord Barese e del Foggiano: i suoi elementi si spostavano a bordo di auto di grossa cilindrata che riuscivano a sganciarsi dalle radiomobili dei carabinieri e dalle volanti della polizia. Sino a quando non scattò l’operazione Challenge, orchestrata dalla procura di Lecce e condotta in collaborazione tra le polizia del capoluogo salentino e di Brindisi. Una ventina le persone coinvolte, incluse quelle che provvedevano alla logistica, cioè si occupavano delle auto rubate da impiegare nei colpi e della ricettazione in generale.

Davanti al giudice delle indagini preliminari sono comparse la maggior parte delle persone arrestate e colpite anche dal reato di associazione per delinquere, che hanno scelto il rito abbreviato, procedura che consente uno sconto di pena. Il giudice dell’udienza preliminare Nicola Lariccia ha emesso sentenza di condanna per sette degli imputati, assolvendole invece altri cinque. Le condanne riguardano Luciano Liuzzi, brindisino 34enne con residenza a Squinzano, che ha ricevuto la condanna più pesante, 11 anni; poi c’è il gruppo di Tuturano composto da Daniele Vitale, 34 anni, che ne ha ricevuti 7 di condanna, Vito Sicilia, 28 anni, condannato a 6 anni, Cosimo Bruno, 41 anni, condannato ad un anno e 8 mesi. Le condanne riguardano anche il 45enne luigi Antonio Tursi di Surbo (6 anni), il 26enne Stefano Bascià di Cavallino (2 anni e 10 mesi), il 39enne Leonardo Miccoli di Cavallino (3 anni).

Tra le cinque persone assolte si sono due donne: Carmen Coppola, 28enne di Squinzano, e  Vincenza Coppola, 34enne di Surbo. Poi Santo Sparviero, 46 anni, di Lecce; Fernando Reale, 52 anni, di Sogliano Cavour; Cosimo Palma, 34 anni, di Squinzano. Hanno scelto invece il giudizio ordinario, davanti al collegio della seconda sezione penale del tribunale di Lecce, l’altro Liuzzi, Francesco, brindisino di 41 anni; Luciano e Angelo Balestra, sempre di Brindisi, di 40 e 41 anni; Giuseppe Casilli, 43 anni, di Cellino San Marco; l’anziano Giovanni Buccarella, 84 anni, di Tuturano; quindi la pattuglia salentina composta da Domenico Centocelle, 58 anni di Galatone; Leonardo Costa, 49 anni, di Corigliano d'Otranto, e Alessandro Levante, 34 anni di Trepuzzi.

Al vertice dell’organizzazione c’erano brindisini e tuturanesi: i due fratelli Liuzzi e Vito Sicilia, secondo gli investigatori, ed aveva la stessa struttura, eccetto Centocelle, anche il gruppo che pilotava le attività di ricettazione e di commissione di alcuni colpi, formato dai fratelli Balestra (brindisini) e da Cosimo Bruno di Tuturano. Tutti nel gruppo degli arrestati dell’operazione Challenge, assieme a Daniele Vitale, Leonardo Miccoli, Luigi Tursi, Stefano Bascià e Cosimo Palma. Il principio della fine fu il 23 aprile 2008, quando seguendo la pista di un furgone e di un’auto rubati a Lecce, la squadra mobile salentina assieme ai colleghi della questura di Brindisi giunse ai ricettatori brindisini, scovando anche la famosa Alfa 166 – usata come ariete per le spaccate anche nelle auto concessionarie, alla “barese” – e vari equipaggiamenti della banda, dai passamontagna, ai attrezzi per forzare serrato ire e nottolini, alle centraline elettroniche per avviare le auto da rubare.

La 166 era nascosta nelle campagne di S. Vito dei Normanni, mentre in precedenza gli investigatori avevano localizzato un’altra auto comparsa nelle indagini: un’Alfa Romeo 156 station wagon, bene attrezzata e nascosta in un garage sotterraneo nei pressi della Marina di Casalabate. Entrambe le auto aveva targhe svizzere ed erano state rubate nel Leccese.

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