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Cronaca

Brindisi e la sua evoluzione urbanistica attraverso i secoli

Brindisi e i suoi quartieri. Questo l'argomento interessante del XLI Colloquio di studi e ricerca storica svoltosi giovedì sera a Palazzo Nervegna. A promuovere il convegno la sezione di Brindisi della Società di Storia Patria per la Puglia insieme all'associazione culturale ArTur - Luoghi d'arte e d'accoglienza

BRINDISI - Brindisi e i suoi quartieri. Questo l’argomento interessante del XLI Colloquio di studi e ricerca storica svoltosi giovedì sera a Palazzo Nervegna. A promuovere il convegno la sezione di Brindisi della Società di Storia Patria per la Puglia insieme all’associazione culturale ArTur - Luoghi d’arte e d’accoglienza. A relazionare sui quartieri di Brindisi, il professor Giuseppe Marella, il professor Antonio Mario Caputo e il professor Giacomo Carito della Società di Storia Patria per la Puglia. Il convegno, seguito da un numeroso pubblico, è stato moderato da Giuseppe Rollo, socio della sezione brindisina. Al termine delle relazioni, i lavori sono proseguiti con un incontro informale presso l’Open Club, locale in vico Tarantafilo, con le domande del pubblico ai relatori e le poesie in vernacolo brindisino declamate dall’antiquario Giancarlo Cafiero.

Il tavolo dei relatori-7La prima evoluzione urbanistica - Nella sua relazione introduttiva il professor Giuseppe Marella ha descritto l’evoluzione urbanistica di Brindisi dall’Alto Medioevo all’Età Sveva, rilevando gli avvenimenti più importanti verificatisi nel corso dei secoli passati in rassegna: dalla guerra gotico-bizantina (535-553 d. C.), descritta dallo storico Procopio di Cesarea secondo il quale nel corso di quegli avvenimenti le mura di Brindisi furono distrutte e la città fu devastata, al saccheggio della città nel secolo successivo ad opera dei Longobardi, quando Brindisi fu devastata nuovamente e ridotta sostanzialmente in rovina.

Marella ha di seguito ricordato un altro episodio verificatosi alla fine del VII secolo: l’arrivo di razziatori giunti da Trani per rubare le sacre spoglie di San Leucio che si trovavano al Martyrium situato presso l’attuale quartiere Cappuccini, a ridosso del vecchio Ospedale “Di Summa”. Il docente dell’Università del Salento ha successivamente ricordato che una prima timida rinascita urbanistica della città si ebbe negli anni ottanta del IX secolo, con il ritorno dei Bizantini a Brindisi e la ricostruzione condotta da Lupo Protospatario.

Con il primo feudatario normanno, Goffredo di Conversano, vi fu il rilancio di Brindisi e una sistematica opera di riqualificazione urbanistica. Tra il 1089 e il 1090 furono edificate la nuova cattedrale e il monastero femminile di Santa Maria Veterana, cioè di San Benedetto. “Questi sono i due anni cruciali in cui riparte Brindisi, riparte l’edilizia, riparte un po’ anche l’urbanistica”, evidenzia il professor Marella. “In età Normanna”, prosegue, “Brindisi era una città molto più piccola di quella attuale, adagiata sulla collina di Ponente ed era circondata da una cinta muraria ad andamento grosso modo circolare”.  

Il pubblico del convegno-3La peste bloccò i progetti degli Svevi - Marella ricorda quindi l’epoca sveva quando Federico II decise di impiantare un nuovo castello dal quale avrebbe fatto partire una cinta muraria nuova, adatta alla mutata situazione urbanistica, in quanto le case si erano espanse al di là delle vecchie mura normanne. Infine, il docente ha ricordato che Brindisi, secondo le fonti di età federiciana e sveva era divisa in tre quartieri.

Ma la sistemazione urbanistica impostata da Federico II, prosegue Marella, “in realtà rimase inattuata perché sopraggiunsero numerosi problemi sia di natura economica che di natura igienico-sanitaria. Ci fu un’epidemia di peste durante l’età sveva che fece ridurre ancora una volta la popolazione brindisina, per cui il completamento di queste nuove mura dovette attendere la fine del Quattrocento con il Bastione di Porta Lecce e tutti gli altri che vedete ancora oggi e che furono completati in seguito”.

Le Sciabiche - Alcuni quartieri e rioni brindisini: le Sciabiche, il Casale, la Commenda e i Cappuccini, sono stati l’argomento centrale della relazione del professor Antonio Mario Caputo, segretario della sezione di Brindisi della Società di Storia Patria per la Puglia. Ad inizio relazione Caputo spiega la differenza tra rione e quartiere. “Il quartiere è inteso come un’area adibita e dotata di servizi necessari per far fronte ai bisogni dei cittadini. Il rione delimita i confini geografici di un territorio cittadino anche dal punto di vista storico, sociale, economico”.

Da sinistra, Giacomo Carito, Antonio caputo e Giuseppe Rollo-2Del rione marino Sciabiche, nome che deriva da una grande rete da pesca chiamata “sciabica”, Caputo ricorda che in un documento del 1290 riportato dal Codice Diplomatico Brindisino, vi è traccia di una chiesa dedicata a Santo Stefano sotto la cui giurisdizione ricadevano le Sciabiche. Il professore ricorda quindi  la rivolta dei fratelli Marinazzo che si ribellarono contro chi opprimeva la città con insopportabili gabelle e due azioni che penalizzarono fortemente il rione e gli abitanti delle Sciabiche. 

“La prima in epoca romana”, spiega Caputo, “quando Giulio Cesare cercando di intrappolare Pompeo si servì di ogni mezzo per modificare gli argini, i terrapieni e i fondali, facendo inabissare nel porto robuste palizzate”. La seconda è quella compiuta dal principe Orsini di Taranto che come ricorda il professore “per vietare l’entrata per via mare in città dei Veneziani fece affondare nel porto navi cariche di materiale di risulta”. Il professore evidenzia quindi come da alcune cronache di viaggiatori tedeschi stilate nella seconda metà del Settecento, ci si possa rendere conto delle miserevoli condizioni di vita del rione. Alla fine del 1800 furono gli sciabicoti a costituire le prime cooperative di lavoratori portuali, scaricatori di carbone e ormeggiatori.

Il Casale, rifugio di scampati - Il professore passa quindi a descrivere il quartiere Casale, “un vecchio borgo con poche sparute case, rifugio degli scampati agli eccidi dei ripetuti assalti dei Saraceni o anche di chi aveva avuto distrutta la propria dimora quando, anteriormente al 1300 Ludovico II aveva messo a ferro e fuoco l’intera città. Era anche dimora momentanea per chi in cerca di un rifugio si attardava nei pressi dei luoghi in cui sorgeva una cappella votiva con icona bizantina della Vergine, antecedente al secolo XIV, che la eterogenea comunità degli abitanti aveva battezzato come Santa Maria del Casale.

Giancarlo Cafiero-2La commenda agricola - Infine la Commenda, che fino agli anni Cinquanta dello scorso secolo faceva parte delle zone agricole della città e come tale, spiega Caputo, qualificato nel Catasto agrario. “Il nome “Commenda” non era casuale. Originariamente, secondo il diritto ecclesiastico, si trattava di un privilegio o di una forma contrattuale in uso nel Medioevo, specialmente nelle città di mare come Brindisi. Le zone identificate come Commende, geograficamente lontane dalle cure del vescovo o dal capo di un ordine cavalleresco, venivano date in temporanea amministrazione ad un rettore o commendatario incaricato di mettere a profitto i beni concessi in godimento.” Dopo l’Unità d’Italia la Commenda fu acquisita prima dal Demanio poi dal Comune di Brindisi.

Da un convento un quartiere - Ultimo quartiere esaminato da Caputo è stato il quartiere Cappuccini. Dai documenti esistenti si può stabilire che questo quartiere trae le sue origini dal convento un tempo esistente e dalla permanenza dei frati appartenenti a quell’ordine. Il professore conclude ricordando che durante la prima guerra mondiale l’area dei Cappuccini e delle zone confinanti fu usata per l’accampamento di reparti dell’artiglieria e delle bestie che trasportavano materiali militari. Dagli anni Cinquanta il quartiere assunse una connotazione completamente autonoma.

brindisi corso garibaldi-2Lo spostamento dell’asse della città - Ultimo relatore è stato il presidente della sezione brindisina della Società di Storia Patria per la Puglia, Giacomo Carito, che ha relazionato sulla storia dell’urbanistica di Brindisi partendo dal 1835, quando il regno di Grecia chiese al regno di Napoli di adeguare il porto di Brindisi alle nuove esigenze della Marina Mercantile. L’area portuale  più interessante non fu più quella in fondo al seno di Ponente, cioè l’area in sostanza tra le Sciabiche e Palazzo Montenegro, ma l’area tra Palazzo Montenegro e Corso Garibaldi. C’è quindi per Carito uno spostamento radicale dell’asse centrale della città.

“Questo spostamento viene poi confermato nel 1865, quando arriva a Brindisi la ferrovia”. A Brindisi sorsero successivamente grandi stabilimenti vinicoli, grandi manifatture in prossimità della linea ferroviaria e tutta l’area compresa tra via Appia e via Cappuccini ebbe una sorta di prima urbanizzazione. Nacque la nuova borghesia dei traffici commerciali. Altro elemento che peserà sullo sviluppo urbano di Brindisi fu la visita dell’ammiraglio Bettolo il quale decise di aprire in città una grande base navale che inibirà per lungo tempo l’uso della costa brindisina fino al termine della seconda guerra mondiale.

“Noi abbiamo già delle strutture che fisicamente definiscono ambiti lungo i quali la città non si può espandere: aeroporto, aree militari lungo la costa e la ferrovia”, spiega Carito, che conclude la sua relazione ricordando i dibattiti per la localizzazione del Monumento nazionale al Marinaio d’Italia e quello dopo la guerra sullo sviluppo industriale di Brindisi.

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