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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Berlusconi, il carcere e il caso Ciola

Il Fatto Quotidiano stamani titola “Berlusconi può finire in carcere”. Nel suo editoriale Marco Travaglio entra nel merito giudiziario della questione e cita un caso che risale al 2006, quando la Corte di Cassazione respinse il ricorso di un condannato.

Il Fatto Quotidiano stamani titola “Berlusconi può finire in carcere”. Nel suo editoriale Marco Travaglio entra nel merito giudiziario della questione e cita un caso che risale al 2006, quando la Corte di Cassazione respinse il ricorso di un condannato di Sassari che chiedeva i domiciliari, nonostante fosse ultrasettantenne, perché in applicazione della legge Cirielli del 2005(che in realtà è la legge Vitali, parlamentare brindisino del Pdl) avrebbe “potuto” e non "dovuto" godere del beneficio. L’ultrasettantenne insomma restò in carcere.

Ma una vicenda analoga, quasi gemella di quella che riguarda l’ex premier Silvio Berlusconi, ormai pregiudicato, la si ritrova, molto più recentemente, a Ostuni, nel Brindisino. La particolarità? L’ordine di carcerazione fu emesso dalla procura della repubblica di Milano, perché dei giudici di Milano era l’inchiesta.

Veniamo al dunque: Pasquale Ciola, noto avvocato ostunese, aveva 79 anni quando la Cassazione rigettò il ricorso del suo legale. Fu arrestato, nonostante fosse anche affetto da una malattia che ora lo costringe a vivere in una casa di cura. Ha trascorso un anno e mezzo nel carcere di Turi dal 19 febbraio del 2011 fino alla fine del 2012. Era stato riconosciuto colpevole di associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, oltre che riciclaggio, per cui era stato condannato a scontare un residuo di pena pari a 7 anni, 2 mesi e 10 giorni.

Ritennero, all’atto dell’esecuzione della pena, che Ciola, che era uno stimato professionista poi finito nelle maglie di una inchiesta giudiziaria avviata proprio a Milano (lì dove ci sarebbe, secondo Berlusconi, la Procura più rossa d’Italia), fosse socialmente pericoloso. Sebbene la Cirielli fosse in vigore da anni, non gli fu concesso alcun beneficio. Almeno fino a quando non si dimostrò, ma questo è accaduto molto dopo, che la malattia di cui è affetto era così invalidante da rendere incompatibili le sue condizioni di salute con il regime carcerario.

Il livello di pericolosità sociale, spiega come sempre impeccabilmente Travaglio, in riferimento al leader del Pdl condannato a 4 anni per frode fiscale al termine del processo Mediaset (andrà rideterminata unicamente la pena accessoria, ossia l’interdizione dai pubblici uffici), si misura anche dal numero dei processi pendenti oltre che da un “ravvedimento” che non si scorge affatto nei commenti e videocommenti a caldo di Berlusconi che continua a sparare a zero sulla magistratura, professando la propria innocenza nonostante il verdetto sia stato confermato anche nel terzo grado di giudizio.

Berlusconi deve 10 milioni di euro all’Agenzia delle entrate, a titolo di provvisionale. Ha altri cinque procedimenti pendenti, due approdati a condanne in primo grado (7 anni per concussione per costrizione e per prostituzione minorile), ci sono le prescrizioni del caso Mills, e sono ancora aperti il caso Tarantini e sospese le ipotesi di corruzione dei testimoni del caso Ruby.

Se la legge è uguale per tutti, se è vero che per la norma in vigore l’ultrasettantenne di turno “può”e non “deve” beneficiare dei domiciliari, quindi la decisione è discrezionalmente affidata al magistrato di sorveglianza, allora c’è il precedente di Ciola a far tremare Berlusconi e i suoi predecessori.

I carabinieri bussarono alla porta di Ciola, alla veneranda età di 79 anni, il 19 febbraio del 2011, 17 anni dopo il primo arresto, all’epoca in applicazione della custodia cautelare in carcere. L’avvocato era coinvolto nell’inchiesta che fu denominata Dinero: droga e armi, finanziarie e società di copertura, traffici mondiali via mare, alleanze tra i narcos colombiani e il crimine internazionale. La mega-operazione ”Dinero” consentì di smantellare un colossale traffico di droga (cocaina dalla Colombia, hashish dal Marocco) e di armi destinate all’ex Jugoslavia. Furono sequestrati 30 milioni di dollari in contanti, quattro navi d’altura, opere d’arte del ’500. Un centinaio le persone, 35 in Italia, arrestate nel 1994.

Pasquale Ciola finì a Turi, nonostante quasi ottantenne. E ci è rimasto per un anno e mezzo, prima di ottenere indulgenza. La Procura che emise il verdetto e che dispose la carcerazione era quella lì, quella dei “complotti”: la Procura di Milano.

 

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