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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Dopo il processo, i dati Arpa: "Cerano fa meno di un morto ogni 10mila abitanti"

A conclusione di un'altra lunga giornata dedicata alla centrale Enel di Brindisi, tra processo per la dispersione di polveri di carbone e presentazione del rapporto di valutazione del danno sanitario di Arpa emerge una verità

BRINDISI - A conclusione di un’altra lunga giornata dedicata alla centrale Enel di Brindisi, tra processo per la dispersione di polveri di carbone e presentazione del rapporto di valutazione del danno sanitario di Arpa (una relazione di previsione che non trae fondamento su alcun dato epidemiologico assodato, ma solo sui valori delle emissioni e sulle loro ricadute stimate) secondo cui il rischio aggiuntivo di contrarre un tumore a causa delle emissioni 2010 dello stabilimento Enel di Brindisi è inferiore a uno a diecimila, è solo una la verità inconfutabile che emerge.

Per andare oltre alle ipotesi di danneggiamento e getto pericoloso di cose che con indagini approfondite e difficili sono state contestate dal pm Giuseppe De Nozza nel giudizio in corso a Brindisi, per parlare di conseguenze alla salute, di contaminazione e di danno ambientale, si deve necessariamente cercare una visione di insieme che chiami al rapporto tutti i gruppi industriali della zona industriale del capoluogo. Sommati tutti insieme i singoli valori prodotti da ogni impianto, valori che magari risultano sotto parametro, non si ottiene forse uno sforamento complessivo dei limiti di legge? Arpa sta conducendo uno studio, sempre sul modello ‘di previsione’ seguito per Enel. Ma c’è bisogno di focus che giungano a verità non facilmente “smontabili”, di approfondimenti scientifici che reggano in aula al fuoco incrociato di accusa e difesa.

E’ accaduto tutto, oggi, in poche decine di metri. Nell’aula Metrangolo del Tribunale di Brindisi dalle 10 del mattino fino alle 16 è stato controesaminato dagli avvocati dei 13 imputati Enel il geologo Franco Magno, il consulente del Comune di Brindisi (costituitosi parte civile) che aveva sostenuto nell’udienza precedente che ci fosse stata contaminazione, si badi bene non solo insudiciamento e danneggiamento, ma anche contaminazione di ampie zone che ricadono all’interno del Sito di interesse nazionale, incluso il parco naturale regionale delle Saline di punta della Contessa. Sono emersi dei vuoti in termini di studi e di analisi a supporto della tesi della contaminazione e dunque dell’inquinamento.

E’ stato fatto rilevare, sempre dai legali, come la transazione sottoscritta con il Ministero dell’Ambiente impedisca al Comune di Brindisi, assistito dall'avvocato Daniela Faggiano, di rivendicare danni patrimoniali per la presenza di impianti nell’area Sin di Brindisi. La questione è dibattuta, per una questione di datazione, ma già nel processo Coke l’ente aveva rinunciato alla costituzione in cambio del versamento di una somma pari a un milione e 320 mila euro per la piantumazione di alberi all’intero del parco Di Giulio. Il collegio difensivo ha contestato insomma la titolarità del Comune ad esperire un’azione di risarcimento del danno. Ha rilevato che il Comune avendo aderito a un accordo transattivo sottoscritto con il Ministero dell’Ambiente di fatto non potrebbe esperire alcuna azione risarcitoria. Ha fatto emergere la mancata costituzione del Parco delle Saline, delle mancate bonifiche dell'area da parte del Comune, e della mancata preparazione dei terreni impedirebbe eventualmente anche la quantificazione del danno economico rivendicato.

Polvere di carbone sulla mani di un agricoltore di CeranoLa difesa ha proseguito contestando che le analisi fossero state fatte in assenza di valutazioni meteorologiche. Contestate anche le analisi fatte sugli studi relativi a Torchiarolo. Secondo il consulente infatti la presenza di oro nei filtri era l’elemento chiaro secondo il quale gli sforamenti di Pm10 nel comune brindisino erano da attribuire alla centrale Enel e alla combustione di carbone. In aula il collegio difensivo si è soffermato proprio su questo punto: l’oro, infatti, sarebbe secondo Enel un elemento presente nei filtri utilizzati per i rilievi. Braccio di ferro, insomma, anche tra Enel e parti civili. Braccio di ferro su materia che non è propriamente oggetto del processo in corso, che si cura della dispersione di polveri di carbone nelle aree immediatamente vicine al nastro trasportatore e al parco minerali della centrale Enel di Cerano.

Si torna in aula il 6 ottobre prossimo, per continuare con l’audizione dei testi citati dalle parti civili. Per quel che riguarda le analisi Arpa, invece, sono state presentate in via Galanti, alla presenza del direttore regionale Giorgio Assennato, nella sede del dipartimento, poco lontano dal palazzo di giustizia: si attende una valutazione globale (sempre di previsione) sulle ricadute dell’attività industriale tutta a Brindisi. E magari un raffronto, con elementi certi. Una comparazione scientifica, una verifica che sarà difficile compiere fino a quando non vi sarà, al minimo, un registro tumori che riporti l’elenco per anno delle persone che si sono ammalate di cancro e un rapporto sulle morti a Brindisi da cui far partire un’indagine epidemiologica che, se anche dovesse essere più utile alla prevenzione che all’accertamento di responsabilità penali, è comunque il primo importante passo che s’ha da compiere. 

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