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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Bobo Aprile in pensione, ma solo dal lavoro. Il primo giorno la denuncia numero 40

BRINDISI - Chi pensava che si sarebbe ritirato a vita privata, sbagliava, clamorosamente. Per festeggiare il primissimo giorno di pensione, Bobo Aprile ha incassato la quarantesima denuncia per manifestazione non autorizzata e interruzione di pubblico servizio, al fianco dei disoccupati che hanno bloccato le attività della Monteco davanti ai cancelli di via Enrico Fermi. Il fascicolo delle lotte dure e senza paura, è dunque tutt’altro che archiviato, a cominciare dai nuovi affanni per gli avvocati Masiello – prima Ennio, poi Mauro -, perché per uno come Bobo ci vogliono due generazioni di legali in una vita sola.

BRINDISI - Chi pensava che si sarebbe ritirato a vita privata, sbagliava, clamorosamente. Per festeggiare il primissimo giorno di pensione, Bobo Aprile ha incassato la quarantesima denuncia per manifestazione non autorizzata e interruzione di pubblico servizio, al fianco dei disoccupati che hanno bloccato le attività della Monteco davanti ai cancelli di via Enrico Fermi. Il fascicolo delle lotte dure e senza paura, è dunque tutt’altro che archiviato, a cominciare dai nuovi affanni per gli avvocati Masiello – prima Ennio, poi Mauro -, perché per uno come Bobo ci vogliono due generazioni di legali in una vita sola.

All’anagrafe Roberto, ma tutti lo chiamano così, con quelle due sillabe che valgono quanto un nome di battaglia conquistato sul campo. Un punto d’orgoglio, se ne dispiace solo la mamma che si ostina a chiamarlo con il nome di battesimo: “Peccato – dice la signora – che c’hai un nome così bello”. Ma se non è lei a compitare quel Roberto ufficiale, lui non si volta nemmeno a guardare, provare per credere. Bobo è Bobo da sempre, dal primo ingresso nella centrale di Brindisi Nord, 37 anni fa, poi dieci metri più in là, nell’esercito Enel fino al primo marzo. Praticamente due giorni addietro.

Ma l’incipit della storia non è quello. La nascita di Bobo Aprile, militante in erba, sta scritta a pagina duecentonovantanove di un libro di storia che si annuncia “critica” già dalle insegne, a firma di Aldo Cazzullo, proprio il Cazzullo del Corriere nazionale. Fra “I ragazzi che volevano fare la rivoluzione” nelle fila di Lotta continua, c’è anche lui, il ragazzo brindisino del ’72, studente all’Industriale Giorgi. Il diploma di perito elettrotecnico avrebbe dato suoi frutti, ma più ancora quel vento di rivoluzione che dal maggio francese aveva contagiato l’Italia, in un fremito di lotta collettiva per l’emancipazione dal bisogno, emancipazione di classe non solo sociale.

Ogni lemma del glossario di quella rivoluzione sperata, se fu, se è mai stata, è un capitolo della vita di Bobo: dal “Circolo proletario giovanile” in via Giordano Bruno (tanto per sentirsi a casa) al centro sociale del ’79, contro l’emarginazione giovanile: “Lottiamo per creare uno spazio, eravamo all’avanguardia già allora”, commenta con un accento appena di compiacimento, che è peccato veniale. Fra l’uno e l’altro circolo, al sindacato c’era già passato, perché i ragazzi d’allora lo capivano bene che la liberazione dal bisogno passava dal lavoro libero e per tutti. Sindacato sì, ma senza tessera, che a quelle ha sempre avuto l’allergia, come alle catene del padrone.

Lo sbarco degli immigrati dall’Albania nel ’91, quello che Brindisi si appresta a festeggiare, Bobo Aprile se lo ricorda bene: “Fu in quell’anno, esattamente, che mettemmo su il primo comitato di solidarietà. La carità pelosa non ci ha mai convinto, volevamo costruire con i migranti, al loro fianco, le prospettive e il futuro”. Fu quella la prima volta in cui Bobo il capo-popolo si ritrovò a dettare il ritmo di marcia. L’altra, storica anche quella, porta la data del 27 marzo 2004. Bobo Aprile è ancora una volta alla testa del corteo, una città intera è scesa in piazza a dire no ai signori della British gas e al rigassificatore. La voce al megafono è ferma e tonante come sempre, anche se al seguito ci sono Nichi Vendola, il sindaco Michele Emiliano, Domenico Mennitti e un Michele Errico in odor di presidenza che chiede a gran voce di parlare.

Ma Bobo che insieme all’organizzazione ha deciso che per una volta parla solo il popolo, non molla. Errico, per inciso, per quel silenzio imposto non gliene ha mai voluto male. Per farla breve: tutte le vertenze, ambientali, occupazionale e politiche, portano per colonna sonora la tenacia di Bobo Aprile, sempre in piazza, sulle note dell’Internazionale. Ma allora, che c’azzecca in questa biografia cosmopolita, l’ultima battaglia fra leccesi e brindisini alla Monteco, che sa di campanile?

Presto detto: “Potrebbe sembrare così, è vero, ma non è. Abbiamo deciso di lanciare questa iniziativa per dare un segnale alla politica, che fino ad ora non pare abbia percepito l’estrema condizione di miseria di chi scende oggi in piazza a chiedere lavoro. Sordità che è pari, nella maggioranza e nella opposizione. I problemi di carattere sociale non possono essere confusi con problemi di ordine pubblico. Sono stato il primo a invitare alla calma, questa mattina, da dieci giorni i disoccupati manifestavano sotto il Comune senza nessuno che gli ascoltasse, poi abbiamo deciso di spostare la vertenza in via Enrico Fermi, solo allora si è mosso qualcosa. Il nostro obiettivo è quello di includere nel reclutamento degli operai gente del posto che ne ha bisogno. Ma le prospettive della lotta sono assai più ampie: se passasse il messaggio, vero, della necessità della differenziata, la filiera per la raccolta creerebbe un circolo virtuoso, per l’ambiente ma anche per l’occupazione”.

Insomma, anche stavolta, a dispetto delle apparenze Bobo vola alto e la lotta continua. Altro che pensione.

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