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Cronaca

“Voleva pagare con erba una barca del valore di 12mila euro”

Facoltà di non rispondere per i 10 arrestati. Spunta il nome di un imprenditore agricolo indagato a piede libero per ricettazione di attrezzi. L’inchiesta partita dopo la scoperta di marijuana al gelsomino nei tubolari di un gommone

BRINDISI – Hanno scelto tutti, per ora, la strada del silenzio davanti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi dopo essere stati arrestati nell’ambito dell’ultima inchiesta per droga condotta dai carabinieri. Facoltà di non rispondere sia per gli indagati finiti in carcere, che per quelli ai domiciliari, dal 6 luglio scorso, con l’accusa di aver acquistato, detenuto e trasportato cocaina e marijuana. Sostanze spesso nascoste nel paraurti di auto, stando ai sequestri dei militari.

Gli interrogatori di garanzia

Al momento, quindi, non c’è alcuna versione fornita da: Luigi Mombello, 45 anni di Tuturano; Adriano Mombello, 49 (nella foto), Gabriele Giannone, 45, di Tuturano, Stefano Morleo, 52, di Brindisi, destinatari di ordinanza di custodia cautelare in carcere. Né da parte di: Andrea Toma, 40, di Collepasso, Cosimo Toma, 25, di Cutrofiano, Stefano Tomeo, 52, di Copertino, Pasquale Attanasi, 31, di Tuturano, Damiano Attanasi, 28, di Tuturano, Simone Cosimo Casalini, 33, di Casarano, per i quali il gip ha disposto i domiciliari “con divieto di comunicazione anche via telefonica e telematica con persone diverse da quelle che con loro coabitano o che li assistono”. Obbligo di dimora è stato disposto per Adriano Vitale, 51, di Tuturano. La difesa, affidata agli avvocati Daniela D’Amuri e Laura Beltrami, potrebbe presentare ricorso al Riesame nei termini previsti.

L’imprenditore indagato a piede libero

Spunta, intanto, il nome di un dodicesimo indagato, per il quale non è stata disposta alcuna misura restrittiva della libertà personale, poiché la sua posizione è stata ritenuta marginale: si tratta di un 39enne, nato a Brindisi e residente a Tuturano, titolare di un’azienda agricola con sede in provincia.

E’ accusato, “in concorso con Adriano Vitale e Gabriele Giannone per ricettazione” di mezzi agricoli, oggetto di furto avvenuto a Mesagne tra il primo dicembre e il 3 dicembre 2018”: secondo l’accusa, i tre avrebbero “acquistato o comunque detenuto, nella consapevolezza della provenienza illecita, un aratro, un pala caricatrice sfinestrata e un altro aratro coltivatore a molle per ortaggi, di costruzione artigianale”.

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L’inchiesta dei carabinieri

“L’attività di indagine, brillantemente condotta dai carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Brindisi, trae origine da procedimento penale all’esito del quale veniva emessa ordinanza di custodia in carcere per Giuseppe Ferrero, Cesare Iaia, Maurizio Lasalvia, Cosimo Damiano Laporta, Pierapaolo Maiorano e Mattia Pano”, ha scritto il gip Stefania De Angelis nelle osservazioni sul fronte della sussistenza dei “gravi indizi di colpevolezza alla base della richiesta di arresti presentata dal pubblico ministero. Il blitz di cui si legge nell’ordinanza, scattò il 17 novembre 2018.

Le accuse contestate all’epoca sono state confermate nella sentenza di condanna, con rito abbreviato, il 9 maggio scorso: i brindisini avrebbero ordinato pollo e prosecco via Sms che per l’accusa non sarebbero stati altro che cocaina destinata al mercato di Brindisi e provincia, in aggiunta alla marijuana al gelsomino nascosta nei tubolari del gommone per farla arrivare dall’Albania. La pena più alta è arrivata per Maurizio Lasalvia: sei anni, cinque mesi e venti giorni più 24mila euro di multa. Sei anni di reclusione sono stati inflitti a Cesare Iaia, più 20mila euro di multa. Tre anni e quattro mesi più seimila euro per Maurizio Ferrero; tre anni e sei mesi più 4.400 euro per Cosimo Damiano Laporta.

Condannata a quattro anni e quattro mesi più 20mila euro per Pierpaolo Maiorano e a due anni, cinque mesi e seimila euro per Mattia Pano. A quest’ultimo sono stati riconosciuti i benefici della sospensione della pena e della non menzione.

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I retroscena

L’input per un ulteriore approfondimento sulla destinazione della droga, risale al 12 maggio 2018, quando i carabinieri documentarono “la cessione di 2,5 grammi di cocaina”. Droga – si legge “ceduta da Pierpaolo Maiorano”. Il mese successivo, il 6 giugno, i militari arrestano Maurizio Lasalvia “trovato in possesso di 500 grammi di cocaina, precedentemente ceduta da Cesare Iaia”. Trenta giorni più tardi, l’arresto di “Fulvio Lonero e Massimo Ferrero, trovati in possesso di 250 chilogrammi di marijuana”: la droga era nascosta nei tubolari di un gommone e per coprire o quantomeno attutirne l’odore, erano stati sistemati dei deodoranti all’essenza di gelsomino. A agosto, poi, l’arresto di “Alessandro Deserio, in possesso di 3,2 chili di marijuana e l’identificazione di Cosimo Damiano Laporta, il quale precedeva in moto, l’auto condotta da Deserio, facendogli da staffetta, e veniva trovato in possesso della somma di cinquemila euro in contanti e cinque telefonini”.

Le intercettazioni e i ruoli contestati

Uno dei numeri un uso a Laporta “risultava essere in contatto con numerose utenze, tra cui quella in uso a Luigi Mombello, per cui veniva autorizzata l’attività di intercettazione”. L’ascolto delle telefonate e di una serie di conversazione in ambientale, ha permesso ai carabinieri di sviluppare un “ulteriore filone investigativo che consentiva di accertare il coinvolgimento di altri indagati nel traffico di droga e di attribuire un ruolo di primo piano ai fratelli Luigi e Adriano e Mombelli, entrambi residenti a Tuturano”.

Le annotazioni dei militari, l’ultima depositata il 2 gennaio 2019, hanno delineato il “ruolo di Gabriele Giannone, detto Braciola, il quale aveva il compito di occultare la sostanza stupefacente e di prelevarla, all’occorrenza, su richiesta dei Mombello”. E’ tutto scritto nel provvedimento di arresto.“Singoli acquirenti” sarebbero stati “Cosimo Toma, Andrea Toma, Simone Casalini e Stefano Tomeo, dediti a loro volta allo spaccio di cocaina al dettaglio”.

“Da una conversazione intercorsa il 10 novembre dello scorso anno tra Luigi Mombello e Stefano Morleo, emergevano trattative in corso per la cessione di sostanze stupefacenti”. E il 12 gennaio 2019 “a riscontro delle intercettazioni, venivano arrestati Luigi e Adriano Mombello, perché trovati in possesso di 225 grammi di cocaina, nascosti in un doppiofondo realizzato nel paraurti dell’auto, una Fiat Punto. All’esito dell’udienza di convalida, Luigi Mombello “veniva scarcerato in quanto il fratello si assumeva l’esclusiva responsabilità del fatto. Adriano Mombello, sempre secondo l’accusa, “proseguiva senza soluzione di continuità nell’attività di spaccio di droga, nonostante l’arresto”.

“Luigi Mombello svolgeva il ruolo di intermediario nella cessione di due chili di marijuana effettuata da Stefano Morleo a Pasquale Attanasi e a Damiano Attanasi”, entrambi residenti a Tuturano. Secondo il gip, “la circostanza che anche gli Attanasi fossero coinvolti in modo non occasionale nel traffico di droga, emerge sia dal quantitativo acquistato, sia dal contenuto dei dialoghi intercettati”. Luigi Mombello “parlando con il fratello Adriano, discuteva della scarsa affidabilità degli acquirenti, definiti redupiede, ossia lenti, perché non rispettavano i tempi dei pagamenti, e conversando per giungere all’appuntamento con Stefano Morleo, raccomandava loro di rispettare le scadenze e chiedeva se avessero un posto sicuro in cui occultare lo stupefacente” .

L'erba e la barca

Il gip ha ritenuto che non ci fossero elementi sufficienti per l’emissione di un provvedimento cautelare in relazione alla contestazione mossa dal pm nei confronti di Morleo, sulla “detenzione di sostanza stupefacente del tipo leggero del valore di almeno 12mila euro”. “Ciò che emerge dalle intercettazioni – si legge – è unicamente la volontà manifestata da Morleo di pagare con erba una barca del valore di 12mila euro, volontà peraltro riferita da Luigi Mombello al fratello Adriano e a un amico”.

Tale circostanza, secondo il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi, se da un lato “evidenzia il coinvolgimento di Morleo nel traffico di stupefacenti”, dall’altro “non dimostra la concreta ed effettiva disponibilità di erba per un importo pari a quello necessario per l’acquisto dell’imbarcazione”.  
 

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